L’AUTOBIOGRAFIA DI CATERINA NITTO, ATTIVISTA DI GREENPEACE, PER ANNI SUL “RAINBOW WARRIOR”, VIVE IN SARDEGNA: UNA VITA DA GUERRIERA PER DIFENDERE IL PIANETA TERRA

Caterina Nitto


di Marco Bittau

Tra l’arpione e la balena, come un filo sottile che separa la vita dalla morte. Un fragile diaframma che in pochi istanti può valere la salvezza del cetaceo o la sua fine, in un bagno di sangue, tra i ghiacciai dell’Antartide oppure nei mari del Sud est asiatico. Per spezzare quel filo servono coraggio, passione e grande perizia nella navigazione. Esattamente tra l’arpione e la balena c’è Caterina Nitto, attivista volontaria di Greenpeace, una donna minuta ma dal carattere forte che ha scelto di dedicare la sua vita al mare e alla natura, da difendere a qualunque costo. Quarantunenne, milanese, Caterina da oltre vent’anni vive in Sardegna, in Gallura. Prima La Maddalena, poi Cannigione, adesso il minuscolo borgo di Su Canale nelle campagne tra Monti e Telti. Cura l’orto di casa, ma tra lei e il mare non ci sono più di 15 minuti. Mai. Giusto per dare un senso alla propria vita. Istruttrice di vela, skipper professionista, comandante nel circuito delle crociere e del charter, sempre attenta e sensibile alle tematiche ambientali ha sposato la causa di Greenpeace. Il suo stato di servizio è impressionante: in cinque anni a bordo della mitica “Rainbow warrior II” ha partecipato a campagne anti inquinamento in Asia e Oceania e a due spedizioni in Antartide per fronteggiare le baleniere giapponesi. È stata la prima boat driver donna italiana di Greenpeace, pilota dei gommoni d’assalto che sfrecciano nel mare attraversando la rotta dei cacciatori. Tra l’arpione e la balena, appunto. Oggi Caterina Nitto è un boat trainer, cioè un istruttore che insegna arte e mestiere agli attivisti dell’associazione. Una scuola di navigazione, ma anche di sensibilità ambientale e di autocontrollo perché, contrariamente a quello che si immagina, i volontari di Greenpeace sono non violenti e nelle loro missioni osservano con rigore il mandato della resistenza passiva. Mai una reazione, neppure di fronte a cariche o getti d’acqua ad alta pressione con gli idranti. Di lei, che pure sembra il protagonista di un romanzo d’avventura, si sapeva poco o nulla. Sempre nell’ombra, sempre lontano dai riflettori. Poi un’intervista su Repubblica.it e un tweet di Erri De Luca, l’anno scorso, ed è stata la rivelazione, l’epifania: «Brave italiane crescono». Adesso Caterina è l’autrice del libro-diario “Una vita da attivista“, pubblicato da Mondadori, e sta girando la Sardegna per raccontare il vero mondo di Greenpeace, liberato da quell’alone mitologico, romantico e un po’ piratesco, che nel tempo ha distorto l’immagine dell’associazione internazionale trasformando i volontari in guerriglieri dell’ambiente. Moderni Don Quijote del la Mancha tratteggiati dal miglior Cervantes. «La giusta battaglia per rispettare l’ambiente risiede anche nei piccoli gesti quotidiani – spiega la Nitto presentando il suo libro a Olbia, nella sede della Cna, organizzatrice dell’incontro – certamente le immagini spettacolari delle campagne di Greenpeace sono un biglietto da visita e servono a catalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica. Però è un vero ambientalista soprattutto chi non getta la carta per terra oppure chi pratica la raccolta differenziata dei rifiuti. Banali gesti quotidiani, ma di enorme importanza. Gli attivisti di Greenpeace non sono supereroi, al contrario sono persone comuni che hanno scelto una vita diversa». «Nel libro – aggiunge – ho voluto raccontare una scelta personale e consapevole. Conosciamo i problemi e le loro soluzioni, si tratta solo di decidere da che parte stare. Al momento di scegliere e imbarcarmi ho pensato: forse non riuscirò a salvare il pianeta, ma di sicuro sto salvando me stessa». Non a caso, “Una vita da attivista” è espressamente dedicato dall’autrice a tutti coloro che portano avanti i propri ideali agendo in silenzio e pacificamente. «Il messaggio che sento di rivolgere – ancora Caterina Nitto – è semplice: oggi non c’è bisogno di nuovi militanti di Greenpeace affascinati dalle campagne contro l’inquinamento o la caccia illegale alle balene. Piuttosto servono sensibilità quotidiana, coscienza e consapevolezza, informazione. Siamo tutti ambientalisti, questa è la regola non l’eccezione». In Sardegna Greenpeace conta sostenitori e militanti. L’associazione ha condotto una lunga battaglia sulle Bocche di Bonifacio per segnalare il grave pericolo causato dal traffico delle navi che trasportano merci a rischio. Una campagna di sensibilizzazione che ha anche portato alla sottoscrizione di accordi bilaterali tra Italia e Francia, passi importanti ma non ancora risolutivi per scongiurare il pericolo di un disastro ambientale. «E poi la Sardegna è la terra dei parchi naturali e delle aree marine protette – conclude Caterina Nitto, forte di una visione per nulla integralista – io, da cittadino sensibile, penso sempre a un modello di salvaguardia che prevede vincoli ma che consente anche la fruizione responsabile da parte dell’uomo. Questa è terra dove dobbiamo e vogliamo vivere, non un museo che possiamo solo conservare».

* Nuova Sardegna

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