di Gian Piero Pinna
Nanni Rocca, quinta generazione di orafi, originario di Gavoi che dai primi anni Settanta, ha trasferito armi e bagagli ad Oristano, dove ha affinato maggiormente la sua arte, specializzandosi nella lavorazione della filigrana sarda e nella riproduzione di antichi amuleti.
Dopo aver conquistano Firenze, nei giorni scorsi ha ammaliato anche i romani, con la mostra “Prendas contra s’ogu malu”. A dargli l’opportunità di esporre la sua produzione, è stata la filiale romana della Banca di Sassari, che gli ha messo a disposizione i saloni della sede, ubicata nel complesso monastico di Santa Susanna a Roma.
L’appuntamento della Banca di Sassari era duplice, in quanto i visitatori, oltre a visitare la mostra dei preziosi amuleti contro il malocchio, creati da Nanni Rocca, hanno avuto anche l’opportunità di poter ammirare la Domus Romana, custodita nei sotterranei di Santa Susanna, recentemente recuperata.
“Nella creazione dei miei amuleti – ci spiega Rocca – mi sono mantenuto nella tradizione. L’oggetto più apprezzato, è l’occhietto di Santa Lucia e la conchiglia che serve per realizzare questo gioiello, non è che lo si trovi tanto facilmente, bisogna andare nelle spiagge a cercarla, ma lo stesso discorso vale per il dente di cinghiale, o diverse altre conchiglie. Si utilizzava anche il cristallo, “salvatosi da totale distruzione”, per esempio, cadeva un boccale e si salvava il manico, per il fatto che restava integro, la gente gli attribuiva chissà quali poteri e allora lo portava da un orafo, che con la sua fantasia ne ricavava un gioiello da indossare come talismano”.
All’orafo gavoese, ma ormai oristanese d’adozione, gli chiediamo come sono state accolte le sue due ultime mostre sugli amuleti, quella di Firenze e l’ultima di Roma. “La mia attività si completa anche con l’organizzazione di mostre, sia in Sardegna, sia in Italia e anche all’estero. Le ultime sono state quelle di Firenze e Roma. Quella romana si è svolta nell’ambito della manifestazione “Invito a palazzo”, ospitata nella filiale di Roma della Banca di Sassari in via Santa Susanna, dove ho esposto la mostra “Prendas contra s’ogu malu”, in cui veniva evidenziata quella che è la cultura del gioiello sardo, attraverso gli amuleti. Ho portato anche tutta l’antica attrezzatura della mia famiglia, spiegando ai visitatori le tecniche di lavorazione, con quelle macchine che sono state utilizzate dai miei avi, da metà Ottocento, fino al 1950 circa, e che custodisco gelosamente in prospettiva di un futuro museo orafo”.
Quale è stato il giudizio dei romani?
“Tutto sommato, molto positivo, anche perché l’amuleto è quel gioiello che racchiude un fascino di mistero e tutti restavano incantati dalle spiegazioni dei simbolismi che hanno”.