di Matilde Gianfico *
Arriva un momento nella vita in cui ci si stanca di dover sempre dimostrare qualcosa, soprattutto quando si cresce non all’ombra di un padre potente ma alla luce del sapere e della realizzazione di un sé forte e temerario. Cresciuta tra due enciclopedie della conoscenza, la Relatività di Einstein e il Trattato sulla tolleranza di Voltaire, Maria Paola Corona, presidente di Sardegna Ricerche, racconta senza timore e con una vena di nostalgica ironia, il potere maschio di suo padre, maestro del Grande Oriente d’Italia.
Com’è stato vivere al fianco di Armando Corona? Era difficile quando ero molto giovane, ma facile oggi che lascio dire e pensare alla gente ciò che vuole, non mi importa più niente.
Cosa c’è stato di difficile nella sua vita? Dimostrare che i miei meriti erano solo miei, anche se qualcuno ancora crede che sto qui (alla Presidenza di Sardegna Ricerche, ndr) perché mio padre aveva fatto la giusta telefonata, dimenticando che è morto nel 2009.
Cosa non le è stato riconosciuto da giovane? Ad esempio, i meriti negli studi quando ero ancora una studentessa. Mi è sempre piaciuto studiare e avevo ottimi voti sia a scuola che all’università, ma per la gente, i miei risultati erano sempre per merito di mio padre, che in realtà con la matematica (la Facoltà di studi frequentati, ndr) non c’entrava proprio niente.
E quali privilegi le ha dato essere la figlia del maestro del Grande Oriente d’Italia? Essere figlia di mio padre mi ha aperto grandi porte della mente, prima di tutto, perche è stata una persona stimolante. Mi ha esposto a frequentazioni di persone di grande levatura come Ugo La Malfa, un ospite abituale in casa nostra. E poi lo studio e la visione laica della vita, la tolleranza, la capacità di ascolto mi hanno dato molto di più di quanto potesse fare mio padre con una telefonata.
Che rapporto aveva con lui? Mio padre è sempre stato un padre padrone e i nostri scontri erano epici. Ricordo che al momento di scegliere le scuole superiori, io volevo fare lo scientifico perché era una passione che avevo fin da piccola, ma lui voleva che studiassi al liceo classico ed essendomi rifiutata di firmare il modulo di iscrizione, lo fece lui per me falsificando la mia firma. Dopo il diploma, ormai maggiorenne, mi iscrissi alla facoltà di matematica e lui risentito, per non aver scelto giurisprudenza, non mi parlò per un anno. Mi disse solo: quando ti accorgerai d’aver sbagliato, torna pure da me. Ma è morto prima che io riuscissi mai a pensare che avessi fatto la scelta sbagliata.
Cosa avrebbe voluto per lei suo padre? Voleva che facessi l’avvocato perché era ciò che avrebbe scelto per se stesso, se non avesse fatto il medico. Siamo sempre stati due personalità molto forti e non è stato facile neanche per lui essere mio padre. Quando ero piccola gli facevo dispetti disegnando sulle sue foto la svastica e incitavo i miei fratelli a salutarlo con il braccio levato verso l’alto come il Fuhrer (racconta con il sorriso ndr). Tifavo il Milan non per passione ma solo per fargli un dispetto dato che lui era un tifoso sfegatato della Juventus. Solo dopo il mio matrimonio lui è cambiato con me, il nostro rapporto è migliorato diventando quasi idilliaco, forse perchè sentiva d’essersi liberato dalla responsabilità di dover crescere una figlia femmina.
Fare la donna sembra sempre più difficile che fare l’uomo, si pensava per via di una differenza cerebrale tra i cervelli dei due sessi, invece la neuroscenziata americana Gina Rippon ha messo in discussione questa tesi attribuendo alla sola educazione sessista la differenza che esisterebbe tra uomini e donne. Secondo lei è più un problema culturale o biologico? Possono essere entrambe valide le tesi, ma il risultato è che siamo diversi e lo dimostriamo soprattutto con la maggiore serietà con cui ci assumiamo le nostre responsabilità. Dobbiamo dimostrare sempre ciò che valiamo se ci offrono un lavoro di prestigio, mentre uomini imbecilli con incarichi di alto profilo ce ne sono tanti. Ora io reclamo anche per le donne il diritto ad essere nominate nelle stesse cariche pur imbecilli! Ovviamente è una provocazione perché meriti e competenze devono sempre essere il metro di valutazione, ma gli stessi per entrambi.
Un difetto delle donne? Non dicono mai quello che vogliono, sia sul lavoro che nelle relazioni personali e si aspettano sempre che siano gli altri a capirlo. L’uomo chiede ed ottiene, la donna aspetta che sia il capo a proporre un avanzamento di carriera, ma così non si fa strada.
In un recente convegno sulle lobbies al femminile si diceva che le donne hanno difficoltà a parlare apertamente di soldi e potere, lei che rapporto ha con loro? Il potere non mi piaceva perché l’avevo conosciuto in famiglia, ma facendo l’Assessore ho scoperto quante cose si possono realizzare e quanto può giovare alla società un esercizio corretto. Gli uomini amano il potere fine a se stesso, le donne invece lo vivono come mezzo per poter raggiungere dei risultati concreti.
Madeline Albright segretario di Stato americano dice che c’è un posto speciale, all’inferno, per le donne che non aiutano le altre donne, sarà questa la radice della nostra arretratezza nella conquista delle pari opportunità? C’è anche questo, ma non solo, e mi preoccupa vedere dove stiamo andando. Sembra di tornare indietro rispetto alle conquiste civili nelle storiche battaglie femministe e sono proprio le più giovani a non capire l’importanza di una legge che riconosca ad esempio il diritto all’aborto.
Lei è stata attaccata duramente per la sua nomina alla presidenza di Sardegna Ricerche, eppure ha rilanciato l’agenzia dando ossigeno alle imprese e puntando sull’innovazione, com’è cambiata la visione dell’Ente? Anzitutto abbiamo spostato l’attenzione dal Parco tecnologico alle imprese perché c’era tanta innovazione tra le aziende fuori dal parco e dovevamo aiutarle a crescere per rilanciare l’economia locale. Il secondo passo è stato ascoltare e capire cosa volessero, e il terzo trovare le idee creative e realizzabili e siamo partiti con importanti progetti. Stiamo anche accompagnando le start up nella validazione del business model applicando una strategia americana molto diffusa, perché il 90% delle imprese falliscono dopo solo un anno di vita.
Vi siete allontanati dal parco ma anche dal CRS4, l’ente di ricerca sotto il vostro controllo al quale sono stati tagliati drasticamente i fondi col rischio di chiusura… Questo non è vero, perché i fondi non sono mai diminuiti e avevo fatto mettere a verbale che i dati dichiarati dal centro di ricerca non erano reali e le spiego perché. Nel dicembre del 2010 Sardegna ricerche affida al CRS4 3 milioni di euro per il progetto dei District della durata di tre anni. Il centro di ricerca anziché spalmarli sui tre anni di attività li ha messi a bilancio tutti nel 2010 e nei due anni successivi risultavano senza fondi. Ma è stato un loro grave errore nella stesura del bilancio, c’era stata una interpellanza in Consiglio e avevo dimostrato l’errore con tutta la documentazione necessaria.
Cosa c’è nel suo futuro? Innovazione, voglio continuare ad occuparmi di questo.
Vorrebbe fare il Sindaco di Cagliari? Credo che Cagliari abbia grandi potenzialità di sviluppo perché ha un’alta densità di aziende innovative.
* La donna sarda