NOS HANTA ORROSCHIU: FERMENTO SUL FUTURO DELLE BASI MILITARI IN SARDEGNA

base di Decimomannu


del Generale Nicolò Manca

Il 27 di giugno del 1916 Francesco Loddo, sassarino effettivo al 151° reggimento, cadeva sull’Altopiano di Asiago, a Monte Zebio. Il fatto passò inosservato perché lo stesso giorno morì in combattimento il comandante della Sassari, il generale Eugenio Di Maria. Due anni dopo anche il fratello di Francesco, Giuannicu, mio nonno materno, cadde sul Piave, proprio quando si aspettava di avere una  licenza per recarsi a Ortueri per vedere la figlia appena nata, mia madre.  

Ripensando alla cerimonia svoltasi a Sassari per il cambio del comandante della brigata e per  celebrare il rientro della Sassari dall’Afghanistan, ho collegato quanto accaduto in quel lontano 27 di giugno con un’altra notizia passata anche questa inosservata (intenzionalmente?) sulla stampa sarda del 26 settembre. La notizia in questione è  che anche la base di Decimomannu chiude i battenti: via i tedeschi, via, sembra, la nostra aeronautica e via Capo Frasca. Lo stato maggiore dell’AM ha stipulato con la Francia un accordo in base al quale i nostri piloti andranno ad addestrarsi  in Corsica, nella base di Solenzara. Non è chiaro cosa sarà del nucleo Search and Rescue e del sistema radar per il controllo aereo operanti a Decimo anche per le esigenze non militari.

Alla cerimonia in piazza d’Italia era presente una delegazione giunta da Kabul per esprimere all’Italia, alla Sardegna e alla nostra Brigata la gratitudine del popolo afghano per il contribuito determinante dato allo svolgimento di libere elezioni e all’addestramento del loro esercito che presto dovrà assumersi il compito di continuare da solo la lotta al terrorismo. Accorato il grazie degli afghani anche per le scuole, i pozzi, i ponti e l’aeroporto realizzati laggiù. Peccato che il presidente Pigliaru, preso dai suoi compiti istituzionali, non si sia potuto spostare da Cagliari nella sua Sassari per  rappresentare la Sardegna.

Al termine della cerimonia sono stato intercettato da un gruppo di sassarini informati sugli sviluppi riguardanti la base di Decimomannu. “Comandante, che succede?” “Succede che, dopo La Maddalena, chiude anche Decimo. A Roma gli stati maggiori sono alla ricerca di alternative che garantiscano l’addestramento dei reparti. Mentre mezza Europa è in subbuglio per l’Isis, in Sardegna la campagna mediatica e politica contro la presenza militare ha subito un’accelerazione. Non c’è giorno in cui i nostri vertici non sentano delle iniziative dell’onorevole Pili, delle pressioni  del governo regionale e dei martellanti articoli di stampa”.

Infatti in un’intervista riportata sull’Unione Sarda del giorno prima era stata richiamata in campo da Modena anche la dottoressa Gatti, una biologa incaricata anni fa dalla procura di Lanusei di indagare sul poligono di Perdas. A Quirra infatti non era stata trovata traccia di uranio impoverito (come d’altra parte a Teulada, né poteva essere altrimenti perché, come lo SME ripete da decenni, là non si sono mai sparati  proiettili di quel tipo). Tuttavia a Quirra fu trovato dell’arsenico che però, non avendo le stellette in quanto residuo di lavorazione delle locali miniere di Baddu Locci, non interessò più di tanto. Allora si andò alla ricerca di altri inquinanti e furono tirate in ballo le polveri sottili, quelle che infestano tutte le metropoli del pianeta. Perché quell’indagine sia stata affidata alla Gatti e non alle nostre ASL o alle università sarde o all’Istituto Superiore della Sanità non è dato sapere. Per la verità in una precedente indagine, tesa a fare luce sulle radiazioni di matrice USA a La Maddalena, era stato chiamato da Sassari un docente universitario che però certificò l’inesistenza di radiazioni. Durante una conferenza tenuta all’ERSU di Cagliari, quel professore raccontò quel che gli accadde quando si presentò ad un convegno promosso per illustrare i risultati della sua ricerca: i “soliti personaggi” lo spintonarono,  gli impedirono di parlare, lo accusarono di imperizia e di essere al soldo dei militari. Ora che gli americani hanno lasciato La Maddalena, i “soliti personaggi” dovrebbero ammettere che le radiazioni erano una bufala… a meno che i millenari tempi di decadimento delle radiazioni non si siano improvvisamente ridotti, per grazia divina,  a tempi insignificanti, e solo in virtù di questo miracolo, appena spariti gli americani sono sparite anche le radiazioni! Peccato che sia sparita anche la ricaduta economica legata alla loro presenza. Anche i fautori del “via gli americani” si sono rivelati dei Re Mida alla rovescia che hanno la capacità di trasformare in povertà tutto quello che toccano. Così è successo a La Maddalena, così sta succedendo a Decimo e così sarà nel Sulcis fino a Teulada: economia in calo e commerci in discesa grazie alla scomparsa della ricaduta economica militare. E’ drammatica la notizia dell’investimento decennale di 40 miliardi di euro dirottato da Perdas in Puglia dalle aziende che stanno sviluppando la tecnologia dei droni. Il garbato monito lanciato lo scorso 13 settembre sull’Unione dal Procuratore Generale Ettore Angioni è  in realtà un grido di dolore spezzato a favore delle popolazioni locali.

 Nella recente intervista la dottoressa Gatti ribattezza le polveri sottili col nome di “polveri della guerra” e in un crescendo impressionante associa Quirra alla caduta delle Torri Gemelle di New York, dove “le sostanze diffuse nell’aria hanno provocato 70 mila -settantamila!- morti tra pompieri, volontari, assistenti sanitari  e forze dell’ordine intervenuti dopo la tragedia: tumori, diabete, problemi polmonari, escrescenze “strane” al cervello, malattie sconosciute.”  E’ comprensibile che anch’io sia stato preso dal panico: l’Isis e Al Qaeda sappiano che con un paio di attentati di quel tipo possono decimare gli Stati Uniti e fare ogni volta all’incirca tanti morti quanti ne fece  la bomba atomica di Hiroshima (100.000 vittime). La dottoressa Gatti suggerisce quindi ai pastori di Perdas, scettici sulle “teorie inquinanti” quanto i pescatori del Sulcis per Capo Teulada, di non utilizzare quei pascoli ma di allevare il bestiame con foraggio prodotto “con culture idroponiche, cioè fuori suolo, sostituendo la terra con argilla espansa, perlite, vermiculite, fibra di cocco e lana di roccia”. E io che credevo che la lana di roccia fosse tossica! Per quanto riguarda tutti gli altri dati riportati nell’intervista riproposta dalla dottoressa Gatti non si può negare all’opinione pubblica il diritto di sapere dalle Asl ( e solo da queste) se i dati in loro possesso, in termini assoluti e percentuali raffrontati con le altre realtà sarde, siano in linea con quanto sostenuto dalla dottoressa Gatti. Sarebbe utile conoscere anche un parere in merito alle “mogli dei soldati reduci dal Kosovo che anche loro si sono ammalate di tumore, contagiate dallo sperma dei mariti”. Io stesso sono mosso dal desiderio di farmi una ragione del perché a Ortueri, un paese lontano da tutti i poligoni, anche quest’anno è nato qualche agnello deforme e in passato più di un pastore, mio parente, è morto di cancro. Perché non riesumare anche quelle salme per capire il perché di quelle morti? E poiché una domanda tira l’altra, eccone un’altra: perché dare in pasto al popolo del web, insieme alle immagini di tre agnelli di Perdas malformati, anche quelle di due poveri bambini colpiti da malattie rare? In tempi in cui alla tv si oscura il sorriso di un bambino sano ( …per la privacy, bofonchiano i benpensanti!) perché non avere pari o maggiore sensibilità verso un bambino malato? Non sarebbe meglio mettere al posto di tali immagini quelle dei nove fratelli Melis di Perdasdefogu, da Consola, di 107 anni, alla “piccola” Mafalda di 79; nove fratelli che mangiando per quasi un secolo i prodotti di quella terra e respirando quell’aria hanno totalizzato 836 anni di vita, conquistando il guinnes mondiale di longevità. Con buona pace delle “polveri della guerra”.  Questo eccezionale primato ora viene però insidiato a livello mondiale, come si legge alla pagina 35 dell’Unione Sarda del 28 settembre, da … lo lascio indovinare ai “soliti personaggi”? Bravi! Hanno indovinato! Sono proprio gli abitanti di Teulada, tra cui si contano 4 centenari, 330 ultraottantenni e 953 over 65 di Teulada!  L’effetto positivo dei poligoni sta dilagando. Infatti due studiosi dell’università di Cagliari, Donatella Petretto e Luca Gaviano, hanno scoperto che Giuannica Putzu (106 anni), Bardilia Marras, Veronica Murgia e Grazia Pilloni (tutte di 102 anni) più i 1283 old di Teulada, su una popolazione di 3600 abitanti, equiparano il paese alle “blue zone” del pianeta dove è più alto il numero degli “ultra anziani ultra efficienti”. Superfluo ricordare che i pastori di Teulada fanno pascolare il loro bestiame anche all’interno del poligono.  A questo punto è d’obbligo una battuta buona per l’inserto satirico dell’Unione: il poligono è come la telefonata: allunga la vita! Ma fuor di metafora dubito che queste statistiche relative alla longevità a Perdas e a Teulada servano a qualcosa, perché non essendo funzionali a un certo teorema saranno ignorate o confutate, e non trasformeranno mai i miserere fasulli in più onesti tedeum.  

Ma tornando alla cerimonia sassarese era inevitabile che il cronista A. Di. -che il giorno dopo ne ha fatto il resoconto sull’Unione Sarda- cogliesse l’occasione per citare ancora “l’imponente manifestazione di Capo Frasca contro le servitù”; un dettaglio in linea con l’articolo della pagina precedente firmato da Luca Mascia (ma perché alcuni giornalisti si firmano per esteso e altri no?), quasi un bollettino diramato ad uso e consumo dei “soliti personaggi” : appuntamento per una nuova manifestazione antimilitarista il 4 ottobre a Santa Giusta e  indicazioni per le iniziative da promuovere sotto le aule dei tribunali per manifestare la propria aspirazione affinché gli ufficiali inquisiti per Perdas siano condannati. Non poteva mancare poi la quotidiana nota del parlamentare sardo doc Mauro Pili.

Alla notizia della nuova manifestazione promossa per il 4 ottobre dai “soliti personaggi” dei partiti dello zero virgola e a quella della chiusura della base di Decimo se ne è poi aggiunta una terza: l’invito rivolto ai fedeli il 21 settembre da un sacerdote durante l’omelia della messa domenicale delle 11.30 nella cagliaritana basilica di Bonaria:  “fate sentire la vostra voce contro la presenza dei militari a Calamosca e contro i poligoni”. Anziché farsi venire l’idea di recitare la preghiera del soldato per ricordare i nostri 53 caduti nella sola missione in Afghanistan e i cristiani sgozzati recentemente dai terroristi, il ministro di Dio ha esortato i fedeli a schierarsi con i “soliti personaggi”.  La cosa mi ha prima fatto cascare le braccia e poi girare le scatole. Mi sono detto che i “soliti personaggi” e i loro spalleggiatori occulti e palesi “NOS HANTA ORROSCHIU”;  letteralmente “ci hanno stufato”. A questo punto l’omelia del sacerdote ha ispirato anche a me una riflessione sulla cosiddetta maggioranza silenziosa. La critica più grave che si può muovere alle maggioranze silenziose è quella di … essere silenziose. Quindi anch’io sono stato tentato di proporre ai volontari della Sassari (ma anche a tutti gli altri militari che rischiano, con l’eventuale chiusura anche di Quirra e di Capo Teulada, di essere trasferiti fuori Sardegna) di far sentire la loro voce. Ci si potrebbe radunare una domenica mattina a Cagliari nello spazio tra lo stadio di Sant’Elia e il mare. All’adunata potrebbe partecipare chiunque non la pensi come i “soliti personaggi”. Vietate le interferenze, le presenze e  le simbologie politiche, i discorsi o le semplici dichiarazioni. Saremmo lì solo per incontrarci e guardarci negli occhi, per ricordare che un soldato prima che amato deve essere rispettato per le sue idee e per le sue aspirazioni. L’unica bandiera ammessa sarebbe il tricolore, gli unici simboli i labari delle associazioni d’arma, gli unici inni Fratelli d’Italia e Dimonios, l’unico grido Forza paris. Sarebbe bello che i militari in servizio (ma mi augurerei anche quelli in pensione) partecipassero con le rispettive famiglie  e che fossero autorizzati ad indossare la divisa. Da quando sono in pensione non ho più indossato la divisa, ma per una manifestazione simile la indosserei… per la penultima volta. Giusto per far capire ai “soliti personaggi” che anche una maggioranza silenziosa si può rompere i coglioni (le signore mi perdonino), come successe, fatte le debite proporzioni, alla Sassari nel giugno del  1916 e nella primavera del ’17 quando la Brigata si ammutinò. Così come andarono le cose c’erano i motivi per farlo e… temo che mi sarei ammutinato anch’io. Ma questa volta si tratterebbe di un ammutinamento simbolico nei confronti dei “soliti personaggi”, sia di quelli solo disinformati sia di quelli in malafede, figure che a forza di ripetere slogan senza senso finiscono per crederci; figure che però possono diventare pericolose perché puntano a condizionare le maggioranze silenziose per conseguire il proprio interesse, che non coincide mai con quello della collettività. Ma è ovvio che un “ammutinamento” simile non possa essere neanche concepito. Però, a pensarci bene e fatte sempre le debite proporzioni, i bisnonni dei nostri volontari si ammutinarono perché “si erano stufati” di essere mandati ad inutili macelli, ed era una questione di vita o di morte; ma anche per i loro pronipoti sarebbe una questione di sopravvivenza vivere in Sardegna o dall’altra parte del mare. In questo secondo caso i costi finanziari e morali sarebbero molto elevati, perché gli affitti costano e spostarsi in aereo o in nave oltre che costoso è complicato.

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