All’inferno senza ritorno. Si snoda lungo un percorso costellato di cartelli “CHIUSO” disseminati sui cancelli degli stabilimenti aziendali la mappa della crisi nell’isola. Quasi 2.500 le imprese – solo alcune grandi, molte di medie dimensioni, la gran parte altre micro o individuali – costrette a cessare del tutto l’attività. Oppure, nel migliore dei casi, attanagliate da congiunture sfavorevoli e difficilmente superabili. Un panorama disastrato. Che negli ultimi tempi si è aggravato ancora. Dal polo di Porto Torres alla Multiss di Sassari e a Meridiana, dall’ex salumificio Murru in provincia di Nuoro alle aree industriali del Sulcis, per decine di migliaia di lavoratori resta solo una via crucis fatta di cassa integrazione, mobilità, contratti di solidarietà. Un girone devastante. Dal quale in questi anni pochi imprenditori sono riusciti a risollevarsi e a riprendere con fatica a produrre di nuovo.
Le statistiche. Sino alla fine dello scorso anno le aziende dell’isola che avevano proclamato lo stato di crisi erano poco meno di 2.200. In 9 mesi appena, all’elenco ufficiale, se ne sono aggiunte altre 250-300. Parecchie nel settore dell’artigianato e dei comparti collegati all’edilizia. Una escalation inarrestabile alla quale neppure gli Uffici del lavoro riescono più a tenere testa. Ma ecco la situazione territorio per territorio. Provincia di Sassari. Ormai è cessata da tempo ogni speranza per gli ex 110 dipendenti della Vinyls e i 35 operai del cementificio di Scala di Giocca. Restano aperte vertenze alla centrale E.On di Fiume Santo e in diverse fabbriche dell’indotto. La multinazionale tedesca ancora oggi ha a libro paga 250 lavoratori, mentre altrettanti sono quelli che operano per le imprese esterne. Unica notizia positiva per chi spera di conservare il posto: l’avvenuta richiesta della proroga dell’autorizzazione per costruire un altro gruppo a carbone, richiesta che dovrebbe scadere ai primi di dicembre. Nei fatti però E.On continua a frenare sugli investimenti e sembra soltanto prendere tempo. A Sassari poche novità sul versante della Multiss, società in house della Provincia. Dopo le clamorose proteste sui tetti attuate da gruppi di lavoratori nello scorso luglio, per i 170 operai che si occupavano di manutenzioni per conto dell’amministrazione sassarese da domani scatterà la cig a zero ore. Sindacati in agitazione e accuse alla giunta di non rispettare i patti sui fondi erogati dalla Regione.
Gallura. Negli ultimi giorni è esploso, dirompente, lo scontro fra i rappresentanti dei dipendenti di Meridiana e i vertici della compagnia aerea. A rischio-tagli i posti di 1.478 su 1.742 tra comandanti, co-piloti, assistenti di volo, impiegati operai e tecnici con contratto fisso. Nella crisi dichiarata dalla società di proprietà dell’Aga Khan c’è un altro aspetto inquietante per il futuro del territorio. È infatti pari a quasi 700 il numero dei dipendenti Meridiana Fly in servizio a Olbia: 67 piloti, 222 tra steward e hostess e 407 altre figure professionali. Tra loro, 479 sono stati dichiarati in esubero. E a loro vanno aggiunti 156 dei 359 specialisti che oggi operano nell’hangar per le verifiche e le manutenzioni.
Nuorese. Il vecchio salumificio Murru di Irgoli ha perso in maniera definitiva i suoi 74 posti. Sono in corso, in una trentina di casi, contratti di solidarietà. Sempre difficile la situazione a Ottana nel campo energetico, così come nel settore dei polimeri. In tutto si parla di 220 posti, più quasi altrettanti nell’indotto. Nessuna soluzione in vista per il polo tessile di Macomer. Sempre chiusa la Queen: tutti licenziati, fin dal luglio 2013. Mentre Ft calze ha 60 operaie in mobilità. E Lorica, fabbrica a sud Ottana per la produzione di pelli sintetiche è stata dichiarata fallita. Al Consorzio latte di Macomer è in atto la liquidazione di 14 lavoratori. Ma ora si punta a un accordo per reinserli in attività differenti.
Cagliari e Campidano. Nel capoluogo tante situazioni di crisi toccano società che operano su scala regionale: come Abbanoa, controllata dalla Regione. Ancora all’Unilever, dopo la chiusura della fabbrica di gelati ex Algida, alla Ciam, specializzata in ascensori, e alla Sardinia Green Island (84 lavoratori). Sempre problemi insoluti alla Keller, elettromeccanica di Villacidro: 300 posti in pericolo. Difficoltà anche nell’hi-tech e nei progetti per le telecomunicazioni. Nei giorni scorsi tentativo di mediazione fallito per Akhela: l’azienda potrà procedere, entro 120 giorni, al licenziamento del personale in esubero. Bocciate le proposte di cigs per 12 mesi per un massimo di 48 lavoratori e mobilità su base solo volontaria con incentivo all’esodo.
Sulcis Iglesiente. Tantissime le vertenze. Si va da Alcoa, alluminio, che con suoi quasi mille operai diretti e indiretti, continua a restare al centro di negoziati fra Roma e la Regione, sino alla Portovesme Srl, con l’indotto quasi 1.500 posti per la produzione di piombo. Restano nubi preoccupanti sul destino dell’Eurallumina, dei 497 minatori della Carbosulcis, di proprietà dell’amministrazione sarda, e dell’Igea, 297 dipendenti. Il crollo in tutte le classifiche. In un recente studio reso noto dal “Sole 24 Ore” il territorio dell’isola in proporzione più colpito dall’onda lunga della recessione è risultato il Nuorese. L’inchiesta del quotidiano economico ha messo in risalto l’intensità della «luce rossa» sulla realtà sarda, raffrontata ad altre regioni, e misurata in base alla spending review nei consumi. Il report ha fatto così emergere aspetti indicativi dell’entità della crisi.
Uscite in calo. I sardi hanno visto modificare al ribasso redditi, prezzi delle case, acquisti di auto e beni durevoli. Ma in Italia, come risulta con nitidezza scorrendo elenchi e graduatorie, non tutte le province sono state colpite allo stesso modo. Alcune più di altre hanno sofferto, registrando nel 2013 vistosi arretramenti rispetto al 2007. Complessivamente, i centri piccoli e medi sembrano avere patito di più. E i continui segni negativi hanno scavato un solco profondissimo tra il Sud dal Nord del Paese.
* Nuova Sardegna