dal Generale Nicolò Manca
Finalmente a casa, nel mio ufficio di via XX Settembre. Il display dell’orologio sulla scrivania segna le 21.15 di martedì 9 settembre 2014. I danni causati dal maltempo in Puglia hanno scombussolato la mia agenda. Sono stanco. Il lavoro di Capo di SME non è di tutto riposo, anche per colpa delle scartoffie. Darò uno sguardo solo alle cose più urgenti. Voglio che la circolare che ho in mente da tempo per la “Questione Sardegna” sia diramata al più presto. Vediamo l’appunto che mi hanno preparato.
OGGETTO: Ipotesi di dismissione delle aree addestrative in Sardegna. Predisposizioni relative all’eventuale reimpiego sul territorio nazionale del personale di stanza nell’isola.
A TUTTI I REPARTI INTERESSATI
- La crescente pressione politica e mediatica sviluppata in Sardegna dal governo regionale e dalla stampa locale in ordine alla necessità di “restituire” alle collettività le infrastrutture e le aree addestrative dislocate nell’isola, rende necessario predisporre misure idonee ad evitare un possibile scadimento degli standard addestrativi e soprattutto dell’efficienza operativa della Brigata “Sassari”, pedina fondamentale della Forza Armata.
- Il problema dell’eventuale ridislocazione del personale nella Penisola, pur rivestendo delicati aspetti umani per i risvolti affettivi e finanziari che colpirebbero gli interessati, non si presenta di difficile soluzione, anche per la notevole disponibilità di caserme non utilizzate. Più problematico appare invece il reperimento di aree addestrative sia sul territorio nazionale sia nell’ambito dei paesi alleati o amici.
- Al fine di affrontare il delicato problema della possibile ridislocazione dei reparti, si rende necessario interpellare la totalità del personale in servizio nell’isola in merito al gradimento di tre sedi, in ordine decrescente di preferenza, ove ciascuno gradirebbe, in caso di necessità, essere trasferito. Considerate le note carenze organiche dei reparti alpini e le “origini triestine” del 151° Reggimento della “Sassari”, si rammenta l’opportunità di privilegiare le sedi di Trieste e della fascia alpina.
- L’indagine in esame dovrà essere completata entro il 31 ottobre prossimo. Il Dipartimento Impiego del Personale dovrà proporre il relativo studio di fattibilità entro il corrente anno.
Ok. Mi sembra possa andare … ma mi secca che la questione abbia preso questa piega. Mi hanno riferito che oggi il più diffuso quotidiano isolano ha distribuito un manifesto “contro le servitù militari”. Chissà se presto ne distribuirà degli altri “contro Portovesme” o contro qualunque insediamento fonte di inquinamento di terra-mare-aria . Non vorrei che qualche volontario sardo dichiarasse forfait e si rifiutasse di passare il mare. I sardi sono magnifici soldati e guai se la forza armata ne perdesse uno. Ma se il desiderio della Sardegna è questo …. pazienza! Non posso continuare a combattere contro i mulini a vento. Forse ci sono interessi in gioco. Più di un imprenditore sarebbe con le antenne diritte: a Cagliari la caserma “Ederle” di Calamosca, a Teulada le Sabbie Bianche di Porto Pino ecc. Peccato però che nel Consiglio Regionale sardo e nei centri che controllano l’informazione non abbiano meditato sul problema. Si è concesso troppo spazio ai demagoghi che evitano di citare dati, numeri, opinioni tecniche di organi qualificati. Forse in pochi hanno letto quella paginetta che Manca ha fatto mettere sui siti sardi “conlabrigatasassari” e” tottusinpari”. Un vero peccato! Pare che tutti i guai della Sardegna possano essere risolti in quel 4% di coste e in quello 0,5% di territorio di proprietà del demanio militare. Il problema delle servitù invece si poteva rimettere sul tavolo per incrementare i vantaggi economici della presenza militare. Tra militari e civili della difesa, Esercito, Marina e Aereonautica mettono insieme una decina di migliaia di stipendi.. forse di più. Per la Sardegna sarebbe una mezza catastrofe. Ne anche la lezione di La Maddalena (americani spariti + inquinamento inesistente = impoverimento dell’isola) ha insegnato nulla. Un domani i Sardi sapranno chi ringraziare per questi obiettivi finalmente raggiunti.
A questo punto i cani del canile ubicato vicino alla mia abitazione, a Sinnai, si sono scatenati nel solito abbaiare furibondo… ed io mi sono svegliato. Cavolo! Era un sogno! Non sono il Capo di SME, non ero così bravo per diventarlo. Sono solo Nicolò Manca, generale in pensione, già primo comandante sardo della brigata Sassari. Però, lo confesso, se fossi stato il Capo di SME questa direttiva l’avrei diramata subito.
La Brigata Sassari a Trieste? NO, GRAZIE. Dobbiamo veramente sperare che quello del Gen. Manca sia un incubo…ma purtroppo non è lontano dalla realtà. A Roma “l’esercito dei Sardi” non è gradito, ed entro il 2018 c’è ancora una Brigata da chiudere. L’ha detto il Capo di SME lo scorso anno: “Tornando alla riorganizzazione dell’Area Operativa si può facilmente notare come l’Esercito verrà a disporre di 9 Brigate di manovra, contro le 11 attuali: bisogna,allora, individuare i due Comandi Brigata che dovranno essere soppressi, riqualificati o accorpati ad altri. In tale ottica, il primo provvedimento che verrà assunto sarà quello di «fusione» ad altro Comando Brigata del Comando della «Pozzuolo del Friuli», poiché, dovendo cedere i propri reggimenti di cavalleria alle altre Grandi Unità elementari di manovra per soddisfare le loro esigenze di una capacità esplorante autonoma, non avrà più «ragioni operative» per essere tenuto in vita. Tuttavia, desidero rimarcare con forza che, QUANDO PARLIAMO DI CHIUSURA DI BRIGATE, SI INTENDE IN REALTÀ LA CHIUSURA DEL SOLO COMANDO E DEL RELATIVO REPARTO COMANDO, POICHÉ I REGGIMENTI DIPENDENTI SARANNO MANTENUTI IN VITA E CEDUTI AD ALTRE BRIGATE. Peraltro, i provvedimenti di chiusura – e tale principio sarà applicato anche nelle altre Aree d’Impiego – terranno conto delle giuste aspettative del personale, che cercheremo di soddisfare contemperandole con le esigenze della Forza Armata. Per quanto attiene, invece, al secondo Comando Brigata di manovra che dovrà essere realizzato e accorpato ad un altro, sono in corso i necessari approfondimenti al fine di individuare la soluzione più efficace, così come si stanno effettuando studi storico-tradizionali per valutare quali denominazioni di Brigate mantenere in vita e quali, purtroppo, saranno abbandonate” (Gen. di Corpo d’Armata C. Graziano)