La Sardegna è un Paradiso? Non solo. Secondo il rapporto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) ci sarebbe anche una buona fetta d’inferno.
A gridare che il re è nudo con un’inchiesta metro per metro su tutto il territorio sardo è Lion’s Lab, un gruppo di ragazzi, quasi tutti videomakers, che sta facendo parlare di sé con alcuni video che girano sul web. Su facebook hanno creato un gruppo e una pagina, Sardegna: il tramonto di un paradiso, che in un mese conta 4.390 iscritti con la finalità di denuncia e di raccolta fondi. Il denaro raccolto colcrowdfunding servirà per produrre un documentario per il quale hanno già ricevuto minacce e che li ha portati ad agire sotto anonimato. I dati sono allarmanti. Con 447 mila ettari contaminati dove l’aumento di tumori ha raggiunto i caratteri di un’epidemia, secondo i dati del progetto SENTIERI, finanziato dal Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, l’Isola sarebbe la regione con la superficie inquinata più estesa d’Italia. Gli interventi statali per la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati sono lettera morta, interventi legislativi di facciata (come il Decreto Ministeriale del 18 settembre 2001 numero 468 e la Legge 179 del 2002) che non hanno avuto ancora seguito dopo più di dieci anni dall’entrata in vigore.
Per denunciare i fatti occorre raccogliere fondi? «Purtroppo non esiste regione al mondo che finanzierebbe dei ragazzi che hanno come obiettivo quello di far saltare fuori verità scomode», dichiarano sotto anonimato i ragazzi di Lion’s Lab. In un mese hanno raccolto mille euro, ma solo virtualmente. «Quando una persona partecipa al finanziamento viene raccolta da PayPal una semplice prenotazione. I soldi verrano prelevati e inviati in automatico sul nostro conto solo se entro il 25 ottobre raggiungeremo i 2500 euro, altrimenti il progetto viene chiuso. In realtà non sono neppure 2500 euro: il 5% viene trattenuto dalla piattaforma e il 3,4% da PayPal. Se tutto andrà bene raccoglieremo 2290 euro».
Sono sufficienti per girare un documentario su tutta la Sardegna? «No, serve a finanziare solo un terzo del progetto».
Quali sono i fatti che dovrebbero essere di dominio pubblico? «La gente continua a morire e vengono devastati interi pezzi di Sardegna. Nella darsena del porto di Porto Torres, per citare un caso, è stato ritrovato benzene nell’acqua centinaia di migliaia di volte al di sopra dei limiti della legge. Il dato è fornito dalla Direzione per la Tutela del territorio e dall’Ispra. Ma la situazione è talmente drammatica che, proprio per il SIN di Porto Torres, una delle possibilità prese in considerazione per risolvere il problema è stata quella del “tombamento” della discarica di Minciaredda: una tecnica usata in caso di incidenti ingestibili e gravissimi, come fu per ?ernobyl’. Più di quaranta comitati e associazioni lottano per salvare la Sardegna. Eppure la maggior parte dei Sardi non conosce questa situazione, pur essendo in più di 410 mila a vivere nelle zone contaminate. E soprattutto si ignora il significato economico della realizzazione delle bonifiche, che porterebbero anche un consistente numero di posti di lavoro».
Cosa vi spinge a fare un lavoro che vi espone a rischio e che potrebbe non essere mai pagato? «Noi non vogliamo essere le prossime vittime di questo disastro. Non vogliamo soffrire e morire per questa situazione». Sotto minaccia. «Noi ci giochiamo tutto. Anche la sicurezza pur di cambiare le cose. E non ci schiereremo mai politicamente o in favore di un’associazione. Noi crediamo nel nostro popolo e vogliamo poter dire, un giorno, che la Sardegna ci ha sostenuti. Non un’associazione. Non uno sponsor. Non un partito. Solo voi».
Per maggiori informazioni potete seguire il lavoro di questo gruppo di ragazzi su Facebook (pagina e gruppo), Twitter o collegarvi al progetto e alla raccolta fondi abbinata al link Sardegna: il tramonto di un paradiso.