SECCHIATE D’ACQUA PER I MALATI DI SLA? DEDICATE PIUTTOSTO UN PO’ DEL VOSTRO TEMPO. IL BENE DEL PROSSIMO LO SI FA IN SORDINA, ALTRIMENTI SI CHIAMA OPPORTUNISMO


di Valentina Usala *

Il bene del prossimo lo si fa in sordina, altrimenti si chiama opportunismo.

Come ogni iniziativa nata a fin di bene, senza alcun doppio fine, l’essere umano è capace di trasformarla poi in un qualcosa, che non può che essere riempita di critiche. Le varie condivisioni sui social, chi si è improvvisato eroe immolandosi d’acqua fredda nel privato, ragazzi che l’hanno presa molto alla leggera, ai quali nessuno ha spiegato cosa significasse, proprio perché non esiste informazione corretta sui fatti e poi ci chiediamo perché il mondo va a rotoli.

Ci ridiamo su, perché in fondo si è abituati a trattare ciò che ci circonda senza il giusto peso, senza la serietà che meriterebbe.

E’ estremamente grave: un malato non chiede nulla, se non vivere con dignità.  La dignità di un malato vale una secchiata d’acqua fredda?

Quel che ci disgusta ancor di più invece è che nel 2014, ci sia un’alta percentuale di persone, che ancora non sanno cosa significhi la sigla SLA. Su un campione di 10 persone di età varia, fermate a caso per strada, alla domanda “Se le intono la SLA, di cosa stiamo parlando?” Sette persone su dieci non sanno di cosa si tratti o hanno le idee poco chiare. Solo tre su dieci hanno risposto “Una malattia”. Uno su dieci “Una malattia neurodegenerativa”. A parlare invece di Ice Bucket Challenge, se l’inglese non lo masticano, per intenderci, le secchiate d’acqua gelida, dieci persone su dieci hanno risposto “Sono quelli famosi, che fanno una donazione”.

Un discorso molto approssimativo, molto confuso, ma il succo è corretto.

Quindi l’effetto “ghiacciato” con cui i media hanno arricchito testate giornalistiche, canali televisivi e il web, ha davvero spopolato. In quanti piuttosto che lavarsi di fronte ad una telecamera, si sono informati di cos’è la SLA? E’ una cosa figa, tirerebbe gli occhi della gente e quindi la faccio. Un po’ il tormentone dell’estate, il giochino che si fa sotto l’ombrellone, una notizia corredata di video, che testimoniano la magnanimità di vip, intenti a gettarsi una bacinella di  acqua fredda sulla testa. Ebbene, ci piace immaginare che il senso voglia emulare esattamente la stessa sensazione che un essere umano prova, nel momento in cui viene posta diagnosi di Sclerosi Laterale Amiotrofica. La stessa sensazione che si prova nell’essere privati di ogni gestualità autosufficiente nel quotidiano.

Un malato di SLA quali sensazioni può aver provato nel vedere anche i politici coinvolti in questo giochino? Malati che se ricordate avevano indetto una protesta contro leggi dannatamente sbagliate, non troppo tempo fa.

Riavvolgiamo il nastro e proviamo a immaginare una bacinella su un malato di SLA.

-Un malato di SLA  non riesce a ringraziare il suo sfidante e nemmeno a nominare chi sfiderà, se non per mezzo di un programma vocale;

-Un malato di SLA non riesce a stare in piedi;

-Un malato di SLA non riesce a chinarsi per sollevare una bacinella d’acqua

-Un malato di SLA non riesce a gettarsi dell’acqua addosso

-Un malato di SLA non percepisce il freddo dell’acqua

-Un malato di SLA non riesce a rientrare in casa per togliersi i vestiti zuppi d’acqua

-Un malato di SLA non riuscirà ad entrare nella doccia

-Un malato di SLA non saprà asciugarsi da solo, ricambiarsi e distendersi sul divano e riguardarsi il suo filmato.

-Un malato di SLA non avrebbe nemmeno potuto riprendere un amico intento nell’Ice Bucket.

In tutto ciò ci chiediamo se davvero non sarebbe stato più utile, spendere il loro tempo, nel passare almeno una giornata con un malato di SLA, preoccupandosi di lui, di quel che davvero potrebbe essere utile nell’immediato a quella persona. Un essere umano dal suo potenziale, che merita di essere un cittadino di una società, di essere un uomo capace di dare, insegnare e non un mostro destinato al suo futuro senza più luce.

Ben venga la ricerca, ben vengano le donazioni, ma questa volta, il modus operandi è stato gestito ancora una volta nel peggiore dei modi. Ci piacerebbe soltanto, insieme alle loro facce e performance da supereroi, venissero mostrate le attestazioni di ogni singola cifra versata. Quel che ci chiediamo è se davvero fosse stato necessario lanciarsi del ghiaccio addosso, per ricordarci che al mondo esistono persone che soffrono. Soldi che verranno devoluti alla ricerca sulla SLA, senza ricordarci che esistono persone senza più speranza. Così come lo era quell’uomo affetto da SLA che ha deciso per sé, sollevando così una catena di secchi d’acqua da nord a sud del Mondo, per contribuire la ricerca sulla suddetta patologia neurodegenerativa progressiva. In un mondo in cui la morte assistita non è contemplata, dove se ti suicidi, ti avviso che andrai tra le fiamme dell’Inferno e poi te la arrangi tu.

All’acqua ci pensiamo noi.

* www.contactsrl.it

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