I BRONZI DI RIACE E I GIGANTI DI MONT’E PRAMA: IL GUADAGNO E’ NEI BIGLIETTI STACCATI AL MUSEO?


di Francesca Mulas

Circolava qualche giorno fa sulla stampa una notizia “allarmante”: un anno dopo che i Bronzi di Riace sono stati collocati nel nuovissimo museo a loro dedicato a Reggio Calabra, i due colossi incassano “solo” 850 euro al giorno. Le parole dei giornalisti hanno un tono scandalizzato: incredibile, un’opera tanto costosa come il recupero, il restauro, la costruzione della casa dei Bronzi (solo il museo è costato circa 20 milioni) ha fruttato alla fine dei conti quasi una miseria. Una vergogna che in tempi di crisi un bene archeologico per cui abbiamo speso tanto ci faccia guadagnare meno di mille euro al giorno.

Puntuale arriva la sparata del solito genio di turno: Vittorio Sgarbi propone di portarli all’Expò di Milano, lì si metteranno in bella mostra davanti a tutto il mondo, altro che i “padiglioni merdosi” dove sono custoditi oggi (parole sue).

Non commenterò la proposta oscena di Sgarbi, anche perché è la stessa oscenità che qualche sardo ha avanzato riguardo alle nostre statue nuragiche dei Giganti di Monti Prama. Quello che mi fa salire il crimine, come si usa dire da queste parti, è che ultimamente si parla di beni culturali solo come fonte di incassi, come numeri di biglietti staccati, come statistiche da un tot al giorno. Per non parlare del continuo quanto inutile confronto con gli altri: in Francia sì che li sanno valorizzare i loro tesori, il Louvre sì che incassa, e Londra poi non ne parliamo.

I Bronzi hanno un destino simile a quello dei nostri Giganti: nascosti sott’acqua (sotto terra) per millenni, recuperati e sistemati con un restauro travagliato (e costosissimo), oggi finalmente restituiti al pubblico. I Bronzi in Calabria, i Giganti in Sardegna: terre decisamente fuori dai flussi turistici internazionali, dato che non siamo di certo invasi dalle orde di giapponesi o americani ricchi in fila davanti al nostro Museo Archeologico di Cagliari. Certo, poi c’è tutta la questione della comunicazione e del marketing, ma quella è un’altra parte della storia.

   E quindi anche i Giganti tra qualche anno saranno “colpevoli” di guadagnare una miseria? Passata l’onda dell’entusiasmo quanto ci faranno intascare le misere statue in pietra? C’era bisogno di spendere tanti soldi per rimettere a posto i cinquemila frammenti? Sarà proprio indispensabile investire ancora centinaia di migliaia di euro per nuovi scavi a Monti Prama? Arriverà anche allora il genio di turno che ci dirà di portarli da un’altra parte, così almeno il numero dei biglietti staccati potrà ammortizzare la spesa?

Chi ancora si allarma per gli 850 euro incassati dal museo in un giorno dovrebbe riflettere sui concetti di bene identitario, di cultura, di valore. La cultura e il turismo non sono sinonimi, viaggiano paralleli ma non sono la stessa cosa. Il valore di un bene archeologico non sta nei ticket staccati.

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