Con questo intervento intendo dare un contributo alla questione sulla cultura e lingua sarda che ancora oggi, dopo decenni di dibattiti, di convegni, di disegni di legge regionali e nazionali continua ad essere dibattuta e non ha dato alcun esito. L’uomo sin dalla sua apparizione sulla terra ha iniziato a parlare e a sviluppare una lingua che, poi, come patrimonio, è diventata cultura. E questo patrimonio non si deve perdere. È necessario, però che la cultura sia legata alla lingua e la lingua alla cultura. La lingua sarda, che non si è persa per tanti secoli di amministrazione di diversi dominatori, non si perderà neppure ora, anche se non si provvederà a tutelarla e a salvaguardarla, si continuerà a parlarla e produrrà storia e cultura.
A detta di Francesco Alziator, il più grande etnografo e docente di tradizioni popolari della Sardegna, la lingua à il miglior indice della profondità della penetrazione di una cultura e di conseguenza anche delle tradizioni e della cultura popolare. È indubbiamente importante e necessario conoscere la vita dei sardi durante le diverse fasi delle varie dominazioni passate sulla nostra terra, non per fare confronti, o per esaltarle o condannarle; con una conoscenza più adeguata e approfondita, si potrà avere un quadro più reale dell’evolversi della civiltà sarda nei secoli e rendersi conto delle conquiste sociali raggiunte dagli isolani nei periodi di queste dominazioni. Mentre in altri miei interventi ho presentato la situazione della lingua sarda nei confronti di quelle catalana e castigliana, osservando come queste tre realtà linguistiche riuscirono a convivere, senza che la lingua sarda venisse annientata o fagocitata, – anzi si è notato come la lingua dei nostri avi avesse attinto nuovo vigore e nuova linfa a contatto con queste due civiltà, tanto da allargare il proprio lessico, ora mi sono interessato a divulgare la realtà isolana in tutti i suoi aspetti, con articoli e pubblicazioni. Ho avuto la possibilità di leggere migliaia e migliaia di documenti dei secoli che vanno dal trecento al settecento esistenti non solo nei nostri archivi, ma soprattutto in quelli stranieri. Ne ho trovato parecchi scritti in sardo ed altri in cui la lingua sarda era inserita in altre lingue e aveva lo stessa parità del catalano, lo spagnolo e il latino. Quando gli aragonesi portarono la loro lingua e le loro istituzioni in Sardegna, hanno creduto opportuno lasciare che il popolo continuasse a parlare la propria lingua. Non l’hanno combattuta per demolirla, anzi la loro lingua ha avuto il potere di dare nuova linfa alla lingua sarda, tanto che gli stessi sardi potevano conoscere discretamente anche la lingua del signore di turno. Tutti i testi degli statuti dei gremi delle Arti e dei mestieri e quelli delle confraternite erano scritti in catalano e, in seguito al passaggio dell’Isola alla dinastia spagnola, con l’unione dei regni iberici, tra cui il Regno di Sardegna, sotto un sovrano castigliano, alla fine del Seicento, ancora gli statuti erano scritti e tramandati in catalano, e alcuni furono tradotti in spagnolo poiché era la nuova lingua del nuovo signore. Ma se si rileggono questi statuti, si nota che accanto alla lingua catalana o a quella spagnola vi sono parole sarde del mondo agro-pastorale che non avevano il corrispettivo nel catalano o nel castigliano, tratte dalla legislazione sarda della Carta de Logu, che non sono state tradotte poiché il popolo le conosceva ormai nella propria lingua.
In questi ultimissimi anni sono apparsi numerosi lavori che hanno interessato i nostri comuni: è stata così ricuperata la microstoria dei loro territori. Dobbiamo fare in modo che tutto questo studio non si perda ma anzi ne generi altro. È giusto tramandare ai posteri la cultura sarda, non si deve però dimenticare di legarla con la lingua: una cultura senza una lingua non potrà vivere. Fra qualche decennio si studierà la propria cultura nelle aule scolastiche della Sardegna, senza parlare più la lingua che l’ha generata? La lingua è la linfa di un popolo, è stato detto in più di una volta. Non è vero che la lingua sarda sia povera lessicalmente e sintatticamente, come alcuni hanno scritto, e quindi incapace di consentire un linguaggio metacritico. Io ho usato la lingua sarda nella variante che io conosco bene, ma capisco bene anche gli altri dialetti, come conosco bene le varianti spagnole, che non sono poche; ho avuto modo di parlare con spagnoli di diverse località della Spagna e mi son fatto capire. Per ritornare a quanto ho fatto con la lingua sarda devo dire che ho composto una piccola commedia su un grosso avvenimento della storia cagliaritana e quindi della Sardegna: quello dei moti del 1906 e quelli avvenuti poi in altre località dell’Isola. Mi sono accorto che la lingua sarda ha la possibilità grammaticali e sintattiche nonché metacritiche che hanno le altre lingue europee. È necessario ricordare quale importanza avrebbe una legge che salvaguardi la cultura sarda. Bisogna provvedere alla conservazione del grosso patrimonio culturale sardo, soprattutto perché nelle scuole e nei paesi si sta recuperando molto materiale del passato e appunto per questo Š necessario creare un sistema archivistico storico sardo e provvedere al reperimento di tutto il materiale archivistico d’interesse per l’Isola, prima che una seconda volta tutto si disperda. Abbiamo un patrimonio che non dovrà essere visto come resistenza a quella cultura paneuropea che va affermandosi anche in Sardegna. È necessario il ricupero anche della lingua, che significa ricupero della coscienza dei sardi. Anche la scuola dovrà fare il suo compito. È necessario prendere coscienza dell’importanza e del peso delle parlate sarde. Non dobbiamo fingere che non esista una lingua sarda, e impedire a questa di operare.
PROBLEMA DECENNALE, ANCORA IRRISOLTO: LINGUA E CULTURA SARDA NELLE SCUOLE
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