E’ ANCORA LA SOLUZIONE MIGLIORE LASCIARE L’ISOLA E CERCARE FORTUNA ALTROVE? L’ALTERNATIVA E’ RESTARE IN SARDEGNA


di Simone Tatti *

Alzi la mando chi tra noi, giovani sardi scoraggiati dalle difficoltà riscontrate nel trovare un lavoro, non ha pensato, almeno una volta nella propria vita, di lasciare la Sardegna per andare a cercare fortuna altrove. Non mi è possibile contarvi, ma considerata la poca vitalità del mercato del lavoro sardo, presumo siamo in tanti.

Rimanere o fuggire. È questo l’interrogativo che ha spesso accompagnato le nostre scelte di vita e credetemi non sono mai riuscito a comprendere se occorresse più coraggio nell’uno o nell’altro caso.

Che l’Italia non fosse un Paese per giovani, l’avevamo capito da tempo, anche se, in fondo, avevamo sperato che la situazione potesse cambiare. Sta di fatto che ad oggi, anche in Sardegna, si riscontra il più alto tasso di disoccupazione giovanile mai registrato e che la parola “ripresa” pare essere solamente uno strumento utilizzato dai politici per infondere fiducia nei consumatori.

Quindi… Che fare? … Partire?

Non vi è dubbio che scegliere di cambiare aria è per noi molto più semplice rispetto a quanto lo fu per i nostri nonni. Il solo fatto di essere cittadini italiani ci conferisce una serie di privilegi che altri non possono vantare: ci mette nelle condizioni di poterci spostare liberamente in tutta Europa e ci offre mobilità agevolata per diverse altre destinazioni.

Partire sì, ma per dove?

Il Nord Europa continentale un tempo era la meta privilegiata per questo tipo di emigrazione. Non era facile inserirsi ma quantomeno era piuttosto semplice trovare un’occupazione temporanea che consentisse di guardarsi intorno e trovare qualcosa di meglio. Ma non è più cosi. Anche lì non se la passano poi così bene e gli immigrati che devono ospitare sono tanti, non provengono solo dall’Italia e spesso sono visti più come un peso che come una risorsa.

Anche Inghilterra e Irlanda costituiscono delle valide alternative. Se non altro si ha l’occasione di affinare la conoscenza della lingua, il che non guasta, anzi di questi tempi è addirittura un investimento. Certo, dimenticatevi le belle giornate di sole e preparatevi a convivere con nebbia e pioggia anche in estate. Però non si può avere tutto dalla vita.

La Spagna? Come non detto, lì se la passano peggio di noi. Se scegliete questa destinazione per andare alla ricerca di un lavoro, aspettatevi che, prima o poi, qualcuno se la rida alle vostre spalle.

L’Australia. Un tempo è stata una delle destinazioni preferite di molti giovani sud europei che, secondo le più svariate leggende metropolitane, riuscivano a guadagnare bei soldoni pur svolgendo lavori in apparenza poco remunerativi. Un mistero. Sta di fatto che un costo della vita troppo elevato, la coabitazione con animali letali di ogni genere e specie ed il solo pensiero di vivere a migliaia di kilometri di distanza dalla Sardegna, costituiscono per me dei validi motivi di esclusione.

Insomma, non è agevole la scelta di chi vuol abbandonare la Sardegna. Eccezion fatta per chi ha già in mente un determinato obiettivo, dei contatti da sfruttare e un minimo di soldi da poter spendere per il trasferimento e l’iniziale periodo di permanenza. Ma credetemi… partire senza aver prima adeguatamente ponderato il tutto è sempre un errore che spesso induce ad un’infausta e precoce rimpatriata.

Con questo non voglio certo dissuadervi dai vostri propositi, quanto piuttosto ragguagliarvi sul fatto che, di questi tempi, non esistono più dei luoghi dove per un emigrato, talvolta senza specifiche competenze, sia facile vivere e trovare lavoro (o forse non sono mai esistiti). Diffidate di chiunque asserisca il contrario, poiché con buona probabilità vi sta mentendo.

Quale sarebbe l’alternativa?

A meno che non abbiate un’offerta di lavoro pronta ad aspettarvi e che vi spinge a partire, a mio avviso l’alternativa più valida è quella di restare in Sardegna. Facile a dirsi ma più difficile a farsi, penserete.

Premesso che il mio punto di vista è condizionato dal sentimento di appartenenza che nutro nei confronti della mia terra e che difficilmente sceglierei di lasciarla per periodi di tempo prolungati e non determinati, reputo seriamente che quella di rimanere in Sardegna sia una scelta abbastanza valida seppur soggetta a determinate condizioni.

Condizione n°1: impariamo a fare dei sacrifici. Gli stessi che altrove saremmo disposti a fare ma che in Sardegna non contempliamo ci siano richiesti. So di persone che hanno rifiutato offerte di lavoro poiché non disponibili a rinunciare alla propria libertà nei fine settimana. E ricordate che un vincente è colui che è disposto a fare quello che un perdente non fa.

Condizione n°2: smettiamola di pensare che il lavoro venga a bussare alla porta di casa. Occorre proporsi, maturare esperienza, mettersi in mostra, accettare i fallimenti e dimostrare a chi offre opportunità lavorative che noi costituiamo la soluzione ideale alla risoluzione dei loro problemi, e non viceversa.

Condizione n°3: inventiamoci il lavoro. Mi rifiuto di credere che, oggi giorno, non si possa lavorare in Sardegna. Prima di tutto, poiché oggi giorno buona parte dell’economia viaggia sui binari dell’ADSL, il che vuol dire che per svolgere la maggior parte dei lavori, sopratutto quelli legati ai servizi e all’informazione, basta una connessione internet. Penso a un traduttore, un webdesigner, uno scrittore freelancer, un contabile. Ma anche a un artigiano che vende le sue arresojas online, un imprenditore che abbia pochi soldi ma tante idee o un importatore che, grazie all’e-commerce non è più limitato dalla geografia per vendere i propri prodotti”. 

Condizione n°4: creare Valore. In qualsiasi modo possibile. Che si parli di beni oppure di servizi, c’è sempre qualcuno disposto a spendere dei soldi per qualcosa che ha un’utilità reale, semplifichi la vita o un qualsiasi processo produttivo. Al di là di tutto. So benissimo di non offrire la soluzione magica alla risoluzione dei vostri problemi, ma questo probabilmente lo avevate già capito. Ognuno di noi ha storie, situazioni e peculiarità di vita cosi differenti da non poter essere ricondotto ad una fattispecie. Tuttavia, alle volte basta veramente poco per migliorare la nostra vita e se riusciamo a farlo senza abbandonare la nostra terra, credo non ci sia cosa migliore. Perché insieme possiamo rendere quest’Isola un luogo ancora più bello.

* focusardegna.com

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Un commento

  1. Mario Sconamila

    Egregio Simone Tatti, ho letto con interesse il suo intervento.
    Alla fine, mi sono accorto di essere in totale e completa dissonanza con quanto ha scritto nel suo articolo.
    Soprattutto su un punto: noi sardi possiamo essere autenticamente amanti della nostra Isola anche stando fuori dai confini nazionali.
    Paradossalmente assai spesso è proprio il voler essere ottusi a restare senza alcuna prospettiva che rende le persone prive di alcuna personalità e voglia di fare.
    Sa qual è il vero problema, piuttosto, ed è curioso che lei non l’abbia considerato? Molti giovani sardi che vengono all’estero sono del tutto o in buona parte privi della conoscenza della lingua inglese, oggi assolutamente indispensabile.
    Oltre a non avere alcuna specializzazione.
    Ma la mancanza di questi punti base di partenza non sembra preoccupare più di tanto gli interessati, che credono di arrivare all’estero, lavorare poche ore al giorno (con le lacune su accennate), rendendo noto fin dall’inizio di non voler lavorare nei week-end, pretendendo di andare in ferie quando lo ritengono opportuno, credendo sia loro dovuto uno stipendio fuori da ogni logica.
    Come vede, la classica mentalità italiana della pretesa dei cosiddetti "diritti" col minimo sforzo, senza concedere alcun "dovere" e "sacrificio".
    A titolo di esempio, e non ritenendo utile allungare il discorso, una sola cosa:
    – Vedo arrivare spesso, per studio e lavoro, frotte di ragazze/ragazzi da tutto il mondo, sui 16/17 anni, specie dagli Stati dell’Estremo oriente. Ebbene, parlano perfettamente l’inglese e si dannano come matti per imparare seguendo corsi gratuiti la lingua locale, che è estremamente diversa da tutte le altre più conosciute. Una volontà di conoscenza e abnegazione sconosciuta nei giovani italiani.
    Ecco la vera causa che non consentirà nella generalità dei casi ai ragazzi sardi, troppo legati alla terra natia, di poter accedere ai vantaggi dell’Europa Unita.
    Io stesso, sardo fino al midollo, mi accorgo che è proprio all’estero che ho imparato ad amare la Sardegna assai più di quanto facessi stando nel suolo nativo.
    Lei mette l’alternativa: restare in Sardegna.
    Benissimo: a fare cosa?
    Saluti.
    …..
    Mario Sconamila
    mario.sconamila@elisanet.fi

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