di Annalisa Atzori
Per il terzo anno consecutivo l’Associazione Sebastiano Satta, in collaborazione con quella degli Consiglieri Emeriti del Comune di Verona, decide di festeggiare il 25 aprile ricordando persone che si sono distinte durante la Resistenza, ma che il tempo ha relegato all’oblio. Dimenticati dai più e ricordati solo dai diretti discendenti. Nel 2012 era toccato a Rinaldo Veronesi e a Pietro Meloni (vedi TIP 396-398-400 maggio/giugno 2012), nel 2013 è stata la volta di Mario Ardu (vedi TIP 449-451-453 maggio/giugno 2013). Lunedì 28 aprile 2014 la commemorazione è stata per Gavino Gavini (Maresciallo Capo d’Artiglieria e consegnatario del Forte Chievo – nato a Sassari il 5 dicembre 1904 e deceduto a Mauthausen Gusen l’ 11 aprile 1945) e per Costantino Padovani (Sottotenente del Genio, nato a Verona l’11 aprile 1921 e morto a Bari Sardo il 22 novembre 1943.
La cerimonia è iniziata in modo solenne: la figlia di Gavino Gavini (Rita, coniugata Reichnold e residente in Germania) e il nipote del Maresciallo (porta lo stesso nome e cognome e vive a Sassari) hanno scoperto la targa a memoria, posta all’ingresso di Forte Chievo dalla Sebastiano Satta. Al loro fianco, il protocollo militare in alta uniforme: Maresciallo Maggiore Aiutante di Artiglieria Pasquale Puggioni; Ass.Naz.Artiglieri d’Italia Sez. “Magg. Carlo Ederle” di Verona; Bandiera Colonnella della stessa Sezione, Presidente e Alfiere; Fiamma dell’Ass. Naz. Alpini, Gruppo Chievo; Ass. Nastro Verde di Verona; 1° Maresciallo di Artiglieria Gaetano Olivieri; Sotto Capo Meccanico Carlo Mocci della Marina Militare; Ass. Arma Aeronautica Ten. Col. Alessio Meuti; Maresciallo 1° classe Salvatore Pau; Bandiera dell’Ass. dei Sardi “S. Satta” di Verona.
Un lungo applauso ha accompagnato l’emozione della signora Rita Gavini, che tornava a Verona e al Forte dopo più di 60 anni. Pasquale Puggioni, ha recitato la preghiera dei “Caduti senza Croce”. Dopo questi momenti carichi di patos, i presenti si sono spostati all’interno della sede dell’ Associaziazione dei Sardi (fu abitazione della famiglia Gavini) per conoscere questo personaggio che è accennato nei libri di storia, ma ha avuto grande importanza durante la Resistenza a Verona.
Maurizio Solinas, ha salutato gli ospiti sottolineando quanto lo renda orgoglioso ciò che insieme con i Consiglieri Emeriti si è riusciti a fare per il Maresciallo Gavini. Oltretutto, il nipote di Gavino Gavini è stato assessore a Sassari, la cui Provincia è gemella con Verona. Tutto ritorna, prima o poi. Certo, alla commemorazione non si sono presentate alcune Autorità invitate, ma si sa che in campagna elettorale … certe occasioni passano in secondo piano. Solinas ha definito gli amici Gianni Amaini e Silvano Zavetti (assessori Emeriti) dei “segugi di cose vecchie e nuove”: sono infatti loro che, grazie ad un attento lavoro di indagine, grande passione e competenza, scoprono la storia di personaggi cosiddetti “minori” che però hanno portato la Liberazione dell’Italia. Durante le varie cerimonie ufficiali per il 25 aprile si ricordano sempre i soliti nomi noti, dimenticando tutti gli altri.
Carlo de’ Gresti, presidente dei Consiglieri Emeriti, saluta tutti e dà il benvenuto congratulandosi con la nostra Associazione per la collaborazione intensa che negli ultimi anni ha portato a grandi risultati, sul piano culturale, nella promozione della conoscenza di fatti storici. Si riesce ad arrivare a livello dei cittadini, a raggiungerli e coinvolgerli. E’ importante ricordare i personaggi minori che hanno dato un grande contributo nella liberazione dall’oppressore nazista e fascista anche per i giovani, perché abbiano memoria di quello che è stato. De’ Gresti dà un’anticipazione su un evento che si svolgerà nel corso dell’anno: la commemorazione di Giovanni Roveda, liberato dal carcere degli Scalzi il 18 luglio 1944 ad opera di partigiani veronesi e divenuto il primo Sindaco di Torino liberata. Il tutto sarà organizzato il collaborazione con i Consiglieri Emeriti i di Torino, tra i quali si annoverano anche sardi.
Silvano Zavetti introduce la storia di Gavino Gavini, eroe sconosciuto. Si trova una minima traccia di lui solo nel libro “Storia della Resistenza veronese” di Maurizio Zangarini e in una nota in un fascicolo “La mia guerra” di Fernando Righetti, cittadino di Chievo che ebbe a conoscerlo personalmente. Le altre informazioni sono state raccolte tramite i parenti rintracciati ed è stata comunque una ricerca parecchio difficile ad opera soprattutto di Salvatore Pau. Gavino Gavini nasce a Sassari il 5 dicembre del 1904. A 19 anni parte volontario per la Libia, si arruola nel 3° battaglione Cacciatori d’Africa ed sarà inserito successivamente nel servizio di artiglieria in Cirenaica. Tra il 1925 e il 1926 inizia la vera carriera militare, passando da caporale a caporal maggiore poi promosso sergente. Tra il 1926 e il 1928 torna in Italia per delle licenze, rientrato a Bengasi è ammesso alla 2° compagnia mitraglieri e cannonieri del Comando di Artiglieria. Termina il periodo di ferma a dicembre 1929 ed è assegnato provvisoriamente al distretto di Cagliari in attesa di destinazione da parte del Ministero. Nel gennaio 1930 sarà assegnato al 1° reggimento Artiglieria Pesante Campale e nel marzo del 1933 trasferito al 4° reggimento Artiglieria Pesante Campale di Verona. A luglio è aggregato al 4° reggimento Artiglieria di Corpo d’Armata di Verona. Nel maggio 1935 Gavini è nominato sottoconsegnatario del deposito del Forte di Castelletto (si trova nel veronese, tra Mizzole e Castagné, a guerra finita, oggetto di saccheggio saltò in aria provocando più di 250 morti), ma sempre assegnato alla Direzione Artiglieria di Verona. A novembre 1936 è promosso maresciallo ordinario e dopo 4 anni maresciallo capo. Dal 1938 è consegnatario del Forte Chievo. E’ qui che inizia il suo ruolo nella Resistenza. Come cita Zangarini, nel 1943, essendo comandante del deposito munizioni del Forte Chievo, consegna ad Angelo Peracchi detto Cinciari e Umberto Cimatti detto Sebastiano bombe a mano e caricatori per mitragliatrici. Le munizioni furono consegnate a Ernesto Quattrina detto Colombo e dovevano servire per proteggere un lancio di paracadutisti alleati, richiesto dalla Missione RYE, del comandante Perucci, sul Monte Baldo, ma il lancio non avvenne. Si parla addirittura di 1000 bombe a mano! Ovviamente, le operazioni di consegna ai partigiani avvenivano di notte, a luci spente, nella maggior segretezza possibile. Gavini non poteva fare tutto da solo: qualcuno fece una soffiata e il maresciallo fu arrestato nel 1943. Nel suo libro “I delatori” Mimmo Franzinelli parla di questi personaggi che, magari con qualche scusa, carpivano informazioni su movimenti sospetti e poi facevano arrestare i presunti complici dei partigiani. Gavini, una volta catturato, è portato a Parona, dove incontra un comandante tedesco suo amico (la moglie di Gavini cucinava molto bene e l’ufficiale era spesso ospite dal maresciallo per pranzo o cena). Il tedesco lo libera nelle campagne vicine al campo di aviazione di Boscomantico e Gavini per circa un anno resta “alla macchia”. La spia questa volta la fa un vicino di casa e Gavini è di nuovo arrestato. E’ la fine del 1944. Tramite la polizia di sicurezza (la SIPO) è inviato al campo di concentramento di Mauthausen come prigioniero Schutz (fermo precauzionale), matricola 113987, arriva al campo di Mauthausen/Gusen il 29 dicembre 1944. Gavino Gavini è ricordato come persona sempre sorridente, allegro, scanzonato. Un suo compagno di “viaggio” verso il campo di concentramento tedesco (certo Giuseppe Cirnigliaro) riferisce che il convoglio che li trasportava si fermò a Bolzano, perché volevano sfruttare gli uomini catturati per fare alcuni lavoretti. In quel caso, riparare biciclette e pianoforti, naturalmente dei tedeschi. Gavini, con la consapevolezza di compiere un gesto utile alla Patria, manomise le biciclette e scordò i pianoforti che gli capitarono sotto mano! D’altro canto, Gavini ha partecipato alla Resistenza “dal di dentro” (dopo l’8 settembre era un militare della Repubblica di Salò) rischiando ogni giorno, ha agito con determinazione e convinzione, mettendo in conto anche la sua condanna a morte. La moglie, ( la riminese Giulia Scarpetti, morta nel 1969 è sepolta nel cimitero di San Massimo – VR, poco lontano dal Forte Chievo. Sono morti anche i figli maschi, Giuseppe e Giovanni. Silvano Zavetti conclude il suo racconto con un particolare che gli ha dato una visibile emozione: per lui è stato un grande onore poter parlare di Gavini e lo scorso anno di Mario Ardu. Entrambi sono citati su una lapide posta all’Arsenale di Verona, dove Zavetti bambino andava sempre con il padre in occasione del 4 dicembre, Santa Barbara, patrona degli artiglieri. Anche qui, tutto torna prima o poi.
Fine prima parte.
Brava Annalisa.