Con la candidatura di Cagliari a capitale europea della cultura si valuta l’idea di recuperare il progetto del museo Betile di Zaha Hadid. Prende il nome da una pietra di forma oblunga, infissa nel terreno, tipica della civiltà nuragica: il betile. Gioiello dell’architettura contemporanea, fortemente osteggiato a fini politici. Parliamo della controversa vicenda del Museo di Cagliari, opera di Zaha Hadid. Al centro d’infinite polemiche. E ora rischia di sfumare definitivamente. Al principio era “il Museo”. Ora è una delle tante incognite irrisolte in città. Rischia, infatti, di rimanere solo un progetto su carta il Betile – Museo del Mediterraneo dell’Arte Nuragica e Contemporanea, capolavoro dell’architettura dalle forme leggere e sinuose, che nasce come riferimento alle concrezioni coralline, ma che non può non ricordare le dune di sabbia delle coste o i blocchi calcarei sui quali la città antica si erge. Punto di riferimento per la ricerca artistica nel bacino del Mediterraneo, luogo di sperimentazione e produzione ma anche di confronto fra i due periodi, che testimonierebbe quanto l’eredità nuragica abbia influito sullo scenario dell’arte contemporanea, il Betile si connota come polo culturale d’importanza strategica per Cagliari e per l’intera isola. Fortemente voluto dall’ex Presidente della Regione Renato Soru e in effetti boicottato dal centrodestra. Ma andiamo con ordine. Ottobre 2006. Il premio Pritzker Zaha Hadid vince il bando di concorso per il Betile, presentato al pubblico a novembre, accompagnato da una mostra con gli altri nove progetti. Il masterplan di riqualificazione dell’area di Sant’Elia, oltre alla realizzazione del museo, prevede il restyling dei palazzoni popolari da parte di Rem Koolhaas, la sistemazione del porticciolo e del lungomare e il campus universitario a firma di Paul Mendes de Rocha. Insomma, Cagliari si fa il suo parco dell’architettura alla maniera di Valencia, Bilbao e Barcellona. La Spagna tuttavia è assai lontana. Al progetto preliminare sarebbe seguito quello esecutivo, previsto entro il 2008, con la consegna dei lavori. Ma il 2007 trascorre tra fiumi di polemiche da parte di An, che considera il Betile un inutile spreco di soldi – un mausoleo che stravolge lo skyline in contrasto con le norme paesaggistiche – e lo vorrebbe all’ex Manifattura tabacchi. Atteggiamento incongruente da parte di chi si batte in sostanza per la cementificazione di Tuvixeddu, la necropoli fenicio-punica più estesa del Mediterraneo. Ma questo è solo l’inizio. Intanto la variante al piano regolatore tanto attesa non arriva; si propone perciò l’edificazione su un altro territorio. Si fanno avanti il sindaco di Quartu, Quartucciu e Assemini. Niente da fare: il Betile deve rientrare all’interno di un progetto molto più vasto; in caso contrario, i finanziamenti non saranno erogati. Il 28 marzo 2008 il sindaco di Cagliari Emilio Floris e Renato Soru (il primo di centodestra, il secondo di centrosinistra) firmano l’intesa che avrebbe dovuto esser convalidata in aprile, ma Floris torna sui propri passi. Lo stop, giustificato dall’incompletezza della documentazione, arriva in coincidenza all’avviso di garanzia ai dirigenti comunali per un’aggiunta non autorizzata al progetto di Tuvixeddu. La strumentalizzazione prosegue con Mauro Pili, che chiede il blocco dei finanziamenti, previsti tra quelli stanziati per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia, lamentando una grave speculazione edilizia. “Il Betile è un ecomostro abusivo”, sostiene. Si scomoda anche Azione Giovani, mettendo in piedi una campagna di boicottaggio non solo contro il Betile, ma anche ai danni del campus universitario. La giunta Floris, oltre a precludere l’autorizzazione edilizia del museo, a gennaio boccia il progetto del campus, previsto nell’ex semoleria di viale La Playa. “Non cambio idea, il progetto è inutile”, tuona il sindaco di Cagliari, che paradossalmente vorrebbe la città capitale del Mediterraneo nel 2019, ma che invece ha paralizzato la città e rischia seriamente di perdere risorse economiche per un totale di 250 milioni di euro e oltre 1.500 posti di lavoro. Un’opportunità, quella del Betile, che darebbe una forte spinta allo sviluppo della Regione e che trasformerebbe Cagliari in una città di rilevanza internazionale nel panorama mondiale dell’architettura. Nonostante il progetto sia inserito tra le opere per i 150 anni dell’Unità d’Italia, i tempi stretti non ne permetterebbero ormai la realizzazione entro il 2011. “La mancanza di concentrazione è all’origine di difficoltà attuative di alcune grandi iniziative decise in solitudine e per ciò stesso da ridefinire totalmente: Betile, Manifattura Tabacchi, Festarch”, si legge nel programma del neo-eletto Presidente della Regione, Ugo Cappellacci, alla voce Valorizzazione della cultura. Cultura che si sperava essere un punto fermo, ma il ribadire fermamente che per il quartiere di Sant’Elia ci sono altre priorità non lascia intuire alcuna possibilità di realizzazione. Ed ecco che, imprevisto, arriva il “contentino”. È recente, infatti, la notizia della riapertura della Manifattura che, dopo il restauro, previsto tra un anno, diventerà la fabbrica della creatività. Ma la variante urbanistica, già firmata da Floris, potrebbe escludere Festarch, il festival d’architettura. Come lascia presagire il neo-assessore alla cultura Lucia Baire, che ancora non ha consultato la missiva di Stefano Boeri, direttore della manifestazione, e che prevede tempi lunghi per la valutazione del programma. E il Betile? Ad oggi, del Museo non si parla più. Baire non si pronuncia e il dibattito si concentra su Tuvixeddu, che nel frattempo soccombe al costruttore Cualbu e alla Coimpresa, dopo la sconfitta al Tar, che ha dichiarato inammissibile il ricorso da parte degli ambientalisti. Ed ecco che arriva la sorprendente proposta del sardista Paolo Maninchedda, che lo richiama in causa: “L’unica via d’uscita per la questione Tuvixeddu è acquistare le aree interessate”. Naturalmente con i contributi previsti per il Betile. Non c’è che dire, su tutti i fronti il progetto dell’agognato museo si prospetta oramai un miraggio e la cultura sarda sempre più ancorata alla dimensione folkloristica. Inevitabilmente chiusa su stessa. Schiava di un retaggio del quale non riusciamo a liberarci.
* Sardegna Soprattutto