di Vito Biolchini
Ma voi li leggete i giornali? Ma lo avete capito quale cataclisma sta per abbattersi sulla Sardegna? Lo ha scritto la Nuova ma la cosa è passata praticamente inosservata: “Giunta, è allarme risorse: quasi un miliardo in meno”. Praticamente quest’anno la Regione è obbligata a non spendere più di due miliardi e 400 milioni, a fronte del tre miliardi e 300 a disposizione nel 2013 di Cappellacci. Un disastro. Eppure quei 900 milioni di euro in meno sono nelle nostre casse, ma non li possiamo spendere a causa del patto di stabilità, quel meccanismo introdotto dallo Stato a tutela dei propri conti, per evitare cioè che il debito pubblico continui a crescere (cosa che peraltro continua puntualmente ad accadere). I 900 milioni in meno sono dunque l’apporto della Sardegna alla causa nazionale ed europea. E lo Stato in cambio però cosa fa? Sostanzialmente due cose: intanto non applica due sentenze della Corte Costituzionale secondo cui la Sardegna, avendo l’anno scorso riscosso più tasse, ha il diritto di vedersi adeguato il tetto di spesa relativo al patto di stabilità. Stiamo parlando di circa un miliardo e due/un miliardo e trecento milioni di euro che la giunta Pigliaru ha già sollecitato di poter spendere immediatamente. Questa partita è di importanza vitale per la Sardegna: se Renzi non dovesse dare il via libera all’operazione di adeguamento della spesa, la Sardegna sarebbe veramente in ginocchio. Perché tutte le risorse andrebbero sostanzialmente a finanziare le spese fisse della macchina regionale e gli investimenti produttivi sarebbero quasi azzerati. Pigliaru e l’assessore Paci hanno fatto approvare una delibera in cui ci si prepara al peggio, fissando i tetti massimi di spesa per ogni assessorato ovviamente fortemente ridimensionati rispetto al fabbisogno (il taglio è del 20 per cento). Ma c’è un ulteriore elemento di perversione in questa situazione: dai tagli per 900 milioni si salva la sanità (che i sardi, al pari dei trasporti, si pagano da soli. per effetto dell’accordo con lo Stato siglato da Soru nel 2006). Peccato che la sanità incida per il 65.4 per cento del nostro bilancio! Ergo, senza una riduzione consistente delle spese sanitarie (nell’ordine cioè di qualche centinaio di milioni di euro) in questa situazione la Sardegna avrà pochissime risorse per finanziare il proprio sviluppo. Ma di tagli alle spese sanitarie questa giunta non parla, né sembra avere la forza politica per farlo. Altri tagli invece ci saranno per forza (agenzie, consulenze, varie ed eventuali) e non parlatemi di spending review: perché un conto è rivedere la spesa e reinvestire i risparmi ottenuti, un conto è tagliare perché non si cono più soldi punto e basta (il nostro caso). Ma torniamo alle inadempienze dello Stato. Il quale non si limita a negare l’adeguamento del tetto di spesa per circa 1200 milioni di euro: in sospeso c’è infatti anche la famosa “vertenza entrate”. I conti li ha fatti il presidente della Commissione Bilancio Franco Sabatini (la notizia è sull’Unione di oggi): lo Stato ci deve un altro miliardo e due! Soldi nostri che non versa nelle nostre casse a dispetto di accordi già sottoscritti da tempo. Quindi, tracciando una riga e facendo i conti: lo Stato ci abbassa la capacità spesa di 900 milioni e contemporaneamente non ci dà due miliardi e quattrocento milioni (la metà di soldi che ci deve, l’altra metà di soldi nostri che non ci consente di spendere). Questa è la situazione. Dunque, se Pigliaru non riesce ad invertire la rotta e convincere lo Stato a rispettare i patti, quanto dura la sua giunta? Il presidente ha già annunciato che non si tirerà indietro e che è pronto ad aprire uno scontro durissimo con lo Stato. Sì, ma cosa significa tutto ciò? Secondo voi i sardi seguiranno Pigliaru nella sua lotta contro Roma (e quindi contro Renzi) o per prima cosa riverseranno la loro rabbia sulla Regione? Al momento le forze in campo sono dunque sproporzionate, lo Stato italiano può tranquillamente continuare ad ignorare i sacrosanti diritto dei sardi (cosa che fa da anni). Pigliaru ha una però una potentissima arma politica a sua disposizione: l’Assemblea costituente per la riscrittura dello Statuto. La Costituente la vogliono i sardi, che si sono espressi con un referendum. E che lo Statuto sia da riscrivere lo dicono tutte le forze politiche, anche quelle più conservatrici come il Pd. Il punto è come lo si fa. La Costituente (da eleggere con voto proporzionale) sarebbe una risposta politica all’inadempienza dello Stato, il modo per rivedere in profondità i rapporti con l’Italia in un momento in cui il centralismo renziano rischia di spazzare via il sistema delle autonomie. Se Pigliaru pensa di poter riscrivere lo Statuto con questo consiglio regionale è solo un illuso. Perché chi è contro la Costituente è anche contro il nuovo Statuto, anche se a parole dice il contrario. La subalternità del centrosinistra sardo ai partiti nazionali è evidente, plateale. E non è difficile prevedere che il Pd lascerà da solo il presidente della Regione nel momento dello scontro con Renzi. Per questo Pigliaru dovrebbe essere il primo sostenitore della Costituente: perché sarebbe la sua assicurazione sulla vita, perché sposterebbe dal piano tecnico ad un più alto livello politico/istituzionale lo scontro con lo Stato ormai inevitabile, perché rafforzerebbe la sua giusta posizione rivendicativa, perché obbligherebbe i partiti a non lasciarlo solo. Invece, stando così le cose, se da Renzi non arriverà in tempi rapidissimi (diciamo entro l’estate) un sostanziale accoglimento delle nostre sacrosante richieste (e quindi risorse per almeno un miliardo, quanto meno per compensare il taglio dei 900 milioni rispetto allo scorso anno), il sistema economico sardo è destinato a crollare definitivamente. E prima della fine dell’anno alla Regione salta tutto per aria.
Dunque peggioramento della situazione, francamente penso che i partiti tradizionali pensano solo al loro patrimonio, sarebbe ora di staccarsi da loro