Sugli schermi e pareti dei circoli dei sardi in Italia (in tutto sono 70) sono state proiettate le immagini dell’alluvione del 18 novembre. Quelle che le tv già proiettavano a ciclo continuo: strade distrutte, scantinati allagati, auto accartocciate e case piene di fango. In Gallura, a Olbia, nel Nuorese e nei paesi poco distanti da Oristano: Terralba, Solarussa e Uras. Anche così è nata la gara di solidarietà che ha coinvolto i sardi che lavorano, studiano e vivono fuori dall’Isola. Serafina Mascia è la presidente del Fasi, Federazione dei circoli sardi di Italia racconta così l’emergenza vissuta da lontano.
Cosa avete fatto per coinvolgere anche i non sardi? “Non è stato difficile, abbiamo lanciato varie sottoscrizioni. E poi spettacoli con la partecipazione di artisti sardi che vivono sul Continente e partite di calcetto, come è successo a Padova, tra universitari veneti e fuori sede sardi. Lo stesso in varie sedi, in quelle grandi come Milano, Bologna e Genova e nei centri più piccoli come Parabiago e Gattinara. Abbiamo poi convogliato le iniziative di altre associazioni, e poi in tanti, spontaneamente, si avvicinavano per chiedere come potevano aiutare”.
Avete mandato anche dei volontari sul posto? “Non in modo organizzato, anche perché quasi subito la Protezione civile ha diffuso la comunicazione che non era più necessario. Però, alcuni soci, sono tornati nei paesi d’origine per dare una mano. Per esempio qualcuno è andato a Terralba con un carico di viveri diretti alle famiglie alluvionate, in modo che non ci fossero intermediari”.
Cosa avete raccolto? Beni, e anche denaro? “Sì, la cifra totale è di 220mila euro. Una somma che è ancora più grande perché raggiunta grazie a piccole cifre, donazioni anche da 10 euro. E in periodi di crisi è davvero tanto. Frutto di slanci civici, come i consiglieri comunali che hanno devoluto il loro gettone di presenza, è successo a Fiorano Modenese, per esempio. E in altri Comuni”.
A chi andranno? “Alle persone che sono state danneggiate, certo, famiglie, imprese e artigiani. Ma in modo – per quanto possibile – diretto. L’obiettivo che ci siamo posti è quello di contribuire a progetti realizzabili in breve tempo, utili a far ripartire la vita di tutti i giorni. Per le grandi opere ci penseranno le istituzioni. Il timore era proprio quello di dover aspettare anni e lungaggini varie per poi vedere incompiute, e quindi uno spreco. Così abbiamo in gran parte accolto le richieste dei piccoli Comuni e noi provvediamo a saldare direttamente le fatture”.
Qualche esempio? “Per Terralba abbiamo provveduto all’arredamento di una scuola danneggiata. Abbiamo acquistato il fieno per gli allevatori di Uras, da mettere nel magazzino. Il loro era stato distrutto. Solarussa ci ha chiesto un generatore di corrente mobile per le apparecchiature mediche. E poi stiamo aiutando i galluresi ad acquistare elettrodomestici e mobili”.
Quindi i circoli hanno ancora un senso nell’era digitale? “Sì, me ne sono accorta un pomeriggio a Padova. Una sera si sono presentati 40 ragazzi tutti assieme, mai visti in sede. Ci hanno detto che si erano organizzati su Internet, con Facebook. Un messaggino e via… Proprio per aiutare in occasione dell’alluvione. Per questo stiamo sviluppando una parte di comunicazione diversa, via social e via Skype. Un modo diverso di intendere il circolo”.