di Paolo Cerno
L’ennesimo regalo culturale che il circolo dei Sardi “Montanaru” di Udine ci ha elargito, è arrivato direttamente dalla Sardegna in ” corpore vivo” nella persona dell’autrice drammaturga ed interprete cagliaritana Francesca Falchi. Per essere precisi, e dare a …. Maria quel che è di …. Maria, il prezioso “cadeau ” è il frutto del Coordinamento Naz/le delle donne” Fasi” efficientemente diretto dalla signora Maria Concetta Marceddu che, dopo le usualmente brevi, parole di benvenuto del presidente Domenico Mannoni, ha aperto la serata illustrando il ricco e poliedrico profilo culturale dell’attrice. Le luci in sala si spengono e, stagliata da quelle variamente colorate che illuminano il palco, appare una silouette di giovane donna fasciata in nero lungo, dalle candide spalle e dalla chioma corvina. Lo sguardo mobile, penetrante ed il deciso profilo, inverano in Falchi Francesca, l’antico detto latino “Nomina sunt consequentia rerum”. Risuona l’eco antico del campidanese che introduce le otto emblematiche figure di donne sarde vividamente sbozzate dall’autrice nelle loro vite esemplari. Ognuna prima nel proprio agire ed apparire. Ed ecco appunto, apparirci come per incanto, santa Barbara, martire decollata, che non è quella che si festeggia il 4 dicembre, patrona dei minatori ,della marina, degli artiglieri ecc. ma la martire sarda che, leggenda vuole, abbia fatto scaturire una viva sorgente nel punto dove la sua testa, spiccata dal busto, ha toccato il suolo. E’ Patrona di Capo a Terra! Viene coinvolto il pubblico presente che deve decidere, caso dopo caso, se trattasi di “femina de perda o de soli”? De soli, è l’unanime responso. Il nasale elencare colpe da fattucchiera in latineggiante cantilena del cancelliere dell’Inquisizione, magistralmente riprodotto dalla Falchi, ci sprofonda nel tempo più cupo dei tribunali ecclesiastici, sempre pronti a scaldarsi al vivo fuoco di qualche rogo. Sul banco in ginocchio c’è la presunta strega Julia Carta. Si difende egregiamente tanto da venire solo ammonita ma, tre anni dopo, è nuovamente inquisita e ancora sfugge al rogo:difendeva la vita come il sole e come femmina di sole è giudicata. Lucia Tedde, anche dalla vivida descrizione fisiognomica, è l’antesignana delle banditesse. La sua vita ci ha portato l’aspro odore di fumo dei bivacchi nascosti, degli anfratti taglienti del granito, del vento che graffia nel buio, del mirto divino che ci porta a una femina de soli ..• Un sottile filo di seta è legato all’intelligenza imprenditrice della prima “manager” della storia industriale della Sardegna: Francesca Sanna ne è l’illuminata precorritrice. Se ancora oggi si lavora la seta nell’isola lo si deve alla sua generosa lungimiranza. L’oro della seta incorona una vera donna di sole. La prima laureata in medicina, la prima medico condotto, la prima donna con la patente di guida, contro ogni occulta e meschina incredulità, anche delle autorità ufficiali, di inizio secolo appena trascorso, h’Wllo un nome che più sardo non si può: Adelasia Cocco. La lunga vita indefessa a favore della salute la innalzano come regina delle donne di sole. Il sole lo ha cantato e portato in tutto il mondo, ha gareggiato alla pari coi ritmi del vento, il “Gregoriano” le elevava l’anima sulle banalità del vivere. Maria Carta era la musica incarnata dell’isola atavica. Il sole, per diritto parentale, la illumina donna. A ventisei anni una ragazza sarda piena di vita, la vita sacrifica per onorare la Legge così spesso calpestata proprio da chi la dovrebbe tutelare. Sei tutta di sole Loi Manuela eterna fanciulla. Tralascio volutamente la giornalista Maria Paola Masala. E’ viva, per lei sia dolce e serena. Mi sia consentito nominare una ” femina de perda”. E’ quella della statua in granito che pietosa culla il ricordo dei caduti della Brgt. Sassari e che il tramonto friulano cangia nei colori del sole e del sangue.