L’età del “progenitore dell’umanità” sembrerebbe non essere più un mistero grazie a uno studio genetico condotto su 1.204 maschi sardi, i cui risultati sono stati appena pubblicati su Science. La ricerca, guidata da Paolo Francalacci dell’Università di Sassari, oltre a indagare la storia evoluzionistica della popolazione dell’isola, retrodata di circa 50.000 anni, rispetto a studi precedenti, il periodo in cui sarebbe vissuto il nostro comune antenato: un’epoca compresa tra i 180.000 e i 200.000 anni fa.
Il genoma di ogni individuo è diverso a causa di mutazioni che avvengono nel processo di replicazione del DNA, che si accumulano di generazione in generazione. Questo è un dato prezioso per far luce sulle origini delle popolazioni attuali. Gli studiosi hanno analizzato le variazioni genetiche del DNA all’interno di alcune sequenze del cromosoma Y, che viene ereditato dai maschi esclusivamente per via paterna. In particolare, queste sequenze non sono sottoposte a ricombinazione genetica e hanno tassi di mutazione molto bassi, e consentono così di ricostruire avvenimenti di un passato ancestrale. Analizzando le sequenze del cromosoma Y, i ricercatori sono riusciti a costruire un albero filogenetico. Per la loro analisi si sono serviti anche di tecniche messe a punto per lo studio del DNA mitocondriale, che – a differenza del cromosoma Y – si eredita invece solo per via materna ed è anch’esso di fondamentale importanza per studiare le origini genetiche dell’umanità. La costruzione dell’albero filogenetico è stata calibrata con dati archeologici relativi all’espansione della popolazione sarda di circa 7.700 anni fa. A partire da questa espansione demografica, i ricercatori hanno ricostruito una serie di “stratificazioni” genetiche. “Abbiamo identificato nei cromosomi Y sardi dei partecipanti allo studio le varianti genetiche che permettono di risalire agli antichi progenitori che vivevano nell’isola e di collegare le varie linee ancestrali di questo cromosoma a eventi di espansione demografica avvenuti in passato”, spiega Francalacci. “Siamo andati indietro nel tempo fino a prima del loro arrivo in Sardegna, arrivando ai progenitori africani di tutti gli uomini della nostra specie vissuti circa 180.000-200.000 anni fa, in un’epoca più antica di oltre 50.000 anni rispetto a quanto indicato dalla maggior parte degli studi precedenti”, continua lo studioso. Il maschio umano che ha lasciato tracce del proprio genoma in tutta l’umanità, soprannominato “Adamo”, sarebbe dunque vissuto fra i 100.000 e i 200.000 anni fa, un periodo compatibile con stime precedenti riguardo a quando visse il più recente antenato femmina comune a tutti noi, “Eva”, basate sull’analisi del DNA mitocondriale. La maggior parte degli esseri umani attuali condivide parti del genoma – rispettivamente nel cromosoma Y e nel genoma mitocondriale – di questi due individui. Le sequenze di DNA corrispondenti di altri antichi soggetti si sono invece in gran parte estinte a causa del processo di selezione naturale o fattori casuali. Science ha pubblicato lo studio italiano insieme ai risultati di un’altra ricerca indipendente – guidata da G. David Poznik della Stanford University School of Medicine – che, con dati e tecniche diversi, è giunta a conclusioni simili, collocando l’origine del “primo uomo” tra 120.000 e 156.000 anni fa. “La nostra ricerca conferma che i sardi hanno nel loro DNA una serie di caratteristiche peculiari, ma rivela anche che possiedono la maggior parte della variabilità presente sul DNA del cromosoma Y degli altri popoli europei”, spiega Francesco Cucca, direttore dell’Irgb-Cnr e tra gli autori dello studio. “Si tratta cioè della singola popolazione che sembra racchiudere meglio le caratteristiche genetiche di tutti gli europei. Questo la rende una risorsa preziosa, sia per studi evoluzionistici sia per studiare i fattori genetici di rischio per malattie frequenti nell’isola e nel resto d’Europa”.