A KENT'ANNOS! A MILANO I VOLTI DEI CENTENARI SARDI NELLA MOSTRA FOTOGRAFICA DI LUIGI CORDA

Luigi Corda (a destra) ha presentato la sua mostra fotografica al Sardegna Store di Milano


di Sergio Portas

Il Sardegna store di Milano è a due passi dal Duomo, in piazza Diaz, quella che ha al suo centro il monumento al Carabiniere, un grande fregio metallico con la fiamma che sovrasta il bottone, Luciano Minguzzi l’artista che così lo volle, ne fece una sineddoche bronzea sicuro che nessuno avrebbe avuto il minimo dubbio su cosa dovesse significare, è un logo che in Italia sfida per popolarità il cavallino rampante della Ferrari. Nella mia infanzia guspinese è presente da sempre, in vicolo Montevecchio dove sono nato e c’è ancora cadente la casa di nonna, su in solaio nel comodino antico, c’erano quelli che portava a casa zio Michele, andato via carabiniere che mamma mia era ancora bimba in fasce. E io me li rigiravo in mano ammirato, e mi provavo anche uno dei suoi cappelli da militare, quelli con la visiera di plastica che mi scendeva inesorabile sugli occhi. In questo negozio che vi dicevo ci fanno mostre di prodotti sardi, vestiti in sughero e vino e dolciumi. Eventi che hanno a che fare con l’isola nostra. Da poco c’erano il sindaco di Barumini che spiegava agli astanti la magia di quel nuraghe di Marmilla, e la casa Zapata lì vicino con la Giara a due passi. Una settimana prima il sindaco di Samassi e quelli dell’associazione case in Terra Cruda, di cui ho la tessera di socio onorario non fosse altro perché la casa di nonna di cui vi dicevo prima era fatta di lardini, come usava una volta. In occasione dell’ultima Bit è venuto anche Ugo Cappellacci a dare i numeri del turismo sardo, tralasciando la campagna elettorale e, chissà, forse perdendo quella manciata di voti che hanno permesso al dottor Pigliaru di farsi incoronare re di Sardegna, per i prossimi quattro anni, se la coalizione di liste e listarelle che lo ha supportato reggerà l’urto della spartizione dei posti in giunta, e nelle partecipate. Cappellacci è qui per lanciare temi di unicità della nostra isola sia in vista della Fiera del turismo sia in vista dell’Expo prossimo venturo. Dove pare ci sarà una presenza importante della Sardegna, anzi una specie di pre-Expo è previsto a Cagliari nell’ottobre di quest’anno, un “grande simposio internazionale” con la presenza della Regione e della Camera di commercio, nonché l’Università e tutti i maggiori produttori di merci sarde. Intanto a Milano si spiegherà ai padani quale sia la ricetta magica che riesce a far sì che ci siano in Sardegna più di 350 centenari, di cui buona percentuale in Ogliastra, e da qui la mostra fotografica di Luigi Corda: titolo A Kent’Annos, di cui vi dirò poi. In occasione del Carnevale gli autobus di Milano saranno pavesati con grandi manifesti che magnificheranno l’isola che canta e i festeggiamenti tipici della settimana santa sarda, in occasione della Pasqua. L’intento è di far passare, in maniera neanche tanto subliminale, l’idea che, visto che vivere alla sarda, allunga la vita, anche una vacanza in Sardegna può servire alla bisogna, magari non si arriverà a cent’anni ogliastrini, ma fosse anche solo qualche anno da aggiungere al giorno fatale non sarebbe da buttare via. Quindi stile di vita e in tavola prodotti “a filiera corta”, frutta da Villacidro piuttosto che banane  colombiane, vermentino di Gallura e non cabernet cileno, pabassini al posto del panettone. Dice Cappellacci che anche vivere nella famiglia attorniati da figli e nipoti allunga la vita e, seguendo la falsariga  di prima, meglio una badante di Pauli Arbarei che una romena di Timisoara, a parità di costi (questo lo dico io). Poi occorre aria di Supramonte, ma va bene anche quella del Campidano, acqua che se ne venga giù filtrata dai monti del guspinese, ma anche quella di   falda di Fordongianus non è male, e non possono mancare quegli effluvi di macchia mediterranea che a primavera fanno ubriacare le api e le farfalle e ogni umano che non abbia ancora perso il gusto di stupirsi per lo splendore della luna “in su sattu”, o per il colore del mare a Funtanazza al mattino presto, quando in acqua c’è solitaria la signora tedesca della roulotte beige che nuota a rana. Una cosa che non si può comprare, e chi ce l’ha è fortunato ad averla ereditata, è quella molecola di acido nucleico, desossiribonucleico per la precisione, DNA per gli addetti ai lavori, capace di replicare la vita. Sia vegetale che animale. E il DNA dei sardi pare abbia poteri davvero miracolosi, sia perché mischiatosi a ogni ladrone corsaro che metteva piede sull’isola, sia perché preservatosi in ogni sorta di piccola enclave, di piccola valle nascosta. Tutto questo è durato almeno fin tutto il novecento, ed è iniziato ai tempi in cui i costruttori di nuraghi avrebbero dovuto aspettare qualche migliaio di anni prima di vedere il primo campanile fare ombra al sole dell’estate.  I visi, non tutti, dei centenari sardi sono esposti in formato grande sulle pareti dello “store”. Li ha fotografati questo giovane cagliaritano che studia psicologia all’università della sua città, dove mi dice che riesce a mantenersi facendo il “free lance”, che sarebbe come dire il fotografo tuttofare. I volti rugosi emergono da uno sfondo nero come la notte, e risaltano i solchi di rughe che hanno oramai colonizzato ogni fronte, ogni guancia. Bianchi i capelli e ogni pelo di barba, ispida per lo più, espressioni le più varie, con sguardi di dolente saggezza. Luigi si perde in una conversazione da “gente del mestiere” con Angelo Mereu, fotografo di Dorgali che qui a Milano ha messo su negozi di gioielli coi suoi fratelli: i Merù, e la figlia Giolina continua la tradizione in via Solferino, quella del “Corriere della Sera”. Dicono male delle foto digitali, che troppo si possono contraffare, abbellire e ritoccare. Pensate che non valgono neppure come prova in corte d’assise, nei processi. Il bianco e nero, coi sali di argento nitrato e il lavoro in camera oscura, a perseguire un’idea di rappresentazione del reale che sposi la ricerca di verità che si fa arte. Se artista è chi scatta e sceglie i giusti diaframmi, le giuste angolazioni. Ogni foto del libro di Luigi ( 100 Centenari, Silvana editoriale) è supportata da una scheda biografica succinta più che essenziale: nata a Sinnai nell’ottobre del 1907, non ha avuto figli, sarta, si alzava alle cinque per spazzare il cortile. Viaggi: Firenze e Uta per santa Maria. Segue i programmi di Videolina. Nato a Domus De Maria, sposato nel 1932 e nel 1961, sette figli, 13 nipoti, 50 pronipoti. Capraio, si fa ancora oggi la barba da solo. Beve due bicchieri di vino al giorno. Ci ha messo due anni Luigi Corda a girare per i paesi sardi, chiedendo semplicemente se vi fosse ancora qualcuno con più di cento anni d’età, e ogni abitante in cui si imbatteva era capace di indirizzarlo in maniera corretta, che gli ultracentenari sono giustamente famosi, conosciuti da tutti. Gli chiedo se vi sia qualcuno anche di Guspini e a pag. 82 , con un sorriso beffardo che sembra prendersi gioco di me per la sorpresa che mi ha fatto, c’è zia Ersilia Ruggeri. Zia acquisita che un suo fratello, zietto Silvio, è andato sposo a una sorella di mamma, zia Nera. In questa foto ha centouno anni ma ci ha lasciati a centoquattro, l’anno scorso. La sorella Nora è morta a centodue. Me le ricordo ancora, a casa loro, quando mi offrivano la merenda, pane e burro con sopra lo zucchero. E i fichi dell’albero. Cernitrice a Montevecchio zia Ersilia, come zia Nora del resto. Gente che si svegliava all’alba e si incamminava su per la via della miniera, chilometri di salita che toccava fare al ritorno di una giornata di lavoro faticosa di per sé, per pasto spesso pane e formaggio. Ogni giorno dell’anno che dio mandava loro, estate e inverno, pioggia o sole bollente. I nostri nonni, i nostri zii, hanno passato la loro vita facendo dell’essenziale la quotidianità, ecologisti loro malgrado, mai sprecando niente, le donne andando al fiume per fare il bucato. Quando bimbo dormivo in solaio, in inverno la bottiglia d’acqua calda e le coperte “militari” di lana grezza tirate su fino al mento, mi addormentavo col fruscio dei topi fra le canne del tet
to, la luce della luna che filtrava dalle tegole sconnesse. La casa coi muri di fango impagliato respirava con me. Pare, a sentire i profeti della “decrescita”, che ora i veri ricchi stiano tornando a perseguire questi stili di vita. Cibo biologico, acqua pura, una passeggiata su a Montevecchio ogni mattina. Tutto perché la scommessa è di vivere fino a kent’annos. Il DNA: quello buono tocca ereditarlo, che nei supermercati biologici ancora non è in vendita.

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