di Bruno Culeddu
La Cineteca di Bologna aprirà la giornata dedicata al Cinema Sardo con la proiezione di IO SONO QUI di Mario Piredda, recente Primo Premio al Festival “Filmando a Figuralia”, di San Giovanni Persiceto. Per la FASI la riproposta del cortometraggio di Mario Piredda è un gradito ritorno. IO SONO QUI infatti risultò vincitore per la sceneggiatura del terzo premio al concorso “Storie di emigrati sardi”, un bando promosso nel 2009 dalla FASI in collaborazione con la Società Umanitaria – Cineteca Sarda. La disoccupazione, l’emigrazione giovanile, la guerra nel Kossovo e il dramma delle bombe all’uranio impoverito fanno da sfondo ad una storia raccontata con grande sensibilità e delicatezza. L’opera, per le tematiche trattate, merita di essere ripresentata nelle nostre sedi di emigrati. Per conoscerlo meglio abbiamo posto alcune domande a Mario Piredda che si è prestato a rispondere con grande disponibilità.
La prima domanda è quella di rito: chi è Mario Piredda? Originario di Badesi, sono nato a Sassari nel 1980. Nel 1999 mi trasferisco a Bologna dove lavoro free-lance come regista, operatore e montatore video. Mi sono laureato all’università Dams indirizzo cinema. Nel 2005 ho vinto il concorso “AVISA” Antropologia Visuale in Sardegna promosso dall?ISRE e ho girato il cortometraggio “Il Suono Della Miniera”. Faccio parte di Elenfant Film, casa di produzione indipendente bolognese, con cui nel 2010 ho diretto il cortometraggio “Io Sono Qui” realizzato con il premio del concorso “Storie di Emigrati Sardi” voluto dalla FASI, nomination al David di Donatello nel 2011, al Cinemed di Montpellier, al CurtaCinema di Rio De Janeiro e vincitore di circa settanta festival. “los aviones que se caen” è il mio ultimo lavoro, girato a Cuba e prodotto da Eventidigitali Films in collaborazione con Elenfant Film è attualmente in distribuzione. Ho vinto vari premi sono stato in selezione in molti festival Internazionali tra cui San Francisco Indipendent Film Festival, Festival Internacional de Cortometrajes de São Paulo e Festival Internacional de Cine de Valencia.
In “Io sono qui” ha affrontato con grande sensibilità e delicatezza una realtà difficile e un tema spinoso. Che necessità lo ha spinto a scegliere questa storia? La sceneggiatura di IO SONO QUI è stata scritta insieme a Carola Maspes. Abbiamo deciso di partecipare al concorso “Storie di emigrati sardi”, un bando promosso nel 2009 dalla Regione Sardegna, dalla FASI e dalla Società Umanitaria – Cineteca Sarda. La sceneggiatura ha vinto il terzo premio. Il tema del concorso era appunto l’emigrazione. Ho trovato nell’arruolamento volontario un tipo di emigrazione riguardante la mia generazione. Dagli anni novanta ad oggi, purtroppo, vi sono state fra le più svariate guerre (Iraq, Somalia, Ex Jugoslavia, Afghanistan). L’abolizione della leva obbligatoria e l’introduzione dello stipendio militare ha portato soprattutto nel sud Italia ad un numero elevato di domande per arruolarsi. Le guerre si sa portano dei profitti economici e qui si intuisce la necessità di intervento dei contingenti italiani. Io non metto in dubbio che per alcuni l’arruolamento nasca da un patriottismo sfrenato e un profondo senso della difesa, ma sinceramente credo che per molti sia l’alternativa più prossima alla disoccupazione e all’alienazione sociale. Ne ho sentiti molti come il protagonista Giovanni dire: “Almeno li 3 milioni al mese me li danno”. Così è nato il progetto Io Sono Qui cercando appunto di raccontare questo tipo di emigrazione temporanea e contemporanea. L’altro tema importante è quello delle contaminazioni da materiale radioattivo. L’uranio impoverito ricavato dallo scarto delle centrali nucleari e utilizzato come materiale bellico, purtroppo ha causato centinaia di morti e migliaia di malati che però non fanno notizia. Già in sceneggiatura l’intento era di raccontare questa vicenda con leggerezza, evitando un discorso politico o di denuncia, più adatto su un documentario di inchiesta, concentrandoci sugli aspetti umani e provando a raccontare per immagini l’amicizia e la mancanza, veri temi del cortometraggio.
Sono sempre più numerosi i giovani che lasciano l’Isola alla ricerca di lavoro e di riscatto sociale. Cosa direbbe ad un giovane sardo che volesse intraprendere la carriera nel cinema? E’ una domanda molto difficile, non credo di essere nella posizione di poter dare consigli. Devo ancora capire qual è la strada migliore. Posso raccontare la mia esperienza: io sono andato via a 18 anni, e mi sono trasferito a Bologna per studiare cinema al Dams. Niente cineprese, niente set, solo teoria. Avevo voglia invece di fare qualcosa di pratico. Ho iniziato quindi le prime esperienze sui set e i primi cortometraggi tra amici. La fortuna è che a Bologna ho trovato un gruppo di persone con cui sono cresciuto, un gruppo di amici con cui lavoro con cui vado al cinema, con cui parlo di cinema, in realtà non abbiamo altri argomenti se non film, cineprese, nuove videocamere, formati e nuovi supporti, la fotografia di quel corto, il montaggio di quel documentario ecc. ecc. Siamo insopportabili visti da fuori. Ecco forse se hai delle buone idee ed un gruppo di persone con cui lavorare e condividerle non credo sia necessario andare via. Se poi qualcuno è intenzionato a muoversi l’unico mio consiglio è “Non fermarti in Italia”.
Ci può parlare dei suoi attuali e prossimi impegni? Qualche anno fa ho girato un cortometraggio a Cuba dal titolo “Los aviones que se caen” prodotto da Elenfant Film ed Eventidigitali Films. Sono molto soddisfatto del lavoro che ha fatto il giro nel mondo partecipando a tantissimi festival e ricevendo riconoscimenti. La prima del corto è stata fatta al Festival del Cinema di Valencia, una bella vetrina che l’ha portato poi in tutto il mondo. Questo grazie anche alla distribuzione per mano di Adam Selo che cura l’Elenfant Distribution. La distribuzione è fondamentale per la vita di un film, corto o lungo non importa. Spesso infatti viene trascurata e ci si ritrova con il dvd impolverato sulla libreria. Adesso sto cercando di produrre un nuovo cortometraggio, purtroppo ho molte difficoltà a reperire fondi ma anche questo è un percorso che oramai conosco, per tutti i lavori è la stessa lotta.
Anche in Italia il “corto” si sta imponendo per il crescente livello qualitativo e anche i più acclamati registi si cimentano nel cinema breve. Rientra tra i suoi progetti anche il lungometraggio? Non nego che il lungometraggio è il traguardo che vorrei raggiungere. Non ho fretta, ci proverò appena avrò fra le mani una storia che mi piace, quando ci sarà davvero l’urgenza di metterla in scena.