di Paolo Pulina
A Como, presso Villa Olmo, nel pomeriggio di sabato 25 gennaio 2014, la FASI (Federazione delle 70 Associazioni Sarde in Italia) e il Circolo culturale ricreativo “Sardegna” di Como, con il patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna-Assessorato del Lavoro e del Comune di Como, hanno organizzato il seminario “Emigrazione sarda: prospettive della rete dei Circoli e politiche regionali”.
Dopo i saluti da parte di Paolo Cristin, presidente del Circolo, l’ avv. Giuseppe Fadda ha coordinato lo svolgimento dei lavori. È intervenuto per primo Aldo Aledda (vice presidente nazionale UNAIE – Unione Nazionale Associazioni Immigrati ed Emigrati); ha fatto seguito Tonino Mulas (vice presidente della Consulta per l’Emigrazione della Regione Sardegna). Serafina Mascia (presidente FASI) ha tratto le conclusioni del dibattito dopo aver interloquito via Skype con Pietro Pittalis (capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale), delegato dal candidato presidente Ugo Cappellacci (Centrodestra) e con due candidati alla Presidenza della Regione Autonoma della Sardegna (Michela Murgia, Sardegna Possibile; Francesco Pigliaru, Centrosinistra), dato che il dibattito di Como, programmato da tempo, ha finito per cadere nel pieno della campagna elettorale per le elezioni regionali in Sardegna, fissate – contro le prime previsioni – non a marzo ma per il 16 febbraio.
Aldo Aledda ha ricordato di aver presentato i suoi primi due libri sui temi oggetto dell’incontro (“I sardi nel mondo: chi sono, come vivono, che cosa pensano; prefazione di Bachisio Bandinu, Cagliari, Dattena, 1991, pp. 200; “La sfinge di carta: guida ragionata nei meandri del potere politico e burocratico della Regione sarda”, Cagliari, Stef 1994, pp. 200) proprio a Como durante la presidenza della compianta Franca Montesu.
Per Aledda, che è stato per molti anni direttore del Fondo Sociale – e che oggi è, come si è detto, vicepresidente nazionale UNAIE – occorre che sul piano della legislazione sarda in materia di emigrazione emergano nuove idee! Gli duole constatare che le sue elaborazioni per i diversi piani triennali sono state riprese pedissequamente senza impostare una base programmatica improntata al cambiamento.
I primi interventi del 1965 hanno avuto il merito di aver fissato una normativa ma poi questa, dopo la legge regionale n.7/1991, non è stata più adeguata ai tempi, quindi è diventata sempre più inefficiente e di conseguenza è inevitabilmente arrivata la sclerosi della complessiva organizzazione (uffici regionali e Circoli).
È un fatto storico che i Circoli, indubitabilmente nati per iniziativa dei partiti politici
della sinistra (in particolare PSI), hanno svolto un importante ruolo socio-assistenziale nel creare luoghi di aggregazione e, appunto, anche di assistenza per i sardi “de su disterru”.
Niente di paragonabile in ogni caso alla situazione attuale in cui, secondo indagini internazionali, di fronte a un orizzonte indubbiamente globalizzato sono forti le pulsioni degli “emigrati” italiani in giro per il mondo a “consumare” i beni materiali
(a partire dai prodotti alimentari) e immateriali della propria regione di origine.
Anche la rete dei giovani sardi nel mondo, se vuole essere protagonista di innovazione e quindi di successo, non può trascurare di lanciare la sfida in questo contesto internazionale.
Aledda ha sottolineato che non si può non tenere a mente la lezione del flop totale che risultò l’investimento delle risorse resesi disponibili dopo l’abolizione nel 2000 del Fondo Sociale: si pensò che creando degli uffici in alcune capitali europee e extraeuropee supersviluppate si potesse dar vita a una facile penetrazione dei prodotti sardi nel mercato internazionale. Ebbene, l’assenza di figure manageriali vere tra le persone incaricate di una così ardua impresa economica non poteva non portare, come appunto avvenne, al fallimento dell’iniziativa.
Spesso nel mondo dell’emigrazione (ma anche in Sardegna) si sono dati numeri alquanto esagerati relativamente alla consistenza dei sardi emigrati e in un certo periodo ci fu anche la tentazione di diventare attori nell’agone politico regionale.
Il misero riscontro elettorale registrato dagli emigrati che si erano voluti contare fece capire ai responsabili politici che i Circoli erano privi di “peso” politico.
Un sociologo di fama come Robert D. Putnam conferma che l’associazionismo è in crisi in tutto il mondo. Oggi siamo di fronte al fenomeno della mobilità dei popoli (non solo dei nativi di qualche regione delle dimensioni della Sardegna); l’emigrazione va vista in collegamento con l’immigrazione: la Sardegna, terra di emigrazione, non può non tenere conto che non ha senso chiudere le frontiere a chi arriva per sostituire i nativi in mansioni e lavori da essi ormai rifiutati. Aledda auspica che si faccia un’indagine in grado di documentare la consistenza e l’impatto nel mondo sardo dei trasferimenti di denaro attuati dagli emigrati.
Tonino Mulas ha evidenziato l’enorme diversità che esiste nel mondo dell’emigrazione sia a livello internazionale sia a livello italiano. Oggi i Circoli tradizionali, soprattutto all’estero, costituiti da una specie di monocultura sociale (operai in massima parte), rischiano l’estinzione.
Il futuro sono i giovani e quindi ci vogliono progetti di cambiamento. Va riconosciuta la lungimiranza della Regione Sardegna nell’interessarsi degli emigrati. Il vecchio Circolo sociale, che ha svolto una importante funzione di inclusione sociale e anche di assistenza, nella maggioranza dei casi si è trasformato in produttore di cultura. A questo scopo sono stati utili i corsi di formazione programmati qualche decennio fa della FASI.
Oggi i Circoli, animati sempre da volontari, devono organizzarsi per coniugare il non profit con l’ “imprenditorialità”. Lo si è cominciato a fare per la bigliettazione per la Sardegna, che ha anche risvolti di incentivazione turistica; occorre farlo nel campo della acquisizione dei prodotti. È fondamentale un impegno legislativo all’altezza dei tempi se si vuole mantenere la rete organizzata dei sardi nel mondo, ma i Circoli devono anche pensare che le vie del finanziamento delle proprie attività non possono derivare solo dalla Regione: occorre puntare anche su forme di autofinanziamento.
Pietro Pittalis. Ha esordito dicendo che quando si parla di emigrazione non bisogna dimenticare che si parla di persone, come il padre emigrato in Belgio (dove Pittalis è nato), geloso “conservatore” in famiglia dell’identità culturale della propria terra di origine. È immorale, per questo, a suo avviso, che si voglia razionalizzare in Regione Sardegna tagliando i fondi per l’emigrazione.
A proposito di quella che dovrebbe essere la politica della Regione nei confronti dei giovani sardi che emigrano, Pittalis ha affermato l’utilità di esperienze come quelle del Master and Back; ha riconosciuto che è necessario che la Regione investa in questo ambito e che verifichi le possibilità del ritorno dei giovani nell’isola.
Per ciò che riguarda l’attuale organizzazione, Pittalis ha dichiarato che i tempi sono maturi perché l’emigrazione sarda non sia incardinata tra le competenze dell’Assessorato del Lavoro. In questa battaglia lui ha detto che ci sarà: ha concordato con chi sostiene che occorre istituire un Dipartimento dedicato presso la Presidenza della Giunta regionale, studiandone la struttura in accordo con la Consulta per l’Emigrazione e con l’Emigrazione organizzata.
Pittalis ha sottolineato la positività dell’impegno unitario dimostrato dalle diverse componenti politiche presenti in Consiglio regionale nell’intervenire tempestivamente per alleviare le sofferenze causate dal disastro alluvionale che ha colpito la Sardegna il 18 novembre.
Michela Murgia. I sardi, residenti o emigrati, sono una comunità di destino. I giovani che vanno a formarsi all’estero non dimenticano la propria lingua. A lei è capitato di parlare in sardo a Londra e a Barcellona e vedere la commozione nei volti dei giovani conterranei emigrati. La Regione Sardegna deve mettere in sicurezza i capitali immateriali che questi giovani rappresentano e deve evitare che essi abbiano la delusione di veder svanire ogni prospettiva di ritorno accompagnato da un giusto riconoscimento delle competenze acquisite. Una terra che non investe in cultura non ha un futuro. È indispensabile in questa direzione un patto dei saperi e dei mestieri. La Sardegna non è periferia ma centro del mondo. I giovani sardi che sono in “su disterru” costituiscono un gruppo strutturale di sapere alto; allo stesso tempo in Sardegna arrivano giovani che nelle nostra isola individuano quantomeno una possibilità di sfuggire alla miseria e alla illibertà.
A proposito della continuità territoriale la Murgia ha affermato che è un campo in cui si nota l’assenza macroscopica della Regione Sardegna e che bisogna ridiscutere tutte le convenzioni. La tariffa unica è la soluzione. Bisogna pensare anche alla continuità territoriale per le merci. Fondamentali le microprogettazioni: ha citato i casi di “Liberos” (“Libri/Liberi”, che ha coinvolto organizzativamente un migliaio di persone tra autori, editori, librai, bibliotecari, responsabili di festival e di associazioni culturali) e la sperimentazione, ideata da un gruppo di cittadini, della moneta a chilometri zero Sardex.
Francesco Pigliaru. Su ciò che dovrebbe fare la Regione per i giovani Pigliaru ha richiamato il suo impegno a favore del Master and Back. Si tratta di percorsi di alta formazione che qualche volta possono essere “dolorosi” ma che creano le premesse per un arricchimento fondamentale dal punto di vista umano e professionale.
Nel disegnare gli scenari per garantire un rientro a questi giovani occorre aiutare le imprese sarde a cooperare tra di loro: dieci imprese con interessi comuni possono offrire qualche posto di lavoro, cosa difficilmente possibile per una singola impresa.
I giovani devono studiare le opportunità che si presentano nei mercati stranieri più sviluppati (oggi quelli asiatici). Nel creare canali di commercializzazione di prodotti isolani può essere utile la rete dei Circoli degli emigrati, che quali “ambasciatori” (grazie alla conoscenza diretta dell’ambiente in cui si sono trasferiti) della propria terra d’origine possono certificare la qualità dei suoi prodotti (Pigliaru ha citato l’esempio dei canali attraverso i quali avviene la distribuzione dei prodotti cinesi).
A proposito della continuità territoriale, per Pigliaru, i sardi non possono continuare ad essere sequestrati nella loro splendida isola. Occorre sicuramente pensare a una tariffa scontata per i non residenti. In generale è indispensabile una organizzazione capace di approvare e far rispettare regole a favore dei sardi. Per Pigliaru l’emigrazione sarda nel mondo resta sicuramente una risorsa in favore della quale bisogna rinnovare le politiche.
Dopo gli interventi del moderatore Giuseppe Fadda e di alcuni dirigenti FASI (Gemma Azuni, Antonello Argiolas, Maurizio Solinas, Giovanni Loi), Serafina Mascia ha ricordato il ruolo di protagonista che la FASI ha svolto sui temi della continuità territoriale, della rivendicazione di risorse adeguate per portare avanti i progetti tradizionali (promozione del prodotto sardo, quindi non solo di quello alimentare ma anche di quello intellettuale; promozione della cultura sarda: valorizzazione dei pensatori, degli scrittori, dei registi, degli artisti; pubblicizzazione delle bellezze naturali e delle ricchezze monumentali dell’isola e incentivazione del turismo per interessi naturalistici e per motivi d’arte) e quelli innovativi (bigliettazione a favore dei Circoli; centro tendenzialmente unico di approvvigionamento dei prodotti).
I progetti regionali della cui realizzazione nel 2014 la FASI ha l’onore e l’onere sono particolarmente impegnativi. La grande partecipazione dei Circoli ai lavori del convegno lascia ben sperare sulla loro collaborazione perché questi impegni vengano portati a compimento nel più produttivo dei modi.
Nota finale. Presso l’antisala di Villa Olmo i partecipanti al seminario “Emigrazione sarda: prospettive della rete dei Circoli e politiche regionali” hanno potuto visitare la mostra fotografica dal titolo: “Sardegna anni ’70 – Genti di Torpè e dintorni”, a cura di Ferdinando Longhi e Monique Compain.
S’assessoradu de S’istrutzione Pùblica, Benes Culturales, Informatzione, Ispetàculu e Isport, cun L.R. 44/1993 – Sa Die de sa Sardigna 2013, ha pubblicato la graduatoria dei finanziamenti concessi alle Associazioni culturali e Circoli degli Emigrati, per organizzare una manifestazione in occasione de Sa Die de sa Sardigna, dove, a parer mio, ci sono delle incongruenze enormi in ordine all’entità della cifra concessa ad alcuni e i miseri spiccioli concessi ad altri. Mi si risponderà che la graduatoria è stata stilata in base a parametri previsti dalla legge. Ma questo non basta a giustificare le incongruenze contenute in tali graduatorie, in quanto, se i parametri consentono di far ottenere soldi pubblici previsti per la cultura e la lingua sarda, ad associazioni, che niente hanno a che fare con la Sardegna e la sua cultura, questi parametri vanno modificati subito. Alcune di queste associazioni si presentano con un altisonante nome inglese, il quale da solo basterebbe per escluderle preventivamente in modo netto e categorico. Se hanno privilegiato quella lingua nello scegliere il primo elemento identificativo di una associazione, il nome, appunto, chiedano contributi alla regina Elisabetta o a qualcuno dei suoi eredi. Ne cito qualcuna:
A.S.D. New Academy Dance Ozieri, cui sono stati concessi € 5.900,00, che ha come finalità l’insegnamento del (prendo dal loro sito) ballo caraibico, country line dance, liscio base, two step, triple two step, kazuka che brucia i grassi e tiene in forma, mambo triestino e altre amenità, che col sardo, credo proprio, non abbiano niente a che fare. Non credo (ma onestamente non lo so) sia molto diversa la situazione delle altre associazioni: Rosa D’oro Danze E Fitness € 6.000,00, International Inner Wheel € 2.900,00, i cui Upcoming Events (gli eventi imminenti) sono: Tue 18 feb. Executive Committee Meeting (Martedì 18 febbraio Riunione di comitato esecutivo); mar fri 7 South Asia Rally (venerdì sette marzo Raduno Asia del sud), e la Polisportiva New Towers € 2.300,00.
Ad altre associazioni che, invece, non solo nel nome, ma soprattutto nella quotidianità si battono per il mantenimento ed il potenziamento delle nostre tradizioni, hanno concesso cifre inferiori. Ne cito alcune a caso, prese dalla coda della graduatoria: Associazione San Leonardo Patrono Di Villanova Monteleone € 1.900,00,, Assòtziu Culturale “Sinnos” € 1.100,00, Associazione Dei Sardi Kinthales € 1.100,00, Circolo Dei Sardi “Quattro Mori” Parabiago € 1.000,00.
Ma a nos cherimus ischidare una bona bolta!