di Salvatorica Oppes
Nelle settimane passate, un contributo concreto è giunto a Su Nuraghe di Biella dal Maestro Ilio Burruni: tre acqueforti in favore della Sardegna alluvionata ed una come contributo per i restauri dell’antico oratorio di San Grato di Gurgo, che i Sardi di Biella e i frazionisti di Pettinengo stanno ridonando alla Comunità biellese.
“Vecchio ulivo” è il nome delle opere che verranno messe all’asta partendo da una base di vendita di 250 Euro cadauna. Le offerte possono pervenire direttamente tramite mail all’indirizzo info@sunuraghe.it. Seguirà il contatto diretto e, nel caso, la consegna dell’opera.
Si tratta di quattro opere, con un unico soggetto: “Ilio ha fatto il disegno su carta e un incisore ha realizzato la matrice in alluminio, ne sono state tratte 95 copie numerate e singolarmente firmate dall’autore – afferma la prof.ssa Adele Sogno – Per Ilio è stata un’iniziativa singolare in quanto è un [convinto sostenitore del pezzo unico e raramente ha realizzato delle stampe.
L’idea è nata per l’esposizione di Cuneo del 2012. Nell’occasione, alla mostra era associato un concorso e Ilio avrebbe voluto premiare ciascun partecipante: ha voluto realizzare un’opera che fosse uguale per tutti. In realtà, essendo i partecipanti numericamente molto superiori al numero delle copie a stampa… ha dovuto pensare anche ad altre cose. Il risultato è che tutti i partecipanti un dono l’hanno comunque avuto e ai vincitori, ai segnalati e ai distinti è andata l’acquaforte. È stata un’esperienza interessante”.
Quella dell’acquaforte è una tecnica antica e si chiama così per via dell’acido in cui viene immersa la lastra: l’acido corrode le zone non protette. Poi la si estrae e la si inchiostra; l’inchiostro, sotto la pressione del torchio, passa dalla matrice alla carta.
Con una matrice si può realizzare un centinaio di stampe, poi la qualità scade e la matrice viene distrutta tracciandovi dei segni in modo che la tiratura sia completa e non si possano avere altre copie.
Quando i fogli sono asciutti, l’artista li firma uno alla volta con una matita, dopo aver scritto il titolo, la data, il numero della copia, ecc. Un vero e proprio rito, un procedimento affascinante e i risultati, se tutto viene fatto a regola d’arte, sono pregevoli, anche se il disegno su carta risulterebbe più caldo, a confronto della grafica, che è fredda.
“Per quanto riguarda la poetica – continua la professoressa Sogno illustrando l’acquaforte – quest’opera rientra nel periodo degli alberi, dei boschi, dei rami intrecciati… Un tema che, in nuce, era presente fin dai tempi della Cacciata (1952) e che affiorava di tanto in tanto con un albero solitario, con alberi che fiancheggiavano una casa con i rami spogli… poi l’incendio del Var. Ilio era in Costa Azzurra, era estate. Il cielo d’improvviso si è fatto rosso. Sirene ululavano e fuggivano verso Saint Maxime… Correvano voci che un grande incendio fosse divampato. A pensare in fiamme quei bellissimi boschi, tipici della macchia Mediterranea,…. e la loro popolazione di animali… metteva tristezza, angoscia. Qualche giorno dopo, Ilio passa nei luoghi dell’incendio e a vedere quegli alberi neri, quei prati carbonizzati… che disastro, che pena!!!! Nascono cosi le sue opere sugli alberi, dedicate agli alberi, ai boschi, ai rami. Non piu’ l’albero come elemento compositivo semplice o secondario, ma soggetto principale dell’opera.
Ilio ha un’attenzione particolare per il consueto, per l’aspetto semplice, il gesto di una persona, la casa nata quasi spontaneamente nel paesaggio urbano, l’albero che vive con noi. L’importante è che sia spontaneo, senza preparazione alcuna, senza posa; e l’albero di sicuro ha queste caratteristiche: ecco perché lo incanta e lo ispira”.
Scheda dell’Artista
Ilio Burruni (Ghilarza – Sardegna – 25 aprile 1917). A otto anni si trasferisce con la famiglia, a Chieri, alle porte di Torino, dove, nel 1927, inizia la sua formazione artistica: allievo del Barone Manno (avvocato e pittore di temi sacri); a Pavarolo, conosce Felice Casorati e gli sottopone i suoi primi lavori ad olio.
Ottenuta la maturità Classica al Liceo di Chieri e quella Artistica a Torino, si laurea in Giurisprudenza per compiacere la famiglia, ma segue contemporaneamente il corso della libera scuola del Nudo all’Accademia delle Belle Arti di Torino.
Nel dopoguerra, dal 1951, è ceramista a Buenos Aires e in questa città avrà luogo la sua prima personale di pittura. Dal 1954, è a Rio de Janeiro. Il Brasile sarà il luogo di due distinti periodi artistici. Nel primo svolge l’attività di ceramista e di pittore; nel secondo, si dedica interamente alla pittura esponendo le sue opere in diverse personali e in alcune collettive insieme ad artisti quali Volpi, Dijanira, Guignard, di Cavalcanti…
Tra il 1955 e il 1965, conosce Portinari, Iberè Camargo, Berti, Bruno Giorgi, Jorge Amado. Con alcuni di loro instaura un dialogo artisticamente costruttivo. Nel 1962, torna ad esporre anche in Europa (Francia e Italia). Dal 1967 risiede in Francia e, nel 1969, apre uno studio a Torino ed espone sia in Francia sia a Torino, dove intrattiene contatti con i critici Renzo Guasco, Marziano Bernardi, Angelo Dragone.
Dopo il 1980 torna in Brasile, espone in diverse personali e, nel contempo, insegna disegno e pittura al Gama Filho di Rio de Janeiro. Nel 1987 rientra in Italia e da alcuni anni risiede in un boscoso paesino sulle colline biellesi, alternando brevi soggiorni in Francia.