Su “Repubblica” del nove di novembre Giampaolo Visetti dà ampio risalto di uno scandalo perpetrato da un senatore giapponese di 38 anni, tale Taro Yamamoto, che ha osato consegnare una lettera nelle mani dell’imperatore (per questo bandito a vita da ogni futura cerimonia imperiale). La lettera dello scandalo conteneva la preghiera di non dimenticare la popolazione e in particolare i bambini di Fukushima, tuttora esposti alle radiazioni dovute allo tsunami del 2011 che ha innescato la crisi del reattore nucleare tutt’altro che risolta. E’ pur vero che i giapponesi devono ancora digerire il discorso radio dell’allora imperatore Hiroito, il babbo dell’attuale ottantenne Akihito, in cui li informava, era il 1946, della cessazione divina della sua natura; a seguito del bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki. E se un popolo crede, da millenni, che l’essere umano è elemento della natura situato tra infiniti altri elementi naturali che interagiscono fra loro e che tra questi esistano delle “divinità” dette kami: “può essere venerato come kami lo spirito di un guerriero morto in battaglia, una cascata, l’imperatore che rappresenta il Giappone, il monte Fuji” (vedi G.Forzani, filosofia giapponese nell’enciclopedia filosofica Bompiani, pag.4214) non saranno questi ultimi sessanta anni che faranno mutare opinione all’opinione pubblica. Pensate che Hiroito non poteva nemmeno essere guardato in faccia ed è rimasto sul trono del crisantemo fino al 1989. Gli altri due firmatari del patto tripartito RoBerTo(Roma-Berlino-Tokio) del ’40, Hitler e Mussolini, a memoria dei più giovani, sono finiti come sapete. Insomma Taro Yamamoto, invece dell’inchino protocollare (sarà che per gli standard giapponesi, e anche italiani, è un senatore “giovane”) ha voluto sottolineare che “l’imperatore è nudo” e che, per la più ricca democrazia dell’Oriente è uno scandalo che le popolazioni ancora orbitanti attorno alla centrale nucleare di Daiichi sino praticamente allo sbando. La stessa indignazione mostra Morimi Kobayashi, a Milano era il 13 di ottobre scorso : lei, presidentessa di “Orto dei sogni” che , come dicono loro, ha l’ambizione di coltivare i sogni dei bambini di Fukushima in Italia e segnatamente in Sardegna, questo è il secondo anno che fanno tappa a Marrubiu. Per chi naviga in internet su ortodeisogni.org tutto può meglio vedere sulla vacanza di questi quindici bimbi ( due di loro qui anche l’anno scorso hanno fatto da mediatori culturali) che si sono strafogati di cibo naturale, hanno coltivato un orto biologico, giocato a golf a “Is Arenas”, giocato a pallone con pari età sardi ( e scommetto che hanno perso di brutto) e poi ancora a cavallo e al mare di “Is Aruttas”. Imparato a fare e cucinare ravioli sardi, fotografato tutto il fotografabile. Nei loro “pensierini finali” tutto il rammarico di un’esperienza così irripetibile in casa loro. Le acque del loro mare contaminate ancora adesso da tonnellate di quella radioattiva che serve a raffreddare le barre di combustibile nucleare, che diversamente collasserebbe in un processo dai risvolti fin impossibili da immaginare. Di questi giorni il tentativo di spostare le barre incriminate. Dice Morimi che in Giappone questi bimbi sono stati dimenticati. Pochi sono gli esami clinici a cui siano stati sottoposti. Dietro di lei scorrono le fotografie di Soma, 45 chilometri da Fukushima, tutto è ancora abbandonato, le foto sono recenti e assolutamente disperanti. Poi scorrono le foto di Marrubiu dove i piccoli giapponesi “ricominciano a fare i bimbi”. Tanti i contadini del posto che donano frutta, pesce, pasta. Giocano con gli aquiloni, vanno a cavallo, sgranano gli occhi alla “Sartiglietta”, preparano il sushi per un “Arigato party”. Per non soffermarci solo sui dati psicofisici, pure importantissimi, Morimi dà conto di una tabella che dimostra in maniera scientifica gli effetti benefici di questo mese sardo: la concentrazione dei radionuclidi cesio 134 e potassio 40 nelle urine di tredici di questi bimbi è passata da un valore di 0,273 a 0,155, scendendo dunque del 43%. Tra questi quindici vi sono casi ancora più estremi, se possibile, uno di loro ha concentrazioni di cesio molto più alte degli altri, il padre era allevatore e le sue mucche sono state naturalmente abbattute, ora lavora come operatore per la decontaminazione. Le stesse zone contaminate sono tutt’altro che omogenee, i radionuclidi hanno seguito le correnti del vento e quindi vi sono aree a nord con altissima concentrazione di radioattività. Tutti gli americani che vivevano nelle vicinanze si sono spostati di almeno 80 chilometri. Nelle foto scorrono i sacchi blu pieni di terra radioattiva, paiono le ecoballe strapiene di ogni rifiuto che la regione Campania ha accumulato nella messianica attesa di poterle, un giorno, bruciare in qualche “ecologico inceneritore”. Si vede un contatore Geiger che segna un valore di 7,34 microsivert all’ora, 30 volte di più di quanto il governo si premuri di divulgare. Tenendo conto che per il corpo umano sono sufficienti 5 millisivert in un anno per entrare in sofferenza si spiegano i numeri dei casi di tumore alla tiroide riscontrati su 216.809 minori ( dai 2 ai 21 anni) esaminati: 18. In Italia ne abbiamo 3 casi per milione d’abitanti. Non è esagerato dire che il Giappone sta sacrificando i suoi bambini. Non solo, si sta pericolosamente avvicinando al limite di stoccaggio delle scorie radioattive: ne ha già 23.000 tonnellate, il 73% delle sue possibilità. Che ci sia risparmiato il trasbordo delle terre di Fukushima in qualche stato africano dalla democrazia mai pervenuta. In Giappone restano attive una cinquantina di centrali nucleari e il neo premier Shinzo Abe è stato eletto su una piattaforma che prevede la ripresa della politica energetica che ha il nucleare a nucleo portante. Morimi Kabayashi dice della sua esperienza in Giappone di una settimana fa: ha incontrato un’operatrice di soccorso della Croce Rossa che ha un’abitazione provvisoria e una tiroide mal messa. I bimbi di Fukushima, dice quest’ultima, non hanno avuto nessun esame clinico fino a tre mesi fa. Bevono l’acqua del posto, giocano con la terra del posto. Quest’anno Claudio Carta che in qualità di vicepresidente dell’associazione italo-giapponese è stato, fin da subito, l’anima sarda portante di questo progetto e l’anno scorso ha trovato il sito d’accoglienza, le relazioni politiche che l’anno permessa, insomma ha dato corpo al sogno con la sua presenza giornaliera, si trovava in Indonesia per lavoro. Sue ambasciatrici facenti funzione in loco la moglie giapponese Kayo Tokunaga e la loro figliola Sara. Sara che ha nonno a Riola Sardo e anche zii e cugini, si avvia coi suoi dieci anni ben portati a essere una perfetta operatrice culturale ( come lo è papà del resto) capace di interloquire in giapponese, che studia qui a Milano, ovviamente in italiano e, passabilmente, in sardo ( ma conta di migliorare molto col tempo). Faccio giusto in tempo a chiederle se qualche volta le capiti di sognare in giapponese, e la risposta è ovvio che sì. Qui si muove come un furetto con gli stivali “da grande”, l’orecchino che spunta dai capelli nell’orecchia sinistra, capelli che diresti che più neri non si può se non li avvicinasse a quelli di mamma. Elegantissima comunque in una “mise” grigia a fare da pendant alla giacca del babbo davvero di taglio impeccabile. Sono naturalmente in cerca di soldi perché anche l’anno prossimo si possa replicare l’esperienza in terra sarda, questi dell’orto dei sogni. Una buona notizia è che per lor verrà a suonare qui a Milano il musicista e compositore giapponese Ryuichi Sakamoto, dice di lui Google: tra i primi a fondere musica etnica orientale con sonorità elettronica occidentale. Pagina in Wikipedia che racconta del suo Oscar dell’87 per le musiche dell’”Ultimo imperatore” di Bertolucci. E speriamo che anche questo imperante in Giappone sia l’ultimo per cui sia scandalo ricordargli che i bimbi di Fukushima vogliono essere trattati come i bi
mbi sardi di Marrubiu, provincia di Oristano, isola di Sardegna.
DIMENTICARE LE RADIAZIONI NUCLEARI CON IL CLIMA MITE DELLA SARDEGNA: I BAMBINI DI FUKOSHIMA IN GIAPPONE VOGLIONO VIVERE COME QUELLI DI MARRUBIU
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