Si dice spesso, citando un celebre aforisma di Edgardo Lorenz, (che a sua volta era stato ispirato da un geniale racconto di Ray Bradbury) che il battito d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un uragano in Texas. La lezione di questa alluvione sarda, se mai saremo in grado di recepirla, è che la catastrofe di novembre è iniziata molto tempo fa, magari mezzo secolo fa, quando si è concessa un’autorizzazione edilizia per una casa costruita nel greto di un fiume, rendendo possibile – cioè – l’esistenza di un edificio che dopo cinquant’anni diventa un potenziale bersaglio di una bomba d’acqua. Oppure la catastrofe è iniziata solo l’estate scorsa, quando per esempio anche noi abbiamo accettato, senza protestare, che la politica dei tagli e del rigore, decimassero la flotta dei Canadair che servono a spegnere gli incendi, quegli stessi roghi che d’estate pongono le condizioni perché durante l’inverno il territorio finisca per collassare. Oppure la catastrofe diventa possibile quando le strade dei paesi hanno i nomi dei fiumi, non per qualche virtuoso omaggio onomastico, ma perché li contengono letteralmente, intombati, sotto il loro manto stradale, come abbiamo scoperto in molte città italiane da Genova a Olbia. Dobbiamo cambiare mentalità, dobbiamo pensare alla farfalla. La filosofia del condono ci porta a credere che il denaro estingua il rischio, che se uno paga l’ammenda per un abuso si mette per sempre in regola: mentre l’alluvione sarda ci deve insegnare che la precarietà non si mette a norma, che finché non risolvi il problema che si è creato sul territorio, la minaccia, in caso di alluvione, resta sempre dietro l’angolo. Fra le tante cifre che ci ballano davanti agli occhi in queste ore, fra le tante cifre che si ricordano, ce n’è una che ci deve far riflettere, e che andrebbe scolpita, anche nei fumosi discorsi dei responsabili istituzionali: per ogni miliardo di euro speso in prevenzione, in questo paese, ne spendiamo due e mezzo di emergenza. Spendiamo tardi e male, cioè, più del doppio di quello che potremmo spendere subito e bene. E in questa continua rincorsa contro la catastrofe ci dimentichiamo ancora una volta della farfalla che batte le sue piccole ali. L ‘81% dei comuni sono a rischio di dissesto idrogeologico, l’80% delle nostre scuole non sono a norma, persino molte di quelle costruire negli ultimi venti anni. Pensare alla farfalla vorrebbe dire mettere subito a bilancio i 40 miliardi in venti anni che servono per risolvere questa emergenza silenziosa. Imparare dalla catastrofe vuol dire non solo preoccuparsi di quelli che è successo, ma anche di quello che miracolosamente non è ancora successo, ma purtroppo potrebbe accadere. Mi è capitato, da cronista, di ritrovarmi a San Giuliano di Puglia, nella notte in cui i bambini della scuola erano sepolti sotto le macerie, inseguiti dai pompieri, e nessuno sapeva quanti di loro sarebbero usciti vivi o morti. Non potrò mai dimenticare che tra i genitori in attesa, come dei condannati, c’era un padre con la barba lunga e gli occhi stravolti che stava appoggiato alle transenne come uno spaventapasseri a una staccionata. Era il sindaco che aveva deciso la sopra elevazione dell’edificio, e che per quel crollo sarebbe stato in seguito condannato. La condanna più feroce, però, il sindaco la ebbe quella notte, quando scopri che suo figlio sarebbe uscito da quella scuola solo avvolto in una barella a cucchiaio. In quel momento era solo un padre, torturato dal doppio rimorso di aver sbagliato qualcosa, e di aver messo a repentaglio, senza consapevolezza, anche la vita del suo bambino. Ho sempre pensato che parte di quel dramma umano racconti anche il nostro stato d’animo, la nostra difficoltà di capire. Pensare alla farfalla significa prendere questa alluvione sarda come una lezione e non come una cronaca da consumare con enfasi, e dimenticare subito dopo. Significa non accontentarsi della catarsi. Vuol dire piangere meno lacrime di coccodrillo, e mettere a norma quello che non può essere regolarizzato, chiedere più investimenti sul futuro. Prima che la farfalla ci presenti il conto sotto forma di tragedia.
LE ALI DI UNA FARFALLA E LA CATASTROFE: BASTA CONDONI E LACRIME, IN SARDEGNA SERVE PREVENZIONE
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