di Emanuele Cioglia
Sentii Valentina al cellulare, per la prima volta, una domenica di fine estate che scattavo foto ad un matrimonio. Stavo in una villa di campagna, tra aristocrazia e ruralità, davanti ad una caporetto di porchetti croccanti messi a rosolare sopra il terreno, schierati su geniali girarrosto alimentati da un motorino elettrico, vattela a pesca di cosa. Chiacchieravo, come spesso mi accade, con gli addetti ai lavori, in quel caso il pastore arrostitore prestato al business del wedding planner. Adoravo già Valentina, perché di lei ti fidi da subito, bastano tre righe di chat, ma non ne conoscevo la voce. Era ora di sentirci, perché il giorno dopo dovevo partire perla Lomellina, ospite di un Festival Letterario, e lei, manco a dirlo, fungeva da virgilio del sottoscritto verso quell’entroterra padano che poteva essere Purgatorio, Inferno, o Paradiso, ma che, in ogni caso mi interessava molto conoscere. «Pronto ciao Emanuele», mi investì, più del calore delle cotenne, quella voce squillante, con un suono inatteso, spietatamente piemontese, una di quelli accenti che, in genere, mi inducono a riattaccare, perché per noi sardi significano vendite telefoniche, recupero crediti, o al più ignari e lontani connazionali che sbagliano numero. Invece era lei, la sardissima, escalaplanese, Valentina Usala. Professionalissima da spaventarmi, mi parlò come una Hostess da first class; confesso che mi sentii inadeguato. Possibile che fosse la stessa ragazza che chattava cullandomi di emoticon sulle connessioni web? Sì, proprio lei. Perché Vale è così: umanità e ‘drittezza’. Detesto chi parla di donna con le palle, perché quelle come lei non hanno niente a che fare con gli organi genitali maschili, hanno gli attributi femminili, e bastano e avanzano. Una ragazza, quindici anni più piccola di me, che, mantenendo lo slancio incosciente della giovinezza, davvero mi ha insegnato di più di molte barbe bianche.
Comunque il lunedì, esausto di clic, partivo per Orio al Serio, Bergamo. Da lì, sul dorso del Nord Italia, dovevo raggiungere la cittadina dove abita Valentina: Tortona. Dopo un lungo viaggio in treno, stimolantissimo da un punto di vista letterario, mi ritrovai eruttato, col mio trolley, su una larga piazza luminosissima, alle spalle la stazione, a fianco un senegalese che mi chiedeva gli orari dei bus: «amico, mi sa che qui son più straniero di te, comunque leggi questa tabella». Mi sedetti su una panchina, curiosando come mio solito, stupefatto di novità. Qualche istante dopo scese da una macchina una ragazza, non era la hostess che mi aspettavo, molto meglio, aveva un’aria familiare e rassicurante. «Ho lavata l’auto, ma scusa Emanuele, magari è ancora un po’ sporca», ricordo che mi disse invitandomi nel sedile passeggero. Mi venne da risponderle: «bellixedda, ma lo vuoi vedere l’abitacolo di rifiuti indifferenziati in cui viaggio di solito io?» Mi astenni perché all’esterno sono molto più galantuomo che all’interno. «Vuoi mangiare un panino, o un piatto di tagliatelle a casa?». «Fai tu», proclamai democraticamente asettico. Anche se il cafone interiore dichiarava: «secondo te?».
Dopo breve tragitto, in una cittadina ordinata che mi ricordava il quartiere di San Benedetto a Cagliari negli Anni ’80, mi ritrovai in campagna, a respirare un’aria rurale che mi struggeva, avendo vissuto dai trenta ai quarant’anni in un luogo infondo non dissimile. Varcai l’uscio di casa Usala, e la mia Virgilia presentò il Cioglia col naso dantesco ai suoi. La mamma una donna grande, giunonica con moderazione, il babbo sardo col pedigree: Anna Castelli da Viguzzolo e Salvatore Usala da Escalaplano. Bellissimo. Da qui voglio partire per concludere il mio omaggio a Valentina. Già, perché lei, come me, come centinaia di altri ‘sardi’, costituisce un incontro, un’osmosi, un abbraccio di civiltà e culture. Babbo sardo, mamma piemontese con origini siciliane. Vale conserva la determinazione testarda degli isolani, ma una volitività positiva, un’intraprendenza, che, molti di noi ignorano, essendo non iscritta nel nostro dna. Una capacità di empatia, di dichiarare apertamente le proprie emozioni, che a noi balentini ci devono estrarre con le pinze, come i molari il dentista. Viva l’identità del Tottus in Pari dunque, Valentina Usala ce ne vende a tutti, ma arricchita dal porto aperto, dalla Samarcanda di regioni dove gli alberi genealogici innestano nuovi strabilianti frutti: come la mia nipotina adottiva.
Se tua nipotina avesse bisogno di un fazzoletto, zio che fa? Grazie, mi hai commossa per questo tuo omaggio. Un pensiero bellissimo,che proviene da un cuore nobile. Il tuo.
Grazie!
Splendida persona cofermo!!! Stesse sensazioni quando ho avuto il piacere e l’onore di conoscerla.
Grande frari e grande Vale
Le parole con Valentina non bastano più
Anch’io ho avuto il piacere di conoscere Valentina, lei è proprio così, come l’ha descritta il signor Emanuele Cioglia, una persona stupenda, semplice, alla mano, tutti noi Escalaplanesi ne siamo fieri. Grande Valentina!
La descrizione di Emanuele Cioglia mi ha fatto ricordare il modo in cui io l’ho conosciuta. A scuola, si muoveva fra tutti noi come se ci fosse sempre stata. Ha parlato ad adulti e giovanissimi con una semplicità saggia di sapere profondo e poi come dimenticare IL POLLO e le olive per il pranzo dimenticate nel market perchè raccontavamo e ridevamo di tutto come matte nonostante i tanti anni di differenza fra me e lei. Bella e meravigliosa donna , Valentina Usala.
Che bello leggere questo articolo …. per chi conosce Vale può gridare…TUTTO VERO!!!!!! e ancor di più. Grazie Emanuele…Grazie Tottus in Pari e GRANDE VALE…
Complimenti ….bello l’articolo di una grande persona. saluti da Livorno
conosco Valentina via FB, ma la descrizione di Emanuele e tale quale a quanto ho sempre pensato di Valentina per chi ho una grande simpatia!