Conoscevo Cristoforo Puddu dagli anni Ottanta. Ci si incontrava ai concorsi di poesia in vernacolo, all’Ozieri, al Romangia e ad altri di cui ora mi sfugge il nome, per ritirare i premi. Erano tempi belli, pieni di gioia, di libertà e spensieratezza. La giovinezza era un tripudio d’allegria, poesie d’incanto, d’amori sognati e trasognati.
L’ultimo libro di Cristoforo “La casa del poeta” (Edizioni Nuova Tipografia Popolare – Pavia, pagine 128, euro 10,00) in italiano, è un inno all’amore, uno scoppio improvviso di piacere. Tutto attraente e simpatico per le varie tematiche; nella seconda parte della raccolta vi sono liriche dedicate solo all’amore, delicate, ben calibrate, con assonanze, consonanze, rime interne e stile.
Il Puddu è un poeta esperto nel connotare i versi dandole il tocco, l’incanto celeste, la malia, il ritmo e l’armonia. Ed è l’arte della poesia. I versi di Cristoforo sono “onde d’amore” e come lievi onde di mare ti carezzano dolci il volto e lo spirito dell’anima. “La conchiglia – come il cuore – s’empie di desideri e speranze”, perché, dentro, se ascolti, senti la tremula musica del mare e “nella trasparenza profonda dell’onda hai celato inesplorati piaceri. Leggera brezza di mare.” – scrive il Puddu – che scompiglia il cuore col bacio dell’amore, nel suo infinito incanto: il mare della Sardegna, patria nostalgica del poeta.