di Elisa Sodde
Antonio Cauli, classe 1947, di Sant’Antioco (CI). Un artista puro, autodidatta, speciale. Ma lui non ama definirsi artista né, tantomeno, “maestro”. Schivo, diretto e di poche parole, predilige la semplicità e, semplicemente, si definisce “artigiano della materia”.
Antonio, come emerge in te l’esigenza di dedicarti alla scultura? In realtà, emerge solo in tarda età poiché ho dovuto dedicare la prima parte della mia vita al lavoro che mi ha visto migrante in Pianura Padana per tanti anni. Agli inizi degli anni ottanta il mio rientro a Sant’Antioco è coinciso con la voglia di trasformare la materia e di dare vita a ciò che custodivo dentro di me.
A cosa ti ispiri per la creazione delle tue opere, molte delle quali sembrano esser realizzate da uno scultore vissuto in un’epoca non certo contemporanea? Tutto nasce da un sogno molto particolare che feci a metà degli anni ’80 quando, appunto, ho iniziato a dare vita alle mie prime opere. Ho iniziato provando a scolpire qualche ciottolo di mare e il risultato è stato davvero strabiliante ed inatteso per me. Era come se dentro di me sentissi che qualcosa mi stesse assistendo mentre scolpivo quelle pietre, mi stesse indicando una direzione, suggerendo delle idee e questo mi ha spronato a continuare. Ho scoperto che dentro i ciottoli c’erano forme di personaggi antichi, proprio come li avevo sempre immaginati: faraoni, sfingi, donne egiziane, guerrieri e donne di epoca romana, per poi arrivare alle donne sarde in costume tipico, al nostro Santo Patrono, Sant’Antioco, ecc, ecc.
E la scultura dedicata ad Andrea Parodi, com’è nata? Io adoro Andrea parodi, la sua musica, la sua poesia, la sua “sardità”. Dopo la sua morte volevo fare qualcosa che lo ricordasse, ma io non sono un ritrattista, come hai capito, cerco di dare un’anima alla materia che occasionalmente trovo. Un giorno mi sono imbattuto in una bellissima radice di olivastro selvatico, mi sono reso conto di avere tra le mani le radici della nostra terra: ne percepivo il profumo; ne ho studiato la forma, così ho chiuso gli occhi ed ho visto ciò che poi ho realizzato. Per me quindi è stato importante mettere insieme questi elementi per fare un omaggio a Parodi: radice, terra, il profumo aspro e selvaggio dell’ulivo. Insomma, aveva già fatto tutto la natura!
Come si è evoluta negli anni la tua ricerca stilistica? Non posso dire che la mia ricerca abbia avuto un’evoluzione. Sarei un ipocrita a definirmi un artista che studia, ricerca, per arrivare ad un traguardo prestabilito. Non vorrei peccare di presunzione nel dire che la mia ricerca e il mio arrivo coincidano con il punto di partenza. Mi spiego meglio: nei miei lavori, in genere – come già spiegato – mi ispiro al passato, cerco di dare forma, eliminando la parte eccedente della materia per poi far emergere ciò che è contenuto all’interno della materia che ha attirato la mia curiosità e la mia immaginazione. Io faccio ben poco, sta tutto dentro, devo solo liberalo e questo per me è non un qualcosa di evolutivo bensì un punto di arrivo.
Che materiali prediligi e come li lavori? In scultura ho lavorato e lavoro la pietra di ogni genere, il legno di erica, corbezzolo, olivastro e tutto ciò che di naturale trovo durante le mie passeggiate, quindi materia rigorosamente sarda. La lavoro con gli stessi strumenti che usavano gli antichi: scalpello, martello e pietra dura su pietra meno dura per levigare.
Secondo te cosa manca a Sant’Antioco per favorire gli artisti contemporanei? Sant’Antioco ha avuto grandi opportunità, io stesso ho avuto una grande opportunità. Negli ultimi anni l’arte contemporanea non solo a Sant’Antioco ma nell’intera Sardegna ha avuto un risveglio grazie al nostro concittadino Roberto Lai il quale ha ideato il Premio d’Arte contemporanea “Arciere Isola di Sant’Antioco” curato dal Professor Vittorio Sgarbi: due edizioni a Sant’Antioco; un’edizione al Festival dei Due Mondi di Spoleto; un’apparizione alla Biennale d’Arte Sacra di Venezia e una Biennale di Venezia in Sardegna. Tutto il mondo dell’arte contemporanea ci invidiava questa eccellenza, purtroppo, questo Premio, per quanto ne so, si sta svolgendo in altri paesi del continente e questo grazie all’ignoranza di una piccolissima parte dei nostri concittadini, tanto piccola quanto dannosa, purtroppo!
A cosa ti riferisci in particolare? Preferirei non dilungarmi tanto su questo. L’argomento, infatti, è sotto gli occhi di tutti: invidie, gelosie, cattiverie … Ahimè, nessuno è Profeta in Patria! Poi c’è un problema di mentalità. Ovvero, non c’è la mentalità dell’arte contemporanea, quindi quando va bene – e qui mi riferisco alle giovani promesse – per potersi far notare e sopravvivere in questo specifico settore, si deve andar via da qui. A chi, invece, come me, sceglie di restare nella sua Terra, rimane l’amaro in bocca ed anche un po’ di rabbia per l’occasione mancata e non saputa cogliere fino in fondo perché, insomma, dobbiamo riconoscerlo e rendere merito a chi si è fortemente impegnato e battuto per questo grande progetto di rilancio dell’arte isolana … Qui erano venuti e “su un piatto d’argento” ci avevano inserito nel novero delle eccellenze dell’arte contemporanea nazionale. Chi ha fatto un buon lavoro è l’Associazione Culturale Arciere, ma, ripeto, come tutte le cose ben fatte, se non le vanificano le istituzioni con la loro burocrazia; ci pensano personaggi subdoli in attesa di poltrone che pur di apparire distruggono il buon lavoro fatto da altri e, in questo caso, mi spiace tanto dirlo, hanno prodotto solo danni e sottratto grandi opportunità a tanti artisti e bravi artigiani. Ora, infatti, in questo momento di crisi diventa tutto ancora più difficile, ma la nostra forza è la passione e la passione, quella genuina, non costruita, vince sempre e va oltre tutto e tutti.
Qual è il tuo prossimo progetto? Intanto vivo il presente. Pierluigi Pinna (grafico e fotografo) ha creduto molto in me e sta curando una mostra dedicata alle mie sculture in pietra presso la Galleria “Il Moro – Arte” qui a Sant’Antioco. Io non vivo certo di scultura, diciamo che la scultura è un hobby, anzi permettimi di esprimermi in altre parole: la scultura è una sorta di terapia con la quale riesco ad immergermi in un passato che in qualche modo ho già vissuto, che mi è già appartenuto in altre vite. Ecco, queste sono le emozioni che accompagnano il mio lavoro. Mi chiedi del mio prossimo lavoro. Posso dirti che si tratterà un richiamo ad un personaggio storico del passato, protagonista della nostra preziosa storia riscoperta e riscritta da Roberto Lai, il quale, durante uno dei suoi tanti racconti corredati da riferimenti storici sulla storia della nostra terra, ha stuzzicato in me la voglia di dare vita ad un ritratto inedito che spero tanto possa piacere ai miei compaesani.
Desidero esprimere un grande plauso a questo signore. Signor Cauli mi permetta di fare quindi alcune considerazioni:
La sua è arte, arte pura, da questa intervista si percepisce la sua sardità, la sua modestia e la sua fine intelligenza.
Sant’Antioco deve essere ogogliosa di annoverare tra i suoi concittadini una realtà (artistica) come la sua. Continui su questa strada quella del fare e non quella dell’apparire a tutti i costi.
Brava Elisa Sodde, che hai saputo scegliere e proporre personaggi come Antonio Cauli che quest’isola ha troppo ignorato. In ogni caso complimenti a Te e alla tua rivista è una voce che non conoscevo e che ritengo importante non solo per l’emigrazione ma anche per noi che passivamente ci facciamo sfuggire ciò che abbiamo sotto il naso. La vera forza della Sardegna sono i sardi che stanno lontano dalla loro terra… GRAZIE E FORZA PARIS…. ANZI TOTTUS IN PARI…. Direttore Massimiliano Perlato, grazie e complimenti per queste interviste. COMPLIMENTI PER LA QUALITA’ DEGLI ARTICOLI CHE PUBBLICATI E NON MI RIFERISCO SOLO A QUELLI CHE RIGUARDANO IL SULCIS MA TUTTO CIO’ CHE CON EVIDENTE PASSIONE CI OFFRITE.