di Pier Giorgio Pinna *
Il principe dei giramondo fa finta di non vedere i suoi record. E oggi, con più di 400 viaggi segnalati su passaporti che via via sbiadiscono, fa sempre il globetrotter. Fotografa la natura, i paesaggi, la gente, le città, le campagne, i deserti, le foreste. Col suo instancabile zoom cattura visioni di luoghi remoti, testimonianze della storia, scenari sconosciuti, tradizioni dimenticate, riti oscuri e a volte inquietanti. Dall’Oriente alle Americhe, passando per l’Est europeo. «Ma – dice – le nostre bellezze non sono mai stanco di fissarle nel mio obiettivo: custodisco 16mila diapositive della Sardegna, già trasferite in digitale». Da videomaker fai-da-te minimizza il suo ruolo puntualizzando di non essere mai stato – per ora – in Cina, Giappone, Australia, Polo Nord e Polo Sud. Sì, perché lui, Gino Sani, un passato da perito industriale nei cementifici, non si considera un professionista dello scatto, solo un amatore, ancora carico di passione a 70 anni. Ma con una particolarità cui tiene molto: mettere in musica le immagini. «Per ogni galleria _ spiega _ scelgo pezzi classici o altri brani: colonne sonore che evocano atmosfere raccolte. È un mix omogeneo con le foto: le immagini scorrono come scene di un film». Sani è un personaggio singolare. Non dà peso a quest’unicità, ma la sua è da sempre una vita ricca d’avventure. Ha cominciato a raccogliere immagini nel 1971. Non ha più smesso. Sullo sfondo, tante storie. Che lui racconta d’un fiato: «Una volta, dopo trasferte verso l’Arabia e gli Emirati, ho voluto provare la sensazione del viaggio che gli antichi berberi – i trasportatori del deserto – facevano dal Cairo a Marrakesh attraversando con i cammelli anche i monti dell’Atlante innevati». Poi, via, tra i ghiacci di San Pietroburgo, le coste della Mauritania, i litorali della Sardegna. E, ancora, tra le steppe russe, in Grecia, in Romania, a Santo Domingo, in Costa Rica. A tappe forzate, in diversi mesi, ha fotografato i più bei minareti e le moschee più suggestive, da Turchia e Pakistan sino all’Uzbekistan. Un’altra volta è rimasto per giorni sotto il sole rovente di Dubai, a più di 43 gradi, per riprendere ogni aspetto delle innovazioni tecnologiche di quella città. In un caso, più di recente, la cronaca di queste esplorazioni è rimbalzata dagli Usa alla Sardegna insieme con l’allarme per la sua scomparsa. «Era il dicembre 2012, nel New Mexico, a White Sands, il deserto di gesso più grande al mondo: c’ero andato da solo per riprendere le diverse fasi del tramonto, ma quando è arrivata l’oscurità mi sono perso – spiega oggi con flemma british rievocando quei momenti da brivido – Ho camminato finché ho potuto, vicino a cartelli che con i loro “off limits” ricordano che poco lontano da lì sono state fatte esplodere le prime bombe atomiche. Quando ho visto che il telefonino aveva di nuovo campo, ho chiamato mio fratello in Italia dando indicazioni di massima su dove mi trovavo. Mi ha salvato uno sceriffo: gli avevo segnalato la posizione esatta con i flash della mia Canon». Carrellate di foto in musica: tante storie che fanno la storia di un globetrotter dei nostri tempi.
* La Nuova Sardegna