di Mauro Sanna
Vengo da Cagliari, ma vivo a Bruxelles: così si potrebbe riassumere la mia “condizione” attuale. Una condizione, quella dell’immigrato, che è estremamente comune nella capitale dell’Europa, ma procediamo con ordine. Mi chiamo Mauro Sanna. Circa un anno e mezzo fa, dopo aver conseguito la maturità, ho acquistato un biglietto di sola andata per Bruxelles. Le ragioni che mi hanno spinto a partire in Belgio sono numerose: desideravo studiare in una città diversa da Cagliari, più aperta e più europea; parlavo un tout petit peu de français; un amore italo belga e un grande spirito di avventura mi hanno portato alla felice follia. Felice, di questo ne son certo: nell’ultimo anno e mezzo, malgrado tutte le difficoltà, non c’è stato un solo momento in cui mi sia pentito della mia scelta. La mia principale attività qui a Bruxelles è costituita dallo studio: frequento il secondo anno di Information et Communication all’Ulb (università libera di Bruxelles). L’università belga è strutturata in modo diverso da quella italiana: si privilegia la pratica alla teoria; i corsi, piuttosto che mirare a insegnare grandi quantità di nozioni agli studenti, hanno lo scopo di fornirgli degli strumenti, per approfondire la materia in seguito. Anche gli esami sono organizzati diversamente: non esistono appelli; le sessioni sono tre, la prima a gennaio, la seconda a giugno, più una terza di recupero ad agosto. Se lo studente non riesce a passare tutti gli esami deve ripetere l’anno, anche se ha la possibilità di iniziare un certo numero di corsi dell’anno successivo. L’università è molto cosmopolita, proprio come la città; gli amici e colleghi che frequento nel tempo libero vengono da tutto il mondo: austriaci, greci, congolesi, francesi, italiani. L’elenco potrebbe continuare a lungo. Questa è sicuramente la caratteristica di Bruxelles che me la fa amare così tanto: quando si cammina per le sue strade si respira l’Europa. Ogni giorno, quando salgo sulla metro per andare all’università, m’immergo in una vera e propria Babele di lingue: sono circondato da immigrati, tutti come me, ciascuno con una storia da raccontare. E’ per questo motivo che non mi sono mai sentito “straniero” a Bruxelles: sono straniero in mezzo a stranieri, rappresento un caso assai tipico. L’onnipresenza dell’altro fa in modo che le persone abbiano una grande apertura mentale, che credo sia ancora rara a Cagliari, dove esiste ancora una certa diffidenza verso gli stranieri. Certo, problemi di integrazione esistono ancora, soprattutto con alcuni immigrati extra-europei, tuttavia credo che il razzismo resti un fenomeno marginale, e lo stato promuove varie attività di integrazione. Un altro aspetto che differenzia Bruxelles da Cagliari è il lavoro dei giovani: avere un lavoretto (qui li chiamano job d’étudiants) in parallelo all’università è considerato più che normale. I giovani, in Belgio, cominciano a fare esperienze a partire dai 17 anni addirittura. Quando si va a fare la spesa i cassieri son perlopiù studenti; stesso discorso per i camerieri; alcuni servizi interni all’università sono gestiti dagli studenti. L’università, in particolare, aiuta i giovani a trovare lavori part-time attraverso vari canali, soprattutto grazie ad internet. Anch’io son riuscito a trovare un job: animo dei corsi di conversazione italiana per gli studenti desiderosi di migliorare il loro livello nella nostra lingua. Per quanto riguarda la politica, l’ultimo ventennio della “cosa pubblica” italiana risulta incomprensibile alla maggior parte dei Belgi, che si chiedono come gli italiani siano riusciti a sopportare così a lungo scandali di corruzione, prostituzione e altro. Ma il nostro Belpaese non è l’unico ad affrontare un momento difficile: i riverberi della crisi si fanno sentire anche nel Plat Pays, che è scosso da tensioni separatiste da vari anni. In effetti il Belgio è diviso in comunità e regioni, che circoscrivono varie zone linguistiche: vi si parla il francese, il fiammingo e il tedesco. Negli ultimi anni la Nva (nuova alleanza fiamminga), un partito nazionalista e separatista fiammingo, ha raccolto molti consensi, tanto che molti belgi temono la separazione del Paese nei prossimi decenni. È forse per le complicazioni del sistema federale belga che la burocrazia risulta ben lontana dallo stereotipo dell’esattezza nordica diffuso in Italia: da questo punto di vista non mi son trovato – purtroppo – spaesato. Stando all’estero mi sono reso conto di un fatto: paradossalmente ho cominciato ad apprezzare sempre di più la mia Cagliari, che prima criticavo spesso (a volte a torto, a volte a ragione). Credo che i sardi e gli italiani in generale abbiamo la tendenza di vedere solo il male che esiste nel nostro Paese, mitizzando alcuni Paesi all’estero, immaginandoli come perfetti. La mia esperienza all’estero mi ha insegnato anche questo: apprezzare di più la mia Terra, conoscerla addirittura meglio. In effetti, man mano che passa il tempo, capisco che vivere a Bruxelles, e all’estero in generale, è un’esperienza forte che risveglia domande legate all’identità. Chi sono io? Perché mi presento come italiano, perché mi presento come sardo? Paradossalmente, confrontandomi con gli altri, ho trovato l’Italia e la Sardegna che sono in me all’estero.