di Savina Corriga
Le emigrate italiane in Francia sono citate come esempio della riuscita della politica di integrazione di questo Paese. L’emigrazione economica di massa che ha legato i due Paesi per oltre un secolo, oggi si è conclusa. Tuttavia, nonostante l’evoluzione positiva dei flussi migratori tradizionali, bisogna constatare che la storia della donna sarda e italiana in generale, relativamente alla situazione migratoria in Francia, non è stata ancora scritta. Il suo ruolo attivo è stato filtrato dallo stereotipo di una donna esclusivamente legata alla famiglia e ai figli; considerata come subordinata all’uomo, senza alcuna iniziativa, se ne è occultato il ruolo simbolico ed economico. Nella storia dell’emigrazione non si è tenuto conto del modo in cui le donne hanno contribuito alla riuscita del progetto migratorio. La loro scelta in un primo tempo di non emigrare, si spiega attraverso la strategia messa in atto dalle famiglie, che tendeva al massimo risparmio e accumulo economico per migliorare la posizione di tutti. In questo contesto, quando gli uomini partivano, le donne restavano al paese e assumevano la gestione delle spesso misere risorse economiche, assumendosi la responsabilità dei familiari anziani e dei figli. Ma quando hanno deciso anche loro di emigrare, sovente la loro presenza è stata occultata nel mercato del lavoro ufficiale. Le donne che hanno seguito gli uomini non solo sono diventate operaie non qualificate, ma spesso si sono ritrovate nel mondo del lavoro domestico invisibile, come donne di servizio o balie; oppure hanno lavorato al nero nel settore dell’abbigliamento e della confezione. Oggi se consideriamo l’evoluzione attraverso le generazioni, possiamo constatare una consistente mobilità socio-economica generazionale. Le giovani donne non si distinguono dalle francesi, scolarizzate come queste ultime, sono impiegate nel commercio, nelle professioni intermedie o amministrative. Parallelamente, negli ultimi decenni, c’è stata l’emergenza di nuovi flussi migratori, legati alla mobilità dei quadri e degli studenti. Attualmente, le donne che seguono i mariti in mobilità professionale oppure che arrivano oltralpe indipendentemente dalla logica familiare, sono istruite e non hanno le difficoltà linguistiche delle loro antenate. Queste evoluzioni positive dei nostri flussi migratori non devono far dimenticare che il “genere” costituisce ancora un elemento di disparità sia per le nuove che per le vecchie generazioni. La donna ha un ruolo fondamentale nel costruire il legame tra il passato e il futuro, tra la società di partenza e quella di arrivo poiché è nel mondo domestico che si mantengono la lingua e la cultura. In questo senso, le anziane ricoprono un ruolo importante nel vivificare la memoria migratoria; più numerose degli uomini, con la loro longevità mantengono più a lungo il patrimonio italiano in generale e sardo in particolare, e lo trasmettono alle nuove generazioni, soprattutto quando si occupano dei nipoti. Eppure sono proprio queste donne che con l’età son fragilizzate. Non avendo lavorato o non essendo state dichiarate, quando restano vedove, con la scarsa pensione di reversibilità del marito, hanno difficoltà a utilizzare i servizi francesi poiché hanno vissuto rinchiuse nel loro ruolo tradizionale. Le nuove generazioni conoscono altri problemi. Le nuove arrivate in Francia, pur non conoscendo difficoltà economiche e linguistiche, spesso si ritrovano isolate nel loro mondo familiare, senza alcun contatto con altri connazionali. D’altra parte, manca ancora una presenza delle donne sarde, ma anche italiane, nei settori imprenditoriali che si possa dire rappresentativa delle loro potenzialità. Conoscendo i recenti studi sull’imprenditoria italiana in generale in Francia, possiamo affermare che dietro la creazione delle piccole imprese familiari degli italiani, pochissime appartengono a sardi, ma anche quando queste esistono la presenza delle donne la ritroviamo nella gestione del segretariato e della contabilità. Molto raramente queste piccole imprese sono dirette da donne emigrate. Questi esempi dimostrano che, nonostante la mobilità professionale generazionale, spesso le donne sono in una situazione economica più precaria degli uomini. Ora, si sa che nei percorsi migratori delle donne l’inserimento nel mondo del lavoro è una priorità per una vera integrazione nel paese d’accoglienza e per un completo riconoscimento del loro contributo femminile nella riuscita del progetto migratorio familiare. Inoltre, esso costituisce il filo teso tra i giovani e il paese d’origine. Ormai le donne della seconda e della terza generazione hanno spesso un bagaglio scolastico superiore o universitario, numerose hanno studiato l’italiano all’estero. Esse costituiscono un capitale per diffondere la lingua e la cultura sarda e italiana. Per non far scomparire questo potenziale bisogna mettere in atto una politica di parità che favorisca l’inserimento delle donne nel mondo economico fra l’Italia e la Francia, che trasformi il loro desiderio di non perdere il rapporto con un paese spesso conosciuto solo durante le vacanze, in una doppia cultura del lavoro. Questo necessita la messa in atto di formazioni specifiche che tengano conto dei loro percorsi professionali. Per le nuove generazioni femminili, il legame con le origini non può essere vissuto solo nella sfera domestica, come nelle generazioni passate: è nella sfera del lavoro, a contatto con il mondo francese e italiano, che oggi queste giovani donne sarde, o discendenti di sardi possono affermare la loro identità, costruita fra due Paesi, fra due culture, fra due società. Per sviluppare questo potenziale femminile bisogna tracciare un bilancio della lunga presenza delle sarde in Francia, del loro contributo alla costruzione di questa nazione, delle modalità del mantenimento del legame con il paese d’origine. Ricostruire l’emigrazione attraverso la visione delle donne è importante non solo per capire il loro ruolo nei processi migratori, ma anche per completare la storia dell’emigrazione, per cogliere l’importanza di quest’ultima nella costituzione del mercato di lavoro internazionale, e nei processi post-moderni culturali e sociali. Questo recupero della memoria storica si deve articolare con diversi obiettivi:
- Permettere l’emergenza del ruolo culturale delle donne favorendo un maggior contatto con le istituzioni regionali e nazionali italiane;
- sviluppare le potenzialità professionali e imprenditoriali femminili valorizzando il loro capitale identitario;
- costituire una réseau di donne sarde o di origine sarda a livello nazionale francese ed europeo; questo favorirebbe l’incontro tra le nuove e vecchie generazioni, fra coloro che sono arrivate recentemente e le seconde e terze generazioni;
- potenziare la presenza politica delle donne nelle istanze francesi e in quelle regionali e nazionali italiane;
- valorizzare l’esperienza migratoria femminile sarda per promuovere una politica che contribuisca all’affermazione dei diritti e delle parità di tutte le donne, soprattutto di quelle in situazione migratoria in Europa e nel mondo.
Questi obiettivi si inseriscono nel quadro più generale del movimento migratorio sardo e internazionale, nella speranza di costruire un réseau capace di raggruppare un movimento di donne in emigrazione, nei vari Paesi interessati. La Francia in questo senso può offrire un contributo sostanziale per la sua posizione strategica in questa lunga silenziosa storia femminile.
Molto interessante! Esistono ricerche approfondite in merito?