di Annalisa Atzori
Alla commemorazione del Maresciallo Mario Ardu (vedi Tottus in Pari nr 449 e 451) era presente Michele Castoldi, Assessore all’Identità, Cultura, Sviluppo del Territorio e Governo Partecipato di Lanusei, paese natale di Ardu.
Castoldi ha origini milanesi da parte di padre ma sardo per madre. E’ giovane e non ha vissuto la guerra, ma ne conosce alcuni aspetti, tramite i racconti del nonno materno. Il nonno non era passato alla Resistenza, ma rimasto fedele alla divisa che indossava. Fu catturato dai partigiani: pensava di essere morto, di essere giustiziato come molti altri nella sua condizione. Uno dei partigiani che lo avevano fermato vide che era troppo giovane per avere capacità di giudizio. E gli risparmiò la vita. La guerra si porta dietro tante storie, a volte un piccolo particolare come l’età di un prigioniero può determinare la differenza tra vita e morte. L’Assessore aggiunge che l’Amministrazione comunale di cui fa parte sta tentando di promuovere iniziative culturali che portino al recupero della memoria storica del luogo. Proprio il 27 gennaio, che tutti conoscono come il Giorno della Memoria, è stata riaperta la biblioteca comunale, rimasta chiusa per moltissimi anni, coglie quindi l’occasione per invitare Alberto Ardu (figlio di Mario) a Lanusei, quando sarà dedicata al Maresciallo una via, oppure una targa, un segno tangibile del paese per ricordarlo, ora che ne ha riscoperta la storia prima dimenticata.
Castoldi prosegue il suo intervento raccontando del viaggio che ha fatto con la sua compagna in Polonia. Si sono recati anche al campo di concentramento di Birkenau: niente l‘ha mai impressionato di più, la paura lì dentro si respira ancora oggi. E trova veramente singolare la coincidenza nei numeri: ogni anno vanno a visitare Birkenau un milione e mezzo di turisti, lo stesso numero delle persone che vi hanno perso la vita durante la follia nazista.
Giuseppe Corrà, autore con Renzo Zerbato del libro “All’ombra del forte. San Briccio: fatti, storie e racconti” dandoci così la possibilità di conoscere meglio una delle strutture militari del territorio veronese, molto importante per la gente di San Briccio, frazione di Lavagno, e come già ricordato, fu Mario Ardu il primo Maresciallo consegnatario del forte.
Questa costruzione militare italiana ma edificata secondo un vecchio progetto austriaco, eretta poi contro l’Impero d’Austria, quando al termine della Terza Guerra di Indipendenza (1866) il Veneto fu annesso al Regno d’Italia ma comunque terra di confine, ha condizionato la vita del paese per cento anni, nel bene e nel male. Inizialmente fu forte offensivo, poi trasformato in deposito di munizioni.
Per costruirlo il Genio Militare dovette procedere all’occupazione forzata dei terreni che comprendevano la zona destinata al complesso. Gli abitanti di San Briccio si videro costretti a “subire” questa nuova imposizione. Anche la vecchia Chiesa del paese, la canonica e l’attigua casa colonica furono espropriate e demolite. I lavori, con l’impiego di circa 400 operai, durarono dal 1883 al 1887, con l’inaugurazione alla presenza del principe Vittorio Emanuele, divenuto poi Re d’Italia.
Dopo il 1918, fu destinato a deposito di munizioni. La gente popolazione del paese era fortemente preoccupata per la presenza degli esplosivi, ma nonostante le proteste durante la Seconda Guerra mondiale era ancora pieno di munizioni. Fu occupato dalle truppe tedesche, poi minato dalle stesse prima di fuggire, lasciandolo incustodito. Nei giorni della liberazione il forte fu occupato dai partigiani che, aiutati dalla popolazione, lo svuotarono della polvere e delle munizioni, evitando potesse saltare in aria. Il gruppo partigiano appartenente al Battaglione “Gian Dalla Bona” della Brigata “Luciano Manara” (al quale si era unito Mario Ardu) terminò queste operazioni appena in tempo: il giorno dopo fu preso a cannonate dalle truppe alleate arrivate alla linea dell’Adige. Sarebbe stato un vero disastro se gli esplosivi si fossero trovati ancora al suo interno.
I militari lo occuparono negli anni successivi alla fine della guerra, con tutto ciò che da questo ne derivava: servitù di passaggio, permessi provvisori per accedere alle proprietà dei contadini, proteste della popolazione, silenzio da parte delle Autorità. Questo fino al 1979, quando fu smobilitato. Il Comune di Lavagno cercò di entrarne in possesso per destinarlo ad attività di carattere pubblico, ma per una serie di trattative non andate a buon fine con il Genio Militare e con il Ministero delle Finanze rimase ufficialmente non assegnato. Dall’abbandono dei militari, seguirono periodi di recupero da parte dell’associazione di volontariato “Centro Culturale di Lavagno” ad altri di totale decadenza, dal momento che l’Ufficio del Registro di Verona addirittura chiese il canone di affitto ai volontari … che dovettero pagare di tasche proprie per averlo salvato dal degrado.
Nel 1998 fu dichiarato inagibile: le piante e le sterpaglie cominciarono a divorarlo come le antiche città Maya. La scuola media di Lavagno aveva “adottato” il forte, il progetto prevedeva la valorizzazione della costruzione, approfondendone la conoscenza storica, tramite visite guidate al territorio circostante e inaugurando sentieri naturalistici, tutto in collaborazione con il “Centro Culturale di Lavagno”: l’inagibilità decretò la fine di queste bellissime attività. L’Amministrazione comunale di Lavagno non ha mai smesso di crederci: è, infatti, tornata all’attacco per ottenerne gratuitamente il possesso e renderlo disponibile alla popolazione locale. Le attività di ricerca storica messe in atto da Corrà hanno contribuito in maniera determinante a che il sogno inseguito dalla comunità, per così tanti anni sia finalmente divenuto realtà. Il mese scorso è stato firmato un atto notarile di passaggio di proprietà e Forte San Briccio è passato ufficialmente al Comune di Lavagno, che attenendosi a un “Accordo di Valorizzazione” s’impegna a ripristinare lo stato originale del manufatto per un recupero conservativo e per renderlo fruibile alla popolazione. I lavori dovrebbero durare dal 2014 al 2019. Tutto il restauro dovrà ottenere l’approvazione della Soprintendenza. San Briccio torna a poter vivere il forte, con un occhio al passato e uno al futuro.
Sarebbe veramente significativo se il corpo del Maresciallo Ardu, che riposa nel cimitero militare italiano di Francoforte sul Meno (posizione tombale riquadro C fila 3 – tomba 15) tornasse a San Briccio dove sono nati i suoi figli e di chi l’ha amato e stimato si ricorda ancora di lui, magari proprio all’ombra del “suo forte”.