di Annalisa Atzori
In occasione delle celebrazioni del 25 aprile, l’Associazione Sebastiano Satta di Verona, l’Associazione Consiglieri Emeriti Comunali di Verona e il Comune di Lanusei hanno voluto ricordare il Maresciallo Mario Ardu, nato a Lanusei nel 1905 e deceduto a Hersbruck (sottocampo di concentramento dipendente da Flossenburg) nel dicembre 1944.
Giunte in risposta all’invito per la commemorazione di Ardu, particolarmente gradite sono state le parole di Patrizia Cucca, presidente dell’Associazione Culturale Sarda “Bruno Cucca” di Portoferrario (Isola d’Elba): “Assicurando preghiere per l’anima del Maresciallo Ardu, desidero ringraziarvi personalmente per la meritoria opera di riconoscimento e divulgazione che state realizzando in onore di chi ha dato la vita per un’Italia libera. Il vostro impegno assume un valore particolarmente significativo in questi giorni bui e confusi della storia della nostra Repubblica”.
Moderatore della mattinata Carlo de’ Gresti, presidente dei Consiglieri Emeriti.
Silvano Zavetti (consigliere emerito), che già si era occupato lo scorso anno delle ricerche storiche su Rinaldo Veronesi e Pietro Meloni (vedi TIP nr 396, 398 e 400), traccia un profilo del Maresciallo Ardu partendo dal Foglio Matricolare dello stesso: dopo il servizio di leva, era entrato come allievo sottufficiale nel Reggimento di Artiglieria Pesante, nel 1924. Successivamente promosso caporal maggiore, poi sergente e sergente maggiore. Aveva anche frequentato una scuola di educazione fisica, essendo Ardu un uomo prestante, sportivo e atletico, come lo potremmo definire ai nostri giorni. Dopo la scuola di Tiro di Artiglieria di Nettuno (Roma) e un corso a Piacenza per diventare esperto in esplosivi, arrivò a Verona nel 1934, alla Direzione di Artiglieria con mansione di guardamunizioni. Si sposò nel 1935, ebbe due figli: Alberto (presente alla commemorazione) e Liliana.
Dopo l’Armistizio di Cassibile (8 settembre 1943) Ardu scelse da che parte schierarsi: lasciò la divisa, si arruolò nelle formazioni partigiane ed entrò a far parte della Brigata Manara, Battaglione Gian Dalla Bona, che agiva nella zona di Verona.
Mentre si accingeva a far saltare in aria il deposito di munizioni del Lazzaretto, fu arrestato dalle Brigate Nere, deportato prima a Bolzano, poi al campo di concentramento di Flossenburg, poi al sottocampo di Hersbruck, dove morì nel dicembre 1944, a seguito di esperimenti che furono compiuti su di lui da parte dei medici nazisti.
Alla fine della guerra, come ricorda Zavetti, il Maresciallo Ardu ricevette il Certificato di Patriota e fu insignito della Croce d’Argento.
Vittore Bocchetta, classe 1918, scrittore, pittore, scultore, accademico ed esponente della Resistenza, e amico e compagno di prigionia di Ardu, racconta al pubblico in sala perché ha deciso di parlare di Mario Ardu. Una volta rientrato in Italia nel 1989 (dopo la II Guerra Mondiale, Bocchetta, infatti, aveva lasciato l’Italia per trasferirsi prima in Argentina, poi in Venezuela, infine negli Stati Uniti): ha iniziato a scrivere sulla Resistenza per indignazione, perché la realtà raccontata era quella dei vincitori, che non sempre hanno ragione. Non aveva gradito l’esaltazione del conte Galeazzo Ciano, nell’opera del giornalista Giuseppe Silvestri “Albergo agli Scalzi”. Ciano ne usciva come un genio, un eroe, quasi avesse voluto deporre il suocero Mussolini per liberare l’Italia… gli eroi erano ben altri, uomini e donne che hanno sacrificato la vita per la nostra Patria, eroi dimenticati perché non hanno mai urlato.
Bocchetta ricorda Ardu come un uomo di modestia straordinaria, di grande dolcezza, un uomo che parlava poco ma che con lo sguardo riusciva a comunicare moltissimo. Non si spiega come possano essersi dimenticati di lui, di come la sua memoria sia stata tradita. Il nipote di Bocchetta legge un passo tratto da “Quinquennio infame”: lo scrittore ricorda il momento in cui ha rivisto Mario Ardu, a Hersbruck, una volta che il medico nazista aveva finito il terribile esperimento su di lui. Ardu non è più in sé, non riconosce l’amico di Verona, non parla, il suo sguardo è vuoto, il corpo scosso da convulsi, la gamba ha una ferita aperta che la percorre interamente, mettendo a nudo i muscoli e i tendini. Ardu muore tra le braccia di Bocchetta, che lo chiama per nome inutilmente. Con la morte, che è a volte più pietosa della vita, il volto del Maresciallo riacquista serenità.
Bocchetta ricorda anche come lui stesso sia stato aiutato a Hersbruck da Teresio Olivelli, capo della sua baracca, il numero 14, a Hersbruck. Cita Ottavio Tamponi, arrestato anche lui dalle Brigate Nere, l’unico che ha avuto il coraggio di abbracciare e baciare in piazza Bra’ un Bocchetta appena uscito dal carcere, rischiando l’arresto. Racconta come tra i nazisti ci fosse un modo diverso di trattare chi tra i prigionieri aveva gradi militari, come riuscissero anche a decidere chi doveva morire e chi sopravvivere, chi trattare in un modo e chi nell’altro, come in una sorta di macabro gioco di potere.
Anche il Maggiore Arturo Zenorini (deportato con Bocchetta) era stato salvato tramite il capo baracca Olivelli, che lo aveva mandato nelle cucine a pelare rape.
Presente anche l’assessore alla Cultura di Lanusei, Michele Castoldi, che portando i saluti del sindaco Davide Ferreli, ringrazia per aver avuto la possibilità di conoscere la storia del suo concittadino Ardu. Promette che si farà senz’altro qualcosa anche in paese per ricordarlo, non esclude che possa essere una targa, il titolo a una via, qualcosa che lo ricordi anche lì. Dell’intervento di Castoldi, di origini milanesi ma sardo da due generazioni, approfondiremo un’altra volta.
Alberto Ardu, figlio di Mario, presente alla commemorazione, dice che non era informato della vita del padre, nemmeno la madre lo era. Ringrazia Bocchetta, il presidente Maurizio Solinas, Zavetti e tutti coloro che hanno contribuito a realizzare questa iniziativa. Se a Lanusei si farà qualcosa per ricordare suo padre, lui ci sarà. Alberto Ardu, contattato da Giuseppe Corrà (autore di un libro sul Forte San Briccio, del quale Ardu è stato il primo Maresciallo e anche di questo si approfondirà molto presto), ha fornito il Foglio Matricolare del padre, scritto a mano, dal quale Zavetti e gli altri sono partiti per la loro ricerca approfondita e documentata.
Un altro ricordo di Mario Ardu è stato tracciato dalla signora Maria Chiaffoni, di San Briccio, 82 anni portati a meraviglia, orgogliosa di parlare di ciò che le rimase più impresso del Maresciallo: bello, severo, serio, silenzioso. Persona molto distinta portava sempre un mantello grigio scuro. Correttissimo con i suoi militari. Maria frequentava casa Ardu, era amica di Liliana. La moglie di Ardu ha cucito a Maria il vestito della Prima Comunione. Poi anche quello da sposa (Maria aveva 35 anni, quindi un rapporto durato a lungo). Secondo la signora Chiaffoni, Mario Ardu in quanto a stile era di un livello nettamente superiore a tutti quelli che sono arrivati a comandare a Forte San Briccio in seguito. Grazie a lei, Corrà ha potuto incontrare Alberto Ardu.
A breve si approfondiranno anche gli interventi di Giulio Segato e di Gianni Amaini (consiglieri emeriti). Presenti in sala, Franco Rancan presidente del BIM Adige, il giudice Gianluigi Girardi che ha donato alla nostra biblioteca una copia della raccolta de “La Gazzetta di Verona” giornale clandestino antifascista da lui diretto, il consigliere comunale Filippo Rando in rappresentanza del sindaco di Verona Flavio Tosi.
E’ già in cantiere la commemorazione per il 2014: un veronese morto nel disinnesco di un ordigno bellico proprio nella zona di Lanusei.