di Luca Urgu *
Un incontro a Rovereto con Cristiana Collu, direttrice del Mart (Museo d’arte di Rovereto e Trento) impegnata, da poco più di un anno, a dirigere un museo ministero. Bello e affascinante, sempre in evoluzione. In mezzo alla cultura mitteleuropea, ma allo stesso tempo immerso nei ritmi più calmi della provincia. Un luogo capace di rapire e di educare all’arte, al gusto del bello e della consapevolezza.
Cristiana Collu, quanto è distante il Mart dalla Sardegna? “La distanza è un sentimento poliedrico, non sento distanza dalla mia terra, a volte non sento distanza dalla terra in generale, ma certamente avverto anche che la distanza si dilata o contrae continuamente tenendo sempre un punto fermo. Il Mart insiste su un territorio che è quasi un’isola e le due mappe si sovrappongono senza mai confondersi e tantomeno identificarsi”.
Da quando ha lasciato il Man, questa è una delle prime interviste che lei concede. Curiosità campanilistica: ci piacerebbe sapere quanti minuti del suo tempo dedica a pensare alla Sardegna. Sappiamo che sente il rumore del mare, ma che per fortuna anche i sapori non sono così lontani, così come le suggestione che alimenta di continuo. “Non ho un pensiero nostalgico rispetto alla Sardegna, non mi manca perché sono io e non intendo mai liberarmene o lasciarla a casa, non mi pesa, non è ingombrante al contrario fa sempre la differenza. Mi avanza sempre ancora qualcosa, è generosa e traboccante perfino quando è scarna e spigolosa. I rumori li immagino insieme agli odori, mentre per i sapori, una fitta rete di conterranei che per avventura transitano dalle mie parti mi portano all’occorrenza o a sorpresa una emozionante e graditissima fornitura dei cibi che amo di più”.
Come giudica la situazione che ha lasciato nell’isola dal punto di vista culturale. Sappiamo che i sardi che fanno cultura non devono vivere necessariamente nell’isola. Vuole segnalarci delle realtà particolarmente virtuose che l’hanno colpita.. “Ho scoperto che la comunità dei sardi è molto presente e stimata ovunque. Spesso sono di seconda generazione, specialmente bravi e impegnati negli ambiti più diversi”.
Cosa possiamo dire invece di quell’universo perennemente in fieri dell’arte contemporanea? “L’arte contemporanea gode e soffre di essere troppo vicino a quello che ci accade e di avere quello sguardo obliquo che oscilla nell’andare molto al di là o al di qua del sentire comune. La condizione transitoria o in fieri è una perfetta metafora che non riguarda solo l’arte contemporanea, ma tutti noi e il nostro difficile e complesso rapporto con le cose che cambiano continuamente e di cui spesso non siamo capaci che di registrarne il risultato senza aver avvertito per nulla il processo”.
Rimanendo ai paesaggi che spesso rimandano a stati dell’animo, alcuni fa parlando con un celebre giornalista, Tito Stagno, che incontrai a Aritzo mi disse che le montagne delle Alpi, dove spesso trascorreva le vacanze, gli provocavano una sorta di irrequietezza interiore, mentre quelle della Barbagia una calma e un piacere. Le succede la stessa cosa, dica lei. “Mi risulta difficile parlare in senso assoluto, non posso slegare il paesaggio dall’esperienza dello sguardo. Adoro la Barbagia, mi ha commosso e sorpreso profondamente molte volte, è successo anche in altre parti della Sardegna e in altri luoghi che ho visitato ma forse non con la stessa intensità. Il paesaggio attuale è curioso per me, devo stare con il naso all’insù per vedere l’orizzonte, ma è potente vedere poco lontano dai tuoi occhi le Dolomiti che mi paiono sempre incommensurabili”.
Quando entra in un museo e vede un’immagine, un quadro, un’istallazione pronuncia anche lei la parola mi piace? “Come se non mettessi un filtro? Si certo, mi succede e mi piace che mi succeda. Ma combino sempre le sensazioni che le esperienze producono in me con curiosità e interesse a volte persino quando mi pare che mi annoino terribilmente”.
A noi osservatori esterni fa piacere quando leggiamo le U anche fuori e soprattutto dall’isola: al Mart il sorriso spesso si trasforma in orgoglio: quando vediamo la firma di Cristiana Collu alla direzione, l’architetto nuorese Gianni Filindeu agli allestimenti, o ancora i laboratori fotografici di Gianluca Vassallo. Ci aiuti a capire cosa fanno questi signori se ci sono altre U che ci sono sfuggite e che ci piacerebbe ricordare. “Il mio obiettivo è quello di fare la cosa giusta nel migliore dei modi e garantire un risultato all’altezza delle aspettative di questo museo e della comunità che lo sostiene. Ci sarà sempre posto per i cognomi che finiscono con tutte le vocali e consonanti sempre che si tratti di fuoriclasse”.
Nella mostra Cibo e design, assieme a tante altre pietanze, cibi dal dna abbiamo incontrato il pane carasau è vero che corrisponde al carattere dei sardi? “Può darsi, forse per questo è una delle icone della Sardegna e non solo della nostra mostra”.
A proposito del Mart come si guida una macchina così complessa? e se non è irriguardosa la metafora il presidente Franco Barnabè è sempre accanto a lei nella scocca di comando con le cinture ben allacciate. “La metafora della macchina è perfetta, massima attenzione sempre dunque, guida vigile ma distesa e determinata. Il presidente del Mart è una persona straordinaria con una grande visione e un garbo assoluto”.
Proponga buoni motivi per prendere un aereo e venire a vedere il Mart, cosa troviamo di interessante? “Chi viene al Mart solitamente ritorna. Adesso può ammirare la mostra “Progetto Cibo” a cui partecipano designers e architetti come Enrico Azzimonti, Bompas&Parr, Achille Castiglioni, Lorenzo Damiani, FormaFantasma, Giorgetto Giugiaro, Marti Guixé, Giulio Iacchetti, Alessandro Mendini, Alkesh Parmar, Gaetano Pesce, Diego Ramos, Philippe Starck e chef di livello assoluto come Gualtiero Marchesi, oltre a Bruno Barbieri, Massimo Bottura, Antonio Canavacciuolo, Carlo Cracco, Daniel Facen, Davide Oldani, Davide Scabin. Poi dato che ci siamo si può fare una bella full immersion, in anteprima per l’Italia in una grande retrospettiva realizzata dal Vitra Design Museum di Weil am Rhein e curata da Mateo Kries su Rudolf Steiner. Una mostra rivela il genio creativo di Steiner, filosofo e pensatore con una singolare e variegata produzione artistica. Infine l’Archivio del ‘900 del Mart propone 65 opere, dal 1959 a oggi, che testimoniano l’interesse di Bruno Conte per la scrittura iconica. Insomma, il Mart come Parigi val bene una messa”.
* Sardi News