Ci risiamo. Puntuale e simpatica come una cartella delle tasse, rispunta alla vigilia di una partita importante, Cagliari-Milan, la minaccia dell’inagibilità di Is Arenas. Il comitato provinciale è preoccupato perché le due squadre stanno andando forte, si prevede un grande afflusso di pubblico e fra le due tifoserie non scorrerebbe buon sangue (per una lontana storia di uno striscione rubato che nessuno ricorda). Nulla conta che il Cagliari abbia completato l’impianto di videosorveglianza che gli era stato richiesto. Né pare che le autorità preposte vogliano, extrema ratio, prendere in esame l’ipotesi di tenere chiuso il settore ospiti, come è spesso avvenuto in molti stadi, e senza andare troppo lontani nel tempo in occasione di Napoli-Cagliari dello scorso campionato, quando ai tifosi sardi fu vietata la trasferta. No, meglio far scattare subito la regola dello stadio a “targhe alterne”, una domenica aperto, l’altra chiuso, secondo come gira il vento e in totale disprezzo del diritto della gente di andarsi a vedere una partita di calcio, di applaudire o fischiare El Shaarawy e Balotelli, di dimenticare per un giorno la crisi che ci schiaccia. Ormai siamo al limite del grottesco, non ci sono più parole per descrivere lo stato di sconcertante arretratezza in cui siamo condannati a vivere, anche per colpa di istituzioni che sembrano sempre più lontane dal sentire comune della gente. Datemi pure del becero qualunquista, ma io ancora non riesco a concepire questo pervicace ostracismo nei confronti di una società di calcio che rappresenta una delle poche realtà positive rimaste in questa sventurata Isola. E questa storia dello stadio, dove un giorno i problemi sono le luci che disturbano i fenicotteri e l’altro i “caddozzoni” non autorizzati a vendere i panini, mi sembra la barzelletta del tabaccaio di via Manno. Lo ricordate? Quello assurdamente pignolo che sfiniva di domande inutili un povero cliente («A cosa le serve il francobollo? Dove deve spedire la cartolina? È a colori o in bianco e nero? Scrive solo i saluti o altre comunicazioni?» eccetera eccetera) fino a che, il giorno dopo, capita l’antifona, l’uomo si ripresentava con un water sulle spalle e rivolgendosi al tabaccaio diceva: «Ecco, questo è il water, il sedere gliel’ho fatto vedere ieri, me lo vende oggi un rotolo di carta igienica?». Lo so, è un po’ volgare ma rende l’idea. Solo che ora la barzelletta, agli occhi degli italiani, siamo diventati noi sardi, incapaci persino di far funzionare uno stadio.
Ma ragazzi …… non siamo qui ad aspettare di fare la riga ad un pallone…….