di Maria Adelasia Divona
Già dal nostro primo incontro, ad Udine per la posa del monumento in onore alla Brigata Sassari, ha avuto un approccio molto rilassato: nel senso che ti presentano un generale e ti aspetti uno rigido, tutto impettito…invece ti spiazza col suo apparire un po’ “destruttutrato” rispetto al ruolo, scherzoso e con la battuta pronta…umano, insomma. Ma, soprattutto, capisci che è curioso, e preparato: al nostro secondo incontro, quando vado alla caserma La Marmora a visitare il museo della Brigata allestito dall’ex sassarino Antonio Pinna, è con lui che sfoggia la sua conoscenza di Adelasia, regina di Sardegna… lodevole per un forestiero, considerato che buona parte dei Sardi ignorano questo pezzo di storia patria isolana. E si intriga a sentire la storia dei Sassaresi “In ciabi” e degli “accudiddi” raccontata da me e da Antonio!
Manlio Scopigno, paracadutista della Folgore, 49 anni, romano, ha assunto il suo incarico di 41° comandante della Brigata Sassari a settembre 2012, e sembra esserne non solo contento ma anche orgoglioso. Ha servito in numerosi teatri operativi all’estero, ed ha seguito la Brigata sin da quando era di stanza presso lo Stato Maggiore dell’Esercito e, certamente, la storia e il prestigio dei Dimonios devono aver solleticato le sue prospettive di carriera.
Abbiamo la possibilità di riscambiare quattro chiacchiere durante il buffet della festa di corpo che si è tenuta il 28 gennaio a Macomer, e ne approfitto per fargli qualche domanda. Gli chiedo cosa vuol dire per un ufficiale continentale assumere il comando di una Brigata, come la Sassari, che sin dalle origini e nel corso della sua storia ha sempre rivendicato una forte connotazione territoriale e identitaria.
“Significa rendersi conto della assoluta coincidenza dei valori che appartengono sia alla Brigata sia al popolo sardo. Occorre porsi essenzialmente in “posizione di ascolto” nei confronti di questa terra orgogliosa, tenace, ricca di tradizioni. Solo così si potrà percepire questa grande forza che appartiene agli uomini e alle donne di Sardegna”.
Le donne di Sardegna le richiama spesso: quando, dalle sue letture di storia e cultura isolana, ti racconta della scoperta della figura dell’accabbadora; le cita quando parla degli “uomini e donne” della sua Brigata, quando parla delle mamme e delle compagne dei soldati raffigurate dal sassarino e pittore Raimondo Picci nella mostra allestita per l’occasione della festa, e quando afferma l’importanza delle donne nella famiglia di un militare che serve in un teatro operativo. Nel suo discorso ha chiamato per nome, una per una, le mogli e le madri che hanno perso un sassarino, ringraziandole per la testimonianza che quotidianamente portano di chi non c’è più.
“Le famiglie dei nostri caduti sono un punto di riferimento per tutti noi militari che abbiamo affrontato, e continueremo ad affrontare, le missioni operative. Non c’è alcuna strategia nei loro confronti. C’è la consapevolezza che la loro vicinanza ci aiuta a ricordare chi non c’è più, e ad avere anche la certezza che, qualsiasi cosa possa accaderci, ci sarà sempre qualcuno che ci ricorderà, onorando il nostro impegno al servizio degli altri”
Il rapporto con le famiglie dei caduti (e caduti, mi spiega, non sono solo quelli persi nei teatri operativi, ma tutti quelli che sono appartenuti alla Brigata e non ci sono più) rappresenta un punto saldo del suo “mandato”. Lo constato nella sua interazione con le donne presenti che hanno subito un lutto: un interloquire naturale ed affettuoso, senza formalismi, non di circostanza né paternalistico. E, quando parlo con queste donne, si capisce che lo apprezzano: nel loro dolore si sentono meno sole e, nella memoria dei loro cari, si sentono parte di qualcosa.
Gli chiedo come si è preparato ad affrontare questo nuovo incarico, alla luce della infinita sardità che contraddistingue la Brigata Sassari.
“Ho cercato fin da subito il contatto umano. Sono convinto che la Brigata Sassari, quale istituzione nazionale ancorata fortemente nel territorio, debba operare integrandosi nel tessuto sociale. Per questo, accanto ai compiti di addestramento e approntamento dello strumento militare, mi sono reso disponibile a cooperare anche nel campo del volontariato, a favore dei più bisognosi.”
E qui, ad esempio, entrano di nuovo in campo le donne: il comandante ha recentemente aperto le porte della Brigata per promuovere il Calendario della Solidarietà e della Bellezza 2013, in cui mamme “anta” hanno posato con le loro figlie e i loro figli con lo scopo di raccogliere fondi a sostegno della Casa di accoglienza per donne in difficoltà che le Suore delle Poverelle di Bergamo gestiscono a Sassari da trent’anni. Un buon esempio di sinergia positiva tra esercito e territorio in cui è radicato, che pare non sia una cosa così scontata: altri ufficiali della Sassari, infatti, mi raccontano che la Sardegna è l’unico posto dove si sono trovati ad operare in cui esiste una relazione diretta tra militari, istituzioni e popolazione locale. Il segno tangibile lo danno i numerosi sindaci presenti alla festa, e lo conferma anche il Gen. Scopigno:
“Le Istituzioni in Sardegna sentono la Brigata Sassari come una loro espressione, a tutti i livelli. Da quando sono qui, ho avuto tutte le porte aperte da parte delle Istituzioni, sia quelle regionali che locali.”
Insomma, questi primi cinque mesi sembrano restituire l’immagine di una esperienza positiva per il comandante. Sono curiosa di sapere se c’è vita fuori dalla divisa e dall’orario di servizio, considerando che, nelle giornate libere, mai programmate, scappa dalla sua famiglia che ha lasciato al di là del Tirreno.
“La Sardegna è coinvolgente, ancor prima che le persone ti coinvolgano. Così, quando capita qualche evento fuori dal servizio, l’integrazione avviene naturalmente, senza forzature. Sono rimasto colpito dai festeggiamenti in alcune occasioni come il fuoco di Sant’Antonio a Bitti, dove tutto viene vissuto senza preoccuparsi di pubblicità o richiami turistici, ma genuinamente coinvolgendo tutta la popolazione. E confesso di aver mangiato lo “zimino” a Sassari senza alcuna ritrosia. Innaffiato con dell’ottimo “fil’e ferru” fa nascere spontaneo, anche in queste occasioni, un brindisi accompagnato dal sempiterno “Forza Paris”!!!”
Ecco, questa cosa dello zimino proprio…non l’ho digerita, ma è segno che il comandante, a Sassari, si è ben integrato, ed è destinato a diventare un Sassarino “in ciabi”!
Ho conosciuto il gen Scopigno molti anni fà, quando era ancora un tenente, ma già già comandate di una compagnia, si è sempre distinto da altri ufficiali, per la sua preparazione personale, professionalità e la sua determinazione, amato , rispettato e stimato da tutti i suoi soldati, io compreso. Ero sicuro che avrebbe fatto carriera come sono sicuro che ne farà ancora molta, in Italia abbiamo bisogno di persone come Lui. Sono felice di vedere queste pubblicazioni perchè significa che siamo in molti a pensarla in questa maniera e sono la prova della mia convinzione.