di Samuele Acca
Un equilibrista concentrato nel tenersi bilanciato, sospeso nel vuoto, è l’immagine che meglio illustra il mio stato d’animo in questo momento. Perché ora che, dopo due faticosi anni sono riuscito ad ottenere la residenza permanente in Canada, mi ritrovo catapultato in una realtà, quella dell’emigrato, più difficile di quanto abbia mai potuto immaginare. Ho sempre giudicato e criticato, forte della mia arroganza e della mia testardaggine, la Sardegna come regione spoglia di progetti e di futuro per i giovani. Mi sono sempre ostinato e ho incitato a più riprese amici e conoscenti a lasciare quella che tre anni fa consideravo come un’isola maledetta, un paradiso fantasma. Ma, come ci siamo fatti dire a più riprese nel corso della nostra vita, ci accorgiamo dell’importanza e del valore delle cose a noi care solamente nel momento in cui queste ci sfuggono di mano. Sin dal giorno della mia partenza, un istinto, un amore cieco e incondizionato si sono risvegliati, il cosiddetto mal di Sardegna si è impadronito di me senza che lo abbia sentito arrivare. Quest’amore, questo fuoco che mi arde dentro, mi ha aperto gli occhi. Ora sento la Sardegna dentro di me, ne valorizzo tutti gli aspetti, sapori, profumi e colori. Ogni ritorno in madre terra prende la forma di un viaggio paradisiaco, quei luoghi con i quali ho condiviso diciannove anni della mia vita diventano espressione di libertà, quasi come se avessero tenuto nascosto il loro lato migliore, per mostrarmelo nel caso li avessi mai abbandonati in futuro. Una sorta d’incantesimo che mi trattiene dal vivere appieno una nuova vita, un richiamo alle mie origini che si innalza al di sopra di ogni altro sentimento possibile .
Secondo centro, prime piccole soddisfazioni un ringraziamento speciale a Massimiliano Perlato