di Alessandra Carta
Se è vero che il nome di Tutankhamon è noto, tra gli studiosi, per essere stato il faraone più giovane e la sua esistenza e morte è ancora avvolta di mistero, è altrettanto vero che con il libro “La sposa di Tutankhamon” ediz. Arkadia, Claudia Musio lo ha accreditato presso il grande pubblico, rendendolo ancora più popolare di quanto non lo sia stato per gran parte dei suoi sudditi poco prima del 1340 avanti Cristo. Il pregiatissimo lavoro di Claudia Musio è quasi un saggio romanzato, tant’è la fedeltà dei fatti storici ricostruiti con scrupolosa attenzione. La Musio ha saputo descrivere la vita di corte del faraone, il suo lusso, il servizio prestato dai nobili e dagli schiavi, il rapporto con le divinità, ambienti e arredi. Quasi un mondo irreale. Ma la sua attenzione si è particolarmente soffermata a mettere in luce, senza lasciare intuire le conseguenze degli eventi che via via andavano maturando, gli intrighi che maturavano alla corte del faraone, dove lui stesso era più vittima che sovrano. L’autrice del romanzo affida a Ankesenamon, figlia del faraone Akhenaton e della regina Nefertiti, il compito di ricostruire la storia della sua dinastia. Un incarico che Ankhesenamon porta avanti con spigliatezza e distacco, ora come cronista-storico e ora come protagonista, perché essa stessa coinvolta negli eventi. “Akhetaton rideva gaia nella valle in cui era stata costruita, lambita appena dal Nilo che scendeva verso il delta come un serpente dalle scaglie cangianti. Le rocce la abbracciavano a oriente e i giardini, i campi e i frutteti si esaltavano come gemme incastonate nell’oro: strisce di malachite, sfumate nel giallo abbagliante del deserto che si alzava contro il cielo terso”. Akhetaton era una nuova città, voluta dal faraone Akhenaton più a nord di Tebe, che era la capitale del regno. Con la capitale, il faraone aveva abiurato il dio Amon per la nuova divinità Aton. Contro questi mutamenti tramarono nobili e popolo di Tebe. Le vicende, assai complicate e con continui cambiamenti di scena, sono andate avanti fino ad alcune morti per avvelenamento che portarono sul regno Tutankhaton che, dopo il rientro a Tebe mutò il nome in Tutamkhamon in nome del dio venerato nell’antica capitale egizia. La storia racconta che Tutankhamon, che ebbe per moglie la giovanissima Ankhesenamon, morì (avvelenato?) a soli 18-20 anni di età. “Quel faraone il cui nome sconosciuto si interpone tra Akheton e Tutankhamon, scrive l’autrice in una postfazione, si identifica a mio avviso con Nefertiti. Donna intelligente, astuta, caparbia e coraggiosa, già durante il regno di
Akhenaton non solo era rappresentata nelle statue alla stessa grandezza del marito, ma spesso lo sostituiva nelle cerimonie religiose..Akhetaton era un poeta, un uomo colto, un sognatore, privo di capacità organizzative, e ancora meno militari”. Ma, arrivati a questo punto, vale la pena abbandonare la trama del romanzo di Claudia Musio per soffermarsi, invece, su alcuni lati di pregio del lavoro in argomento. Il primo, e più evidente, è la capacità che l’autrice ha nel descrivere la storia, gli ambienti, i caratteri dei personaggi e i movimenti a corte, mostrando una rara dote descrittiva, quasi capace di ammaliare il lettore che acquisisce
dimestichezza col deserto, col fiume sacro per gli Egizi, con la vita di questo nobile e civile popolo antico. Ma il pregio maggiore che Claudia Musio ha messo in mostra in “La sposa di Tutankhamon” è la forma lessicale che si avvale di una rara proprietà di linguaggio, di cui pochi personaggi del variegato scenario pubblicistico (per non parlare di quello televisivo) riescono a mostrarne pari dimestichezza. Un libro speciale, è stata descritto in qualche recensione. Ma perché speciale è l’autrice. Complimenti anche ad Arkadia Editore.
Grazie per la bella recensione! Sono davvero felice che il mio romanzo sia stato così apprezzato, che abbia emozionato e trasportato indietro nel tempo. Grazie ancora.
complimenti a Claudia Musio per il suo saggio e per la sua bellezza mediterranea. 🙂
Ma guarda che coincidenza strana, gestivo pagine facebook e blog dal 2011, intitolate Ankesenamon, moglie di Tutankhamon, la vera storia (che mi sono poi stati sabotati e cancellate nel 2013 e 2015), in cui ho divulgato in dettaglio le vicende storiche politiche religiose relative alla dinastia di Aton, (Akhenaton, Nefertiti, Tutankhamon, Ankhesenamon) sui misteri della morte di Tut, legati ad Ay, il consigliere visir di Akhenaton il quale bramava di ascendere al trono d’Egitto e fu carnefice di Akhenaton, Tutankhamon, del principe ittita promesso sposo di Ankhesenamon vedova e poi, una volta presa a forza in sposa per legittimare il trono, di lei stessa), della riforma religiosa monoteista epocale di Akhenaton del 1.360 a.C che impose il culto di un unico Dio, il Dio Sole Aton-Dio Padre (dal quale fu tratta la figura del Dio Padre biblico) per soppiantare il politesimo e instaurare il Patriarcato,.e pochi mesi dopo una casa editrice con contatti facebook comuni pubblica un libro proprio sulle stesse vicende… quando si dice il ‘caso’. Lucilla Sperati (”Ankhesenamon, moglie di Tutankhamon’) P.S.: Tutankhamon non morì per avvelenamento, ma a seguito colpo infertogli alla parte bassa della nuca da Ay e conseguente stato emorragico insorto che gli procurò alcuni mesi di coma e poi la morte. Basti vedere la TAC del cranio di Tut, che evidenzia appunto una calcificazione alla parte bassa della testa, per avvalorare tale tesi.