A cosa serve “una giornata”? serve a sensibilizzare le persone su un argomento, a far parlare, discutere, a innescare domande e magari qualche risposta.
L’argomento è terribile, molti reagiscono con fastidio o perplessità solo a sentirlo chiamare con il suo nome: femminicidio. Cioè, l’omicidio praticato su una particolare categoria di persone, le donne appunto. Sono 113 le donne uccise dall’inizio dell’anno, almeno 73 dal proprio partner. I motivi sono di volta in volta diversi, ma è evidente che si tratti di un problema sociale, non di semplice cronaca nera o occasionali raptus di pazzia.
In Italia, il paese che ha eliminato il cosiddetto “delitto d’onore” solo nel 1981, ancora oggi capita che i mezzi di comunicazione di massa parlino di “delitto passionale”. Le donne e gli uomini che vivono relazioni sane sanno bene che la passione è un’altra cosa.
Le donne, inoltre, ancora una volta sorprendono per la forza e lucidità con cui affrontano il tema: non soltanto con la partecipazione ad associazioni, comitati, e i diversi eventi volti ad informare e sensibilizzare sulla piaga del femminicidio, ma anche con iniziative che le mettono in gioco con quello che immediatamente le rappresenta, il loro volto.
Proprio il viso delle donne è il soggetto della ricerca fotografica di Fiorella Sanna per il progetto Uccidi anche me. Donne che non esistono più, al quale io collaboro per i testi. Abbiamo scelto un titolo volutamente provocatorio per sottolineare la forza delle donne che si fa solidarietà verso le altre donne, quasi a sfidare una violenza che crediamo sia soprattutto il prodotto di modelli e suggestioni culturali sbagliati.
Le donne che hanno partecipato e quelle che parteciperanno – perché Uccidi anche me è un “work in progress” che finora ha raccolto molte adesioni appassionate- vengono ritratte per poi “donare” una parte del loro volto per creare una donna diversa. Perché ognuna di noi potrebbe essere Claudia, Matilde, Francesca, Laila, Antonina: cinque vittime del 2012, cinque come le donne che compongono il volto che vedete accanto.
Grazie, dunque, a Diletta, Silvia, Kathryn, Beatrice e Maria per aver partecipato, e grazie alle donne che vorranno ancora farsi ritrarre e parlare con noi per contribuire al progetto Uccidi anche me.