Nord Sardegna, vicino Porto Torres. Quella zona della Sardegna che ha già subito colpi pesantissimi per la crisi del petrolchimico, e in cui il governo ha approvato un intero pacchetto contro la crisi. In questo pacchetto, però, la centrale E.On di Fiumesanto non rientra fra le priorità. Stamane il blitz degli operai dell’indotto, all’alba di oggi 5 novembre. Gli operai hanno bloccato gli accessi alla centrale, per protestare contro la decisione dell’azienda di bloccare la manutenzioni e di non avviare la costruzione del nuovo gruppo energetico, e non è un fulmine a ciel sereno. Già ad agosto notizie terribili arrivavano da Roma, quando i mancati finanziamenti e la non disponibilità da parte dell’azienda a portare a compimento i progetti fecero cadere sulle 200 buste paga della centrale la scure dei licenziamenti.
La centrale termoelettrica di Fiumesanto è composta da sei gruppi di generazione: due a olio combustibile con potenza di 160 MW ciascuno, altri due da 320 MW, alimentati a carbone e infine due gruppi a turbogas da 40 MW. La capacità complessiva è pari a 981 MW.
E.on in questi anni ha installato nel 2009 il suo primo parco fotovoltaico in Italia, dalla potenza di 1,4 MW. Non solo, ha anche investito nell’eolico in Sardegna come in altre cinque regioni, disponendo di circa 330 MW di capacità energetica. Tutti gli investimenti fino a oggi fatti sul territorio sardo hanno portato molti vantaggi al colosso tedesco, mai davvero strigliato dalla Regione e dal Governo nonostante continui a operare con condizioni al limite della sicurezza (Pensiamo agli ultimi incidenti per fortuna senza danni alle persone). In più è da ricordare che i gruppi uno e due a olio combustibile sono ormai in deroga da sempre, nonostante sia ovvia una loro imminente fermata mentre E.On continua a mantenerli in marcia evitando la costruzione del quinto gruppo a carbone senza investire 700 milioni di euro in progetti essenziali per la centrale.
In questi giorni le aziende d’appalto di Fiumesanto hanno avviato i primi 40 licenziamenti, che diventeranno un centinaio nei prossimi giorni. In questa guerra fra poveri, dentro un territorio già martoriato dalla disoccupazione, dove i problemi economici e di mancati investimenti si scontrano anche con quelli ambientali, quale è la posizione della Regione? Per quanto ancora sarà concesso alle multinazionali di andarsene con modalità indolore senza lasciare nient’altro che miseria e inquinamento nell’isola? Intanto Cgil, Cisl e Uil chiedono inoltre al prefetto di adoperarsi per un incontro a Sassari con i ministri Corrado Passera e Fabrizio Barca, che saranno in Sardegna il 13 novembre per la crisi dell’industria nel Sulcis.