di Paolo Pulina
(riferimenti al post e al commento: Link: http://tottusinpari.blog.tiscali.it/2012/10/13/fra-sardita-e-sarditudine-intervento-nella-discussione-tra-giovani-emigrati-della-f-a-s-i/
Natalino Piras, bontà sua, ha voluto dedicare al mio scritto su sardità e sarditudine le seguenti rancorose parole: «Intervengo sulla sarditudine perché non so se Paolo Pulina sappia che insieme a Dessì, Sciascia, Bufalino, Adelasia e Massimo Cossu, anche altri, me compreso, hanno elaborato il tema. Bisognerebbe essere documentati se si interviene come puntualizzatori. Alla sarditudine come visione del mondo un poco di scrittura io l’ho dedicata. E qualche volta, mi sembra di ricordare, la questione è emersa anche in Tottusinpari. Non vorrei che Paolo Pulina abbia imparato come fare comunicazione letteraria dalle scrittrici e scrittori nouvelle vague tipo Murgia e Fois che dicono di aver scoperto tutto loro già da prima che loro esistessero. E tutti a credergli. Il contrario cioè della sarditudine come comprensione del tempo, come lo si attraversa, dentro l’Isola e fuori. Evitiamo di continuare a mistificare».
A Natalino Piras, che non è stato da me né cercato né offeso – e quindi sinceramente non si capisce che fiele lo condizioni nei miei confronti – voglio dare un risposta pacata ma ferma.
Nessuna condizione di oggettiva superiorità culturale (tralascio la evidentemente smisurata auto-considerazione che egli ha di sé) autorizza Natalino Piras a dare a me lezioni: né nel campo della biblioteconomia, né in quello dell’organizzazione dei servizi bibliotecari, né in quello della documentazione né in quello della scrittura.
Dalle sue livorose righe si capisce che ce l’ha con Michela Murgia e con Marcello Fois (e sono fatti suoi: io per parte mia posseggo e ho letto tutte le opere di questi due scrittori: di Fois ho le prime edizioni dei suoi libri stampati da sigle editoriali bolognesi venute molto prima di Einaudi). Però soprattutto ce l’ha con me perché non lo ho citato come autore di riferimento per le problematiche sulla “sarditudine”: non sapevo che avesse brevettato, come se fosse un termine coniato da lui, la parola e la definizione di “sarditudine”!
E allora – visto che, bontà sua, giudica insufficienti le mie competenze nell’ambito della documentazione – lo invito ad andare a digitare il termine “sarditudine” nell’Opac Sebina Sardegna, banca on line della Regione Sardegna che riporta i dati bibliografici dei libri schedati nelle biblioteche dell’isola. Vediamo quali risposte mi dà.
1.Michele Licheri, “Resta tutta intera la mia sarditudine”, “Ichnusa. Rivista della Sardegna”, anno 1986, n. 10, pp. 88-89: quest’articolo lo commissionai io a Licheri per una serie di contributi, intitolata “Essere sardi di Pavia”, pubblicati a mia cura sul quotidiano di Pavia “La Provincia Pavese” e tutti poi ripresi da “Ichnusa” nel numero che ho prima citato (cfr. pp. 77- 95). Il poeta Licheri, originario di Norbello, allora risiedeva in provincia di Pavia, mi aveva fatto leggere una silloge – intitolata “Sarditudine: tra Sardi e sporadici blues – di sue poesie dattiloscritte che poi ha pubblicato a stampa, nel 1988, col medesimo titolo presso TRaccEdizioni di Piombino con interventi di Giovanni Garancini, Paolo Pulina [non è un mio omonimo, sono io!] e Benito La Mantia (e si tratta della seconda opera citata nel catalogo bibliografico di Sebina Sardegna Opac). Il volume (siamo alla terza indicazione bibliografica) è stato riedito da GIA di Cagliari nel 1992.
In effetti confesso che non posseggo copia del volume (quarta indicazione bibliografica) di Roberto Copparoni “Sardegna, sardità, sarditudine: problemi sardi tra passato e presente”, Artigianarte, stampa 1989. Non so se riuscirò a trovare quest’ultimo libro ma ci proverò: è giusto che io colmi questa lacuna targata però Copparoni Roberto non Piras Natalino. Ho controllato anche nell’Opac SBN, catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale. Sono registrate solo le opere presenti nell’Opac Sebina Sardegna.
E adesso andiamo a Google Books, dove trovo una cinquantina di citazioni di righe in cui compare la parola “sarditudine” (per i dettagli ognuno se li può andare a vedere; trascrivo solo la registrazione più “antica” e altre due che sicuramente piaceranno a Natalino Piras):
«Nel momento in cui la napolitanità, o, come qualcuno vuole, napolitudine, ha il massimo successo, ecco che esce nel mercato discografico la sardità, o, come qualcuno potrebbe volere, la sarditudine» (“L’Europeo”, 10 giugno 1977).
«Sulla scia di questa passione all’età di vent’anni ho fondato con un gruppo di amici un’associazione culturale che si chiama “Sarditudine”, su ispirazione di un libro di Michele Licheri, in cui la sarditudine era un sentimento, una specie di saudaxi, come chiamano la solitudine i brasiliani» (2007).
«Con penna tenera e crudele Marcello Fois si racconta e racconta la sua Sardegna, i profumi, la luce, il pregiudizio della “sarditudine”, la Barbagia – una Sardegna, una delle tante» (2008).
Ebbene tra questi cinquanta autori nei cui libri ricorre il termine “sarditudine” (ho controllato bene, se no il “maestro” Natalino Piras mi bacchetta…) non è compreso Natalino Piras.
E adesso andiamo su Google Ricerca. Francesco Masala, “Il riso sardonico” (1984): «D’altronde, la gente sarda, che non ha mai fatto “storia”, conosce bene la “morale della storia”, che è questa: il nemico viene sempre dal mare. Il male che viene dal mare sta dentro la memoria storica della sarditudine: la malaria, importata dai Cartaginesi; i cani mastini, portati dai consoli romani contro i Sardi, mastrucati latrones; i bougrus, le sanguinose bardane dei Goti; le scorrerie dei Mori per portare negli harem le bianche agnelle di latte; sos caddos birdes istruìdos, i cavalli verdi distruttori dei caballeros spagnoli; sas cortes de sas furcas del ministro Bogino, così illuminista che, in sardo, su buginu significa proprio il boia; sas tancas serradas a muru della Legge delle Chiudende, la delittuosa privatizzazione delle terre comunitarie sarde fatta da Vittorio Emanuele I; la caccia grossa degli ottocenteschi bersaglieri italioti che sparavano ai Barbaricini come se fossero cinghiali; i pugnali degli squadristi fascisti che vennero dal mare per tagliare la gobba a Gramsci e il pizzo a Lussu; fino all’ultimo nemico venuto dal mare, il piede nero di sporco caprone del Dio Petrolio».
E finalmente scopriamo (articolo di Maria Adelasia Divona da Udine): « Il pomeriggio di sabato 21 aprile 2012 lo abbiamo trascorso al circolo sardo con Natalino Piras, giornalista e scrittore, che ci ha raccontato, alternando limba ed italiano in simultanea, come i festeggiamenti per Sa Die 2012 a Udine si incrociano con “la nostra vasta sarditudine” (quella dei Sardi di dentro, e quella dei Sardi di fuori) rappresentando un racconto di memoria che appartiene solo ai Sardi, sebbene ancora misconosciuto, e come sia necessario recuperarlo per capire da dove veniamo e come e perché siamo diventati quello che siamo».
Natalino Piras scrive contro di me: «bisognerebbe essere documentati se si interviene come puntualizzatori» e giù la bacchetta, come per dire: «vedete, l’articolo è stato pubblicato da “Tottus in Pari” e Pulina (quell’incompetente) non ha riferito che io ho coniato l’espressione “nostra vasta sarditudine”. Lui – somma vergogna! – non sa che nel mio Blog io ho parlato di sarditudine e di sicilitudine». Il compito che per punizione mi assegna il “maestro” Natalino Piras è quindi il seguente: «Da domani ogni giorno Pulina deve aprire e leggere il mio Blog! ».
Caro “maestro”, riponga la sua bacchetta, lasci perdere me – che non l’ho né interpellata né offesa! Vuole far sapere ai lettori di “Tottus in Pari” che lei ha scritto su un argomento? Ebbene, mandi un articolo a “Tottus in Pari” in cui spiega quello che ha scritto. Si ricordi comunque che lei a me lezioni non ne dà neanche sulla “sicilitudine” (casca male anche qui: mio suocero era siciliano e io conosco usi, costumi e concezione del mondo della gente di Sicilia e soprattutto delle zone dell’Etna e dintorni sicuramente meglio di lei). Saludos.
Che dirle? Non mi sono messo in campo biblioteconomico né, mi sembra, di essermi dato del maestro. Né di aver fatto esercizio di citazione. Mi sembra che lei confonda non poco campi di interesse e letture. Lei fa utilizzo delle fonti diverso da come lo faccio io. Lei scambia la critica con il fiele e la presunzione di sapere come vero sapere. Abbiamo differente approccio alle persone e alle cose e soprattutto diversa visione dell’operare culturale. Vedo che lei, da un punto di vista elencatorio, è molto ben documentato. Non fosse che l’elenco, come lo fa lei, mica a serve a entrare nella comprensione della sarditudine. Ricambio sos salutos.
Nota: Nessuna pretesa di invadere il campo da parte mia, né in "Tottus in pari" né altrove, dove vedo che lei continua a dire tutto e di tutto, su tutto. Altro che essere "maestro" come lei mi appella. E le dico pure che il suo tipo di risposta mi dispiace, perpetua un’idea di male unidos (sta qui l’erranza della sarditudine) e mi delude.
Pessaio cosa mentzus.
Fintzas deo pessaio cosa mezus. Lei mi aveva già deluso con le sue precedenti sette righe (e le dico pure che non mi erano piaciute). Per quanto riguarda quello che io scrivo, non si preoccupi, non mi legge ed è a posto. Per quello che io non comprendo, non si preoccupi, io non sono Giovanni Spano ma non mi sembra che lei sia Giorgio Asproni. Per i riferimenti si veda: "Fede nella democrazia e nella repubblica e realismo politico in Giorgio Asproni: atti del Convegno di studi nel bicentenario della nascita del deputato sardo: Pavia, presso salone del Circolo Logudoro, 7 giugno 2008" / a cura di Gesuino Piga e Paolo Pulina, Pavia, Nuova Tipografia Popolare, pp. 64, 2008.
Lei continua a elencare. Troppo. Ei su troppu, si dice in sardo…
Lei continua a non volerla finire o a non saperla finire. Con la parolina magica ELENCO lei crede di cavarsela. Continui pure con la solfa dell’ELENCO; vedrà che l’ELENCO dopo lo faccio io, visto che anche questa parola (e la sua esemplificazione pratica) lei non l’ha brevettata.
Cari Paolo e Natalino, provo a non entrare nel merito dei contenuti delle vostre polemiche, siano esse frutto di un prima che ignoro o di un accidente rappresentato dalle riflessioni dei giovani emigrati. Dico solo che il conflitto che si è creato altera la rappresentazione delle vostre persone, note come voci ascoltate e presenti della sarditudine. Entro invece nel merito del contenitore: a mio avviso, Tottus in Pari non è lo spazio adeguato per il confronto, posto nei toni che ha assunto, che vi vede protagonisti. TIP è uno spazio “protetto” e rassicurante per le persone che vogliono servirsene, dove l’incontro delle parole crea un valore per la comunità dei Sardi, anche per chi non avrebbe gli strumenti per servirsene al meglio e che, alla luce del vostre posizioni esacerbate, potrebbe essere distolto da usare questo spazio come canale attraverso cui veicolare informazioni o come luogo per dare voce al suo pensiero. Facciamo in modo che TIP rimanga uno spazio in cui tutte le posizioni abbiano diritto di cittadinanza e in cui la comunicazione continui ad essere “da uguale ad uguale”.
Mi spiace quando vedo che dei sardi se le danno per cose cosi semplici,mi sembra di vedere sempre la solita gelosia dei sardi,con queste piccole diatibre di un merito che non e di nessuno ma la sarditudine dovrebbe servire a unire i sardi e non a dividere .