LA PROTESTA DEI MINATORI A NURAXI FIGUS: LA STORIA DI SILVIA, UNA DI LORO

donna in miniera


di Emma Cara

Stare a quasi 400 metri di profondità per cercare di avere certezze sul proprio posto di lavoro non deve essere un’impresa facile. Non lo è per un uomo e sicuramente è ancora più difficile per una donna che non riesce a smettere di pensare che quel tempo potrebbe trascorrerlo con sua figlia, che a sua volta a soli 7 anni non può capire perché sua mamma sia lì anziché starle accanto. È la storia di Silvia 48 anni, single e con una figlia di 7 anni che insieme con gli altri minatori sta occupando la miniera di Nuraxi Figus. Dei suoi 48 anni 26 li ha passati in miniera nella Carbosulcis e questa per lei è la terza occupazione: «Si sa quando un’occupazione inizia ma non si sa mai quando finisce e comunque non si può tornare indietro senza raggiungere l’obiettivo prefissato- dice- è difficile ora come lo è stato in passato, ma non si può mollare». Nel suo passato da sindacalista,  ha preso parte alle occupazioni del 1993 e soprattutto quella tra il 1995 e il 1996. «Durò tre mesi-  ricorda – e portò  al passaggio della Carbosulcis all’Ente Minerario Sardo. È particolarmente complicato gestire le situazioni di tensione soprattutto quando si è  in molti perchè se tutti hanno in testa un unico obiettivo da raggiungere spesso si hanno opinioni diverse sulle strategie da adottare». La “minatrice” di Carbonia con una lunga esperienza di lotta, abituata a uscire dal lavoro con la faccia nera per le polveri del carbone, non nasconde i problemi che nascono quando la vertenza si inasprisce. «Le persone sono sempre più esasperate –  spiega – ed è difficile gestire la protesta. Tempo fa quando eravamo mille minatori era anche più complicato. Quando si è sotto, durante le occupazioni è molto dura e ci si augura che chi può decidere  intervenga al più presto». La tensione per il Sulcis,  la sua terra in difficoltà, dove “il lavoro è un miraggio”, si allenta nella voce di Silvia quando parla della figlia che ogni giorno accompagna a scuola prima di andare al lavoro. «Mi rimprovera perché non sono mai a casa, perché non sono come le altre mamme – sospira – ma io ho provato la cassa integrazione per tre anni. So cosa vuol dire svegliarsi la mattina e non avere niente da fare. Ti toglie la dignità e penso che per un uomo sia ancora peggio».

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Un commento

  1. Adelasia Divona

    “penso che per un uomo possa essere anche peggio”, detto da una mamma single che fa un lavoro tradizionalente maschile e che ha provato la cassaintegrazione, che vive di senesi di colpa per il poco tempo che trascorre cn la figlia, non posso proprio accettarlo!

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