di Mauro Pili
Illustrissimo Presidente,
oso pensare che a pochi mesi dalla Sua visita nella terra di Lussu e Garibaldi, autonomista il primo e repubblicano il secondo, non abbia il Capo dello Stato rimosso le drammatiche parole di speranza e disperazione che Le hanno rivolto in accorati appelli i lavoratori della Sardegna tutta.
A Lei, supremo tutore della coesione nazionale e della Costituzione, quelle voci provenienti dal profondo delle miniere di carbone o dalle vette delle ciminiere di Alcoa, Eurallumina, Vilnys e Ottana, affidarono il grido di protesta di una terra martoriata dai ricatti dell’Enel, dell’Eni, della Tirrenia, dell’Alitalia.
Una terra dimenticata e abbandonata a se stessa dai governi di uno Stato Italiano che reputano la Sardegna piccola e lontana, spopolata e scarsamente rappresentata. Ora che i lavoratori della Sardegna tutta trascorrono le giornate a presidiare la mente con l’obiettivo da colpire pur di far sentire la loro voce oltre Tirreno, a Lei un umile parlamentare sardo si rivolge per invocare il Suo irrinunciabile e improcrastinabile intervento prima che sia troppo tardi. Nei prossimi giorni, nelle prossime ore, la sfida a conquistare le prime pagine dei giornali regionali e nazionali sarà per questi lavoratori senza futuro l’unico obiettivo pur di consentire alla loro voce di varcare le austere e sorde stanze di Palazzo Chigi. Presidente, non vorrei nemmeno per un attimo dover rievocare i sentimenti di un minatore del profondo Sulcis che con le lacrime agli occhi pronunciò con parole semplici un sentimento che oggi sento condiviso da molti: non fateci perdere la ragione, e la ragione di vivere. Lei, Illustrissimo Presidente, che ha vissuto la storia difficile delle lotte operaie, meglio di altri può comprendere cosa significhi “la ragione di vivere” e ancor più “perdere la ragione”. Eserciti, Presidente, ora e senza mediazioni, l’autorevolezza che tutti Le riconoscono per indurre il governo nazionale a rispettare quell’impegno che Lei stesso mesi fa aveva fatto proprio di adottare un decreto legge, urgente e contingibile, per affrontare la vertenza Sardegna. Ora, Presidente. Prima che la situazione diventi esplosiva e incontrollabile. Induca, con la persuasione o con atti, il governo nazionale a pretendere dall’Enel, seppur quotata in borsa, un contratto bilaterale per le industrie energivore del Sulcis, così come la stessa Enel concede attraverso la controllata Endesa all’omologa industria nella vicina Spagna. Imponga l’autorevolezza del Capo dello Stato per rispettare il decreto legge del 1994 con il quale il suo predecessore appose la firma affinchè le uniche e produttive miniere di carbone del nostro Paese avessero una prospettiva legata alla produzione elettrica funzionale alle industrie del Sulcis. Esorti il governo a destinare le risorse che la Cassa conguagli si accinge a riscuotere da Alcoa, oltre 300 milioni di euro, alla vertenza Sulcis e al riequilibrio del costo energetico che rende oggi impossibile qualsiasi tipo di produzione. A Lei, Presidente, tutore dell’interesse nazionale e del diritto del popolo sardo di essere riconosciuto parte integrante, non marginale ed esclusa di questo Stato, chiedo di non ignorare quelle voci che, forse, a Lei giungono flebili e stanche ma che ora dopo ora, invece, possono trasformarsi in forti e decise, pronte a tutto pur di non perdere la ragione di vivere. Con stima e attesa.
ho scoperto solo oggi il vostro blog attraverso il sito di alessandro sorgia e sono rimasto piacevolmente sorpreso cercherò di seguirvi per cercare di far valere i diritti di noi sardi che ritengo abbiamo una dignità ormai quasi in via di estinzione paolo