IL "GIORNALE" L'UNIONE SARDA E LA VILLA CON PISCINA DEI ROM A CAGLIARI: UNA STORIA TRA LE TANTE IN SARDEGNA DI INFORMAZIONE ZOPPICANTE E SURREALE

Rom


di Claudia Sarritzu

Questa che vi sto per raccontare è una storia incendiaria, una bomba lanciata con la catapulta verso il muro della disinformazione. Succede in Sardegna, 1 milione e mezzo di abitanti e due soli quotidiani, uno letto nel nord dell’isola, La Nuova Sardegna, l’altro a sud, L’Unione Sarda. Di giornali in questi cento anni nella nostra terra ne sono nati e ne sono morti tanti, troppi, tutti hanno perso la battaglia con il colosso editoriale di Zuncheddu, proprietario anche di Videolina, la televisione privata locale più vista e di Radiolina, unica radio locale ad avere la maggior quantità di pubblicità dell’isola. Un colosso editoriale invincibile, per tutti coloro vogliono costruire una voce alternativa all’informazione nostrana.  Premesse indispensabili per capire questa storia che è fatta di giornalismo partorito al computer, senza andare a vedere con i propri occhi la verità, di poca umiltà, di scuse mancate quando l’errore è saltato fuori. Come in tutti i racconti che si rispettano abbiamo un protagonista, in questo caso è il popolo Rom, una gruppo di famiglie che fra maggio e giugno sono state sgomberate da un campo ormai considerato invivibile per l’assenza di igiene. Ed ecco che entra in scena Zedda, il primo sindaco giovane e di sinistra di Cagliari, colui che ha fatto esplodere un polverone che da anni era stato messo sotto il tappeto dall’ipocrisia e di una classe politica che non aveva voglia di risolvere la questione dei nomadi. La decisione sconvolgente di trovare una sistemazione diversa per queste famiglie scuote la città al punto che tutti si improvvisano editorialisti e dicono la propria su facebook e sui blog. Zedda agita e spaventa la destra, applicando nei fatti la parola “integrazione” anche se non tutti in città sembrano culturalmente pronti a una posizione di questo tipo, forse neppure il centrosinistra. Vuole trovare alloggi nell’hinterland per “gli zingari” e molti si chiedono perché “scaricare” il “problema Rom” sui comuni limitrofi. La Giunta risponde dopo una lunga trattativa con gli stessi nomadi che non vogliono le case ma un campo. È giugno e i titoli dei giornali tuonano una frase del loro portavoce, usata e strumentalizzata che recita così ” Date le case ai vostri poveri”. La motivazione è logica, le case in città costano troppo e il comune non può pagare affitti esorbitanti. Si arriva a luglio con la rivolta di San Sperate, un comune vicino a Cagliari che si indigna quando scopre l’imminente arrivo dei Rom, il sindaco poi cercherà durante una seduta del Consiglio comunale di chiarire che la sua comunità “non è razzista”. Poi ci sono gli altri, quelli che fanno i tolleranti con la pazienza altrui, i radical chic che non ne hanno mai incontrati di Rom se non ai semafori. Quelli che danno dei razzisti a tutti solo per darsi un tono. La città si spacca, tutti ne parlano, c’è crisi, e fa caldo, le famiglie hanno meno soldi per andare in vacanza e i figli laureati disoccupati nelle loro camerette che non possono neppure sognarselo un alloggio. È qui che il giornalismo dovrebbe essere fatto con la testa, proprio in questi momenti storici dove tutti siamo più arrabbiati, egoisti e portati al sospetto, allo scontro, alla cacciata dell’altro che ci può privare di un diritto. Non ci si può permettere di diventare distratti, di cavalcare con i titoli le emozioni. È un attimo che una società impoverita di tutto, specialmente del futuro, generi mostri.  Ma un titolo azzeccato, anche se falso e fuorviante, si sa che nel nostro mestiere ti vale una promozione, un’ incremento consistente di vendite.  Così L’Unione Sarda titola l’11 agosto scorso “Ai rom case con piscina e idromassaggio. Per un anno affitto pagato dal Comune”. Se fosse vero, la cosa sarebbe discutibile, il fatto è che la questione è falsa perché alcune ore dopo il quotidiano online “Cagliari Pad” invia i miei due colleghi Alessandra Ghiani e Simone Spiga muniti di telecamera e macchina fotografica a documentare se davvero di ville di lusso si tratta. La scena che si presenta davanti agli occhi dei miei colleghi è completamente diversa.  Secondo voi si può fare un errore così grossolano e pericoloso che può fomentare l’odio razziale? Secondo voi è normale che poche ore dopo il lodevole lavoro di Ghiani e Spiga, che sotto il sole delle 15 del pomeriggio hanno filmato “la verità”, invece che inviare delle scuse per l’errore imbarazzante venga pubblicato un nuovo pezzo che evidenzia la svista.  L’obiettività poche volte può essere raggiunta in questo mestiere, ma in questo caso si trattava di cronaca che poteva essere realizzata con il semplice resoconto di quello che si vede a occhi nudi, che motivo c’era allora di confondere una baracca abbandonata con una super villa? Domande banali di una ventiseienne qualunque che tenta di abbandonare l’infinita gavetta per diventare un giorno una giornalista professionista.  Il fatto è che non ho mai pensato di fare questo mestiere per arricchirmi, come non sono così ingenua da credere che tutto quello che leggo nei giornali sia vero, ma ho un’idea di giornalismo, di informazione molto salda e solida che è quella di un mestiere che si sforzi di aiutare le persone a conoscere il mondo che li circonda, un po’ di più, ogni qualvolta leggono un pezzo. Credo che la responsabilità che ha un giornalista sia quella di migliorare la qualità della democrazia in un paese, questo dovrebbe bastare a convincere che internet non vale l’andare con le nostre gambe a vedere la verità, quella che non ci possono raccontare le agenzie di stampa ma che abbiamo il dovere di verificare.  La storia finisce con una denuncia da parte dell’Associazione nazionale Rom all’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar-Roma), al ministero dell’Integrazione e cooperazione internazionale, al prefetto, al sindaco ed alla Procura della Repubblica. La motivazione è una “campagna di odio razziale anti-rom a Cagliari” che sarebbe nata dopo l’assegnazione di alcune case ai nomadi sfrattati dal loro vecchio campo, nei pressi della Statale 554, perché eccessivamente lussuose. I soldi del comune per dover di cronaca Zedda non li ha presi dalle casse di Cagliari ma sono fondi con destinazione già assegnata dell’Unione europea per questi casi. Un capolavoro, di dignità e rispetto, integrazione e tenuta dei conti pubblici che sarebbe stato opportuno raccontare. I siti internet tutti alleati in questa vicenda fanno boom di condivisioni, e Cagliari Pad vince la sua prima piccola grande sfida contro il magnate indiscusso dell’informazione sarda. Restano gli anziani, quelli che non usano internet e sfogliano l’unico giornale locale trovano in edicola. A loro chi spiegherà che non si trattava di piscine e idromassaggi?

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4 commenti

  1. Licia Pinna (Alessandria)

    VERGOGNOSO…ODIO RAZZIALE (GUERRA FRA POVERI) SOLO PERCHE’ PRIMA DI SCRIVERE NON SI INFORMANO

  2. a cagliari ci sono ancora gli alluvionati senza casa

  3. Antonio Carta (Pavia)

    Questi non sono giornalisti sono solo dei pennivendoli e sorge il dubbio che quell’articolo sia stato scritto di proposito per fomentare l’odio razziale ed attaccare la sinistra sarda come al solito strumentalizzando le scelte giuste del sindaco a favore dell’integrazione utilizzando i fondi affidati dall’unione europea per questi casi

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