Festa. L’altra sera. Di fine stagione. Dei ragazzini. Quelli del minirugby. Vederli lì. Tutti insieme. Che facce! Simpatiche. Curiose. Allineate. Sedute ai tavoli. Belle facce. Che ridono. Che parlano. Senza mai fermarsi. Che ascoltano. Il discorso del presidente. In silenzio ma non troppo. Facce. Giovani. Che si tuffano nel piatto. Spazzolando tutto in due minuti. Che solo dopo aver finito. Risollevano lo sguardo. Con i baffi di sugo. E il sorriso birichino. Di chi ancora ha un po’ di spazio nella pancia da colmare. Che spariscono tra il primo e il secondo. Zittendo. Svuotando la club house. Del loro suono. Andando a giocare. A rincorrersi nel buio. Piccoli. Tanto piccoli che sembrano ancora troppo tappi per essere già rugbisti. Che è il primo anno che ci provano. Ma che a vederli giocare. Son più tenaci della prima squadra. E quelli grandicelli. Che di battaglie in campo. Ne hanno già vissute. Che hanno già assaporato in tante partite. Il gusto della vittoria. E quella meno dolce della sconfitta. Che poi passa subito. Facce. Mischiate. Di rugbisti. Di una stessa squadra. Di cuccioli e adulti. Che brindano. Tra un bicchiere di coca cola. E uno di birra fresca. Dietro il bancone. Tra genitori che ancora stanno cucinando. E gli allenatori. Ragazzi anch’essi. Che stanno imparando. Che danno una mano. All’allenatore capo. Che ridono. Sudati del calore delle pentole e dell’arrosto. Che osservano soddisfatti. Chi ricorda che anche lui da ragazzino giocava. Che anche se gli anni passano. L’allenatore è sempre lo stesso. Quello che oggi tira su quelli di domani e ieri quelli di oggi. Che ancora la tv non ce l’avevano tutti in paese e lui già allenava. Con la stessa identica pazienza. Forse anche di più. Perché a quei tempi. C’erano meno distrazioni. E i ragazzini venivano al campo più facilmente. Li chiama per nome. Lui. L’allenatore capo. Ad uno ad uno. Il premio. Che non è una semplice medaglia. Ma qualcosa di più. Tant’è che appesa al collo. Sta proprio vicino vicino al cuore. Un momento particolare. Di quelli che ricorderanno. E non solo i giovani. Perché quando osservi l’espressione seria nel volto adolescente di quei rugbisti. Ti sorprendi emozionato. Poi l’applauso. A ciascuno. La foto tutti insieme. Gli abbracci. Non ci si vedrà per un po’. Ma per poco. Che sembra già tanto. Una manciata di giorni. Senza quelle facce birbanti. Che l’allenatore però già vi aspetta. Profumo di vacanze. Di mare. Di rumore di onde. Di sabbia assolata. Di genti arrubia. Di giovani fenicotteri in volo. Che crescono.
GENTI ARRUBIA: IN SARDEGNA, GIOVANI FENICOTTERI CON LA PALLA OVALE IN MANO CHE CRESCONO
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