di Giuseppe Meloni – Unione Sarda
Non ci basta più. L’autonomia regionale è una camicia stretta, nove sardi su dieci vorrebbero un governo locale con più poteri. Alcuni di loro si accontentano di una piena sovranità fiscale, altri (addirittura il 40%) si spingono a sognare l’indipendenza. Ma sembra ormai un patrimonio comune la richiesta di un vero autogoverno dell’Isola. Lo dice una ricerca dell’Università di Cagliari, presentata nei giorni scorsi a Edimburgo. Un sondaggio che racconta cose interessanti su noi che viviamo in quest’Isola mediterranea: emerge, per esempio, che tendiamo a sentirci più sardi che italiani. La terra è il richiamo più forte tra gli elementi della nostra identità: più del lavoro o delle idee politiche. I risultati definitivi saranno resi noti a fine maggio, ma sono pronti i primi conteggi di una ricerca statistica che ha assunto proporzioni mastodontiche: circa 6mila risposte a un questionario con oltre 40 domande sull’identità, l’autonomia, le istituzioni regionali. L’ennesima conferma dell’attenzione di cui godono oggi questi temi: anche se l’idea del lavoro è nata, nella cattedra di Diritto costituzionale della facoltà di Giurisprudenza, già nel 2008, prima dei nuovi fermenti indipendentisti. Non si tratta, in realtà, di un’indagine sul consenso dell’indipendentismo. Si volevano interrogare i cittadini sulla loro percezione della “specialità” politica della Regione, per avviare una riflessione sulla riforma dello Statuto sardo. «Questioni rilevantissime e di cui si parla da tempo», ha sottolineato nel seminario di Edimburgo Gianmario Demuro, docente di Diritto costituzionale e coordinatore della ricerca: «Però finora nessuno era andato a vedere che cosa ne pensassero i sardi». Così, con la cattedra di Statistica della facoltà di Economia, è stato formulato il questionario. «Lo abbiamo diffuso via web – prosegue Demuro – ma si è creato un passaparola che non ci aspettavamo. Sono arrivate migliaia di risposte». Quelle complete sono circa 4mila, precisa la ricercatrice Elisabetta Piludu, che con lo stesso Demuro e con Ilenia Ruggiu, docente associato di Diritto costituzionale, ha illustrato il lavoro ai colleghi scozzesi. Una mole di dati sorprendente, specie se si considera la complessità del test. Chi ha risposto ha dovuto decidere, scegliendo tra quattordici alternative, gli elementi più rilevanti che definiscono la sua identità. Il fatto di essere sardi è nettamente al primo posto, col 27% delle risposte (avvertenza: proprio perché i dati non sono definitivi, le percentuali finali potrebbero discostarsi lievemente). L’identità di genere (uomo/donna) si ferma al 23%, seguita (ma da lontano: 10%) dall’essere padre, madre o figlio. La condizione lavorativa non raggiunge l’8. Al quinto posto (attorno al 7) compare l’essere italiani. La collocazione politica di destra o di sinistra si colloca ancora più giù, attorno al 4; la religione al 3. L’identità territoriale che descrive meglio gli intervistati è quella sarda, per il 28% dei casi, seguita (al 22) dalla propria città o dal paese. Solo terza, al 18%, l’identità italiana, tallonata (17) da quella europea. Quasi un terzo (31%) dice di sentirsi sardo e italiano in egual misura, mentre ben il 38% si considera più sardo che italiano, e il 27% solo sardo. Sommando queste ultime due posizioni, si rileva che per i due terzi la sardità è un sentimento che prevale sull’ italianità . Non è che l’autonomia regionale esca granché bene, dalle risposte più politiche: il 94% pensa che l’Isola gestisca con difficoltà la sua specialità, e pochi si sentono «più sardi» quando gli si parla del Consiglio regionale. Eppure ai poteri locali non si rinuncia. Alla domanda «il Consiglio regionale deve avere più poteri?», l’80% è «d’accordo» o «molto d’accordo». Quanto all’assetto istituzionale, quasi la metà degli intervistati pensa alla Sardegna come una regione d’Italia, ma con una sua assemblea legislativa e una marcata sovranità fiscale. Circa il 30% opta per uno Stato indipendente ma nell’Ue, mentre il 10% spera di staccarsi contemporaneamente da Roma e da Bruxelles: la somma dà un 40% di ipotetico favore indipendentista. Invece il dato di chi pensa che la Sardegna debba avere una sua assemblea ma non poteri fiscali – di fatto la foto dell’attuale sistema – si aggira sul 10%. La richiesta di cambiamento non potrebbe essere più chiara di così.
L’esempio della Scozia e del rapporto con Londra
In Scozia è da una vita che si discute di poteri locali e indipendenza: e ora la possibilità che Edimburgo si separi da Londra si fa concreta, dopo che lo Scottish National Party ha conquistato la maggioranza nel Parlamento scozzese. Su questo si svolgerà presto un referendum. Quindi non sorprende che, su questi temi, l’Università di Edimburgo conduca da tempo studi e sondaggi approfonditi. «Ma il concetto di indipendenza, oggi, non è più quello di un tempo, anche per il rapporto con l’Ue», dice Eve Hepburn, responsabile dell’Academy of Government (una sorta di dipartimento di scienze politico-giuridiche) dell’ateneo della capitale: «Secondo alcuni sondaggi, il 35% degli scozzesi potrebbe essere favorevole a una vera separazione, ma è superiore al 50% il dato di quelli che chiedono più marcati poteri di autogoverno». Dati in fondo non dissimili da quelli che stanno venendo fuori dalla ricerca cagliaritana, ispirata a quelle scozzesi. Eve Hepburn conosce bene la realtà sarda, dopo alcuni periodi di studio e di lavoro nell’Isola: «Da voi – riflette – si sta affermando una sorta di identità cosmopolita, anche per via della collocazione nel centro del Mediterraneo».
Sono passati molti anni da quando sono emigrato a Milano appena laureato in ingegneria Mineraria (1967) ma la situazione in Sardegna non è migliorata, anzi. Si parla di volere una maggiore autonomia regionale ma si dimentica cosa NON ha fatto la Regione per la Sardegna. Non ha saputo utilizzare i fondi europei (perchè non è in grado di fare progetti per avere i finanziamenti), Cagliari è invasa da uffici della Regione e ha un numero enorme di funzionari e impiegati, gli emolumenti dei “parlamentari” sono molto alti rispetto ai salari dei Sardi, ecc. Non capisco come si possa pensare che con una maggiore autonomia si possa migliorare la situazione della Sardegna. Vorrei inoltre sapere quanto è la raccolta fiscale in Sardegna rispetto a quanto si spende in servizi: se la prima cifra è inferiore alla seconda, come potrebbe vivere meglio?