di Pia Deidda
Quando Mina Puddu, presidente dell’ associazione “Sardinia”, mi ha chiesto di portare il mio romanzo “E cantavamo alla luna” a Grenoble, ho accolto l’invito con molto entusiasmo. Il mio romanzo aveva già avuto lettori al di là dei confini dell’Italia ma era la prima volta che potevo parlarne direttamente di persona e non dalle pagine di un web come ho fatto fino ad ora. L’evento, inoltre, è stato l’occasione per portare a conoscenza di un un pubblico più ampio il sito archeologico del Bosco Seleni di Lanusei che ha ispirato la mia storia; a questo scopo è stata allestita una parte della mostra tematica già esposta qualche mese fa a Torino.
Accettare l’invito è andato oltre la presentazione del libro, è diventato l’opportunità per incontrare tanti sardi immigrati e, sopratutto, per poter vedere e capire come si vive oggi stando lontani dalla Sardegna. Ma si sente ancora forte questo legame con la Sardegna? Preparandomi per l’evento mi sono chiesta se oggi, nell’Europa unita, ha ancora significato e ragione d’essere sentirsi immigrati. Questa domanda potrebbe essere retorica: non sono io stessa lontana dalla Sardegna? Torino e Grenoble non distano quasi gli stessi chilometri dall’isola? E ritorno sempre lì, ad interrogarmi sul mio ruolo d’immigrata e sul senso di queste forti radici che mi uniscono sempre più alla mia terra d’origine.
I due giorni si sono rivelati sorprendenti, ricchi d’incontri e di spunti di riflessione. Ad accogliermi nel pomeriggio di sabato 17 marzo presso l’associazione “Sardinia” ho trovato tanti italiani (sardi e non) e tanti francesi alle prese con la preparazione della cena sarda che ci avrebbe allietato dopo la presentazione del libro. Dire “italiani (sardi e non) e francesi” fa già capire la varietà dei soci di questo circolo che si distingue a Grenoble per le iniziative culturali e ricreative che intraprende.
Sia nella presentazione fatta per parlare del mio libro sia nella esposizione della mostra sono stata coadiuvata da Francesco Manca giornalista lanuseino e socio della cooperativa La Nuova Luna che gestisce il sito archeologico del Bosco Seleni. All’incontro ha partecipato un pubblico eterogeneo, entusiasta di sentire parlare della nostra lontana cultura nuragica e della possibilità di narrarla al di là della scientificità archeologica; erano presenti anche il presidente nazionale dell’AITEF Abate e il presidente sardo dell’AITEF Casu. L’arrivo e il saluto del sindaco di Grenoble Michel Destot e della sua signora hanno chiuso l’evento. Tale presenza sancisce un connubio ormai consolidato fra la Città e l’associazione dei sardi. Il pomeriggio e la serata, conclusasi con la cena, sono stati allietati dai canti e dai balli del gruppo folkloristico di Escalaplano, alla presenza del suonatore di launeddas Jonathan Della Marianna, e dalla voce della cantante sarda Vittoria Pisu accompagnata alla chitarra dal maestro Bruno Noli. Nei locali che ospitavano l’evento era presente anche un banchetto di prodotti sardi di Osvaldo Premuselli di Tempio Pausania.
Il giorno dopo in occasione della festività di san Giuseppe ci si è ritrovati tutti, soci e ospiti, a partecipare alla Santa Messa, presieduta da Padre Gianni e animata da alcuni canti di Vittoria Pisu, nella chiesa della Missione Cattolica Italiana. La giornata è continuata con il consueto pranzo che la comunità italiana prepara in occasione di tale festività. Al pranzo, al quale ha partecipato la signora Destot, c’era una numerosa e ricca presenza di anziani immigrati provenienti da tutta Italia.
Nel pomeriggio si sono esibiti sul palco il gruppo di Escalaplano, Jonathan Della Marianna, Vittoria Pisu e Bruno Noli. La giornata si è così rivelata come un arricchente momento di convivialità aperto anche a tante realtà d’immigrazione italiana.
Che dire dunque? Sorpresa di trovare una comunità così unita, viva e aperta, inserita pienamente nella vita cittadina da qualche generazione e desiderosa di perpetuare un legame con la regione d’origine, mi ha commossa; al contempo mi ha fatto capire che essere sardi, inseriti nella società locale, soddisfatti di aver lavorato per il bene della comunità ospitante, sentendosi allo stesso tempo cittadini europei, ancora meglio cittadini del mondo, non cancella il desiderio di appartenenza alla propria terra. Come disse un noto antropologo sardo: il legame con il passato è positivo quando costituisce l’ossatura del futuro.
Sono felice d’aver potuto leggere l’articolo del quale condivido pienamente i concetti. Mi dispiace di non esserci stato. Complimenti alla Dott.ssa Deidda.
Grazie Massimiliano Perlato e Buona Pasqua a Te e Tottus in Pari!