Domenica 15 gennaio: un sms di allerta da parte del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, qualche telefonata veloce, poche ore per preparare le attrezzature necessarie, poco tempo per organizzare i pensieri. L’isola del Giglio chiama e con essa tutto ciò che rimane della nave Concordia, splendido gioiello di Costa Crociere, luccicante e sfarzosa fino alla triste sera del 13 gennaio ed ora cumolo di macerie e dolore, tra gli scogli e il mare. Una squadra di otto sardi speleo subacquei altamente specializzati è pronta per partire: tre ragazzi dell’oristanese Pier Paolo Porcu di Cabras, Carmelo Logias di Suni, Ivan Lelli di Flussio e cinque del cagliaritano, Diego Vacca, Dolores Porcu Fois, Carlo Taccori, Claudio Cerusico e Filippo Aresu. Fanno tutti parte della Commissione Speleosubacquea del Corpo, specializzata negli interventi subacquei lungo cavità, artificiali e naturali, spesso di difficile accesso e preparata, grazie alle esercitazioni nazionali svolte periodicamente, a muoversi in ambienti estremi, a nuotare nell’oscurità dei laghi sotterranei e ad emergere con destrezza da cunicoli spaventosi. La traversata fino a Civitavecchia, poi il viaggio verso Porto Santo Stefano e infine l’Isola del Giglio, piccola, raccolta, sommersa di fronte alla tragedia che in poco tempo l’ha catapultata nelle pagine dei giornali e nelle televisioni di tutto il mondo. Davanti agli occhi dei ragazzi sardi, una nave agonizzante, ferita, stancamente poggiata su un fianco e, lì vicino, centinaia di persone, tra militari, forze dell’ordine, volontari del soccorso, giornalisti e, tutt’attorno, motovedette, gommoni, elicotteri. Martedì 17 gennaio tocca a loro: la prima immersione all’interno della nave avviene di pomeriggio, dopo l’intervento degli incursori della Marina Militare che, con cariche esplosive, aprono dei varchi di accesso per permettere ai subacquei di scivolare giù, nel ventre della nave, tra cabine e ponti sommersi, lampadari luccicanti e tavoli un tempo imbanditi a festa. Tutto attorno, il buio che avvolge ogni cosa e la ricopre di dolore. Nonostante le torce e l’utilizzo di autorespiratori a circuito chiuso che consentono di avere maggiore autonomia e non producono bolle, gli interventi degli speleo sub sono stati sospesi più volte, terminando la mattina del 20 gennaio su disposizione del presidente del Corpo, in accordo con il Dipartimento della Protezione Civile. “Operiamo generalmente in luoghi scarsamente illuminati, nelle grotte e all’interno di cavità completamente allagate, i cosiddetti sifoni. – afferma Pier Paolo Porcu, uno dei tecnici sardi impegnati nel soccorso – La nostra preparazione ci permette di immergerci a profondità elevate ma la visibilità ridotta e il continuo movimento della nave, purtroppo, non ci hanno permesso di continuare con le ricerche”. All’Isola del Giglio altre squadre continuano a cercare ancora i corpi dei dispersi che la Concordia sembra abbia voluto trattenere per sempre con sé. Gli otto sardi della Commissione hanno fatto già ritorno a casa e certamente quelle immagini di dolore e angoscia, quelle corse contro il tempo nell’oscurità del mare alla ricerca della vita o di ciò che è rimasta di essa, la solidarietà sincera degli abitanti dell’Isola del Giglio, rimarranno per sempre nella mente e nel cuore di ognuno di loro.