di Alberto Pinna
Prima donna o primadonna? Per qualche tempo Serafina Mascia, prima presidente “rosa” nella storia della FASI, è stata “cacciatrice di teste”: doveva scoprire giovani talenti per conto di aziende alla ricerca di personale con motivazioni, da avviare “in carriera”. E lei, donna dall’aria tranquilla e mite, ha dovuto attingere alle risorse del vissuto in famiglia, non facile e talvolta duro. Il padre con 10 anni di guerra d’Africa e di prigionia; il ritorno in Sardegna, la ricerca affannosa di un lavoro e poi “quel” lavoro: minatore fra Carbonia e Arbus. Forse proprio in quei difficili anni dell’infanzia e della giovinezza Serafina Mascia ha trovato carattere, piglio e personalità. “Primadonna? Lo è, ma non lo fa vedere”. E’ arrivata al vertice della FASI con un tranquillo percorso e il massimo consenso: acclamazione. Nelle ore piccole della notte che ha preceduto la giornata conclusiva del Congresso, esitava a parlare di sé: Mio padre ha fortemente voluto per i suoi due figli una vita diversa dalla sua, ha affrontato enormi sacrifici per farci studiare. Io ho frequentato il liceo classico a Carbonia e mi sono iscritta alla facoltà di scienze politiche a Cagliari.
Dopo la laurea, a metà degli anni 70 la “caccia” al lavoro: selezioni, borse di studio, corsi. Un primo impatto con Padova, scuola di specializzazione (organizzazione aziendale), il richiamo della Sardegna: ma a Cagliari non c’erano possibilità. Uno spiraglio in Veneto: Ho cominciato il mio percorso lavorativo a Verona, alle Officine Grafiche Mondadori, ufficio formazione della direzione del personale.
La Mondadori era allora una delle più grandi industrie tipografiche d’Europa, braccio esecutivo della casa editrice negli anni d’oro della gestione di Mario Formenton. Verona, Bologna fra il 1977 e il 1979, il matrimonio – Serafina Mascia, 59 anni, tre figli, sociologa – il ritorno in Veneto fra Padova (città del marito) e Vicenza, la scuola di specializzazione, il lavoro nel settore della formazione professionale e della selezione del personale. Allora non si chiamavano “cacciatori di teste”, ma era comunque un lavoro molto interessante: possibilità di conoscere una grande varietà di persone. C’erano tante aziende in espansione, offerta di opportunità, molta voglia di fare, grande entusiasmo fra i ragazzi.
Emigrata nel Veneto del boom economico, anni 80 e 90, dei contadini che diventano artigiani e degli artigiani che diventano imprenditori, delle mille e mille fabbriche, dei primi affari con i paesi dell’Est. Emigrata non certo inconsapevole del suo stato, ma non ancora pienamente partecipe dei problemi del mondo della diaspora dalla Sardegna. Il mio impatto con il mondo dell’emigrazione organizzata? E’ stato – ricorda – nel 1991. Sono stati quelli del circolo a individuarmi; cercano fra i registri dell’anagrafe i cognomi sardi, mi hanno “scoperto” e mi hanno invitato alla presentazione di un libro: una storia, guarda caso, ambientata a Carbonia.
Il romanzo ha per titolo “A Biella, se Dio vuole”, l’autrice è un’emigrata sarda a Padova, autodidatta, Amelia Arzedi. E’ la vicenda di un pastore che per disperazione deve fare il minatore. Così si apre il percorso di Serafina Mascia nei circoli: E da allora mi sono ritrovata dentro quasi senza rendermene conto, ho cominciato a girare nel circuito: riunioni, conferenze, manifestazioni, contatti umani. E’ stato unpò come ritrovare qualcosa di me che era andato perduto.
Il circolo è l’Eleonora d’Arborea di Padova: un poco di “gavetta” nell’organizzazione, subito nel consiglio, vicepresidente per 9 anni fino al 2000, presidente per altri 9 anni. Contemporaneamente l’ingresso nella FASI, della quale è stata vicepresidente vicario negli ultimi 5 anni. Gradino dopo gradino, senza strappi e senza dimenticare l’approccio ai problemi, da sociologa: conoscere, capire, trovare spiegazioni. Buona parte del suo lavoro nei circoli e, finora nella FASI ha avuto un obiettivo: far emergere le donne (ha partecipato già nel 1997 al movimento Donne Sarde in Europa, ha lavorato con un’equipe tutta femminile sulle figure di Eleonora d’Arborea e Grazia Deledda). Valorizzare ancora il ruolo femminile insieme a quello dei giovani – ha rimarcato con convinzione appena eletta presidente – è la svolta che tutti vogliamo dare alla FASI.
E’ il programma della prima donna.
Complimentissimi!!!