di Marco Cobianchi
C’è un’altra grande impresa privata che campa alle spalle dei sussidi pubblici. Se ne parla poco: è la Saras. Sono i Moratti. La raffineria sarda della famiglia imprenditoriale (?) è nata, si è sviluppata e continua a prosperare grazie a una quantità di sussidi pubblici e aiuti di Stato inimmaginabile. La storia dei rapporti tra la Saras e le casse pubbliche, che in “Mani bucate” racconto per filo e per segno, è, sinteticamente, questa.
Angelo Moratti sbarca in Sardegna e costruisce il suo impero grazie al cosiddetto Piano di rinascita della Regione, finanziato con la legge numero 588/1962 che fa piovere sulla Sardegna 400 miliardi di lire, una cifra enorme per l’epoca. Alla Saras ne arrivano 40. Oggi l’azienda incassa i sussidi Cip6, erogati a partire dal 1992 a chi produce energia elettrica con fonti rinnovabili e “assimilate”. La Saras brucia gli scarti della raffinazione del petrolio e rivende l’energia elettrica al gestore pubblico a un prezzo superiore a quello di mercato, incassando una quantità di soldi stimabile in più di 130 milioni di euro l’anno: soldi prelevati dalle bollette degli italiani. E fin qui tutto chiaro, tutto (più o meno) noto. Ma c’è una parte meno nota, anzi, del tutto sconosciuta, che riguarda i contratti di programma. In anni recenti la Saras ne ha firmati addirittura tre in Sardegna: si chiamano Saras 1, Saras 2 e Saras 3. Il totale degli investimenti previsti dall’inizio degli anni Novanta fino ai primi anni Duemila è pari a 577 milioni di euro, il 46 per cento dei quali è a carico dello Stato attraverso diversi tipi di strumenti agevolativi. Il primo contratto di programma risale al 26 giugno 1997. Le casse pubbliche si impegnano per un importo superiore rispetto a quello messo a disposizione dai Moratti – 268 miliardi di lire contro 232 – per ammodernare la raffineria di Sarroch e per la “realizzazione di una cittadella tecnologica nella provincia di Cagliari” in cambio della creazione di 274 nuovi posti di lavoro. Il secondo è del 2001. Questa volta si tratta di un contratto di programma di 51,8 milioni di euro per i quali i Moratti devono ringraziare la Piaggio che a quei soldi ha rinunciato rimettendoli a disposizione di altre imprese bisognose di sussidi pubblici. Il terzo (Saras 3) riguarda un progetto nel settore dell’ecommerce al quale l’azienda ha poi rinunciato. Finito di firmare contratti di programma, la famiglia decide di portare in borsa la Saras. E scoppia il putiferio. Quella quotazione è stata oggetto di indagini dalla procura di Milano che sospettava un “rigonfiamento” illecito del valore della società con lo scopo di spillare più soldi ai risparmiatori. L’inchiesta venne archiviata con questa motivazione (che, francamente, lascia a bocca aperta): “La frantumazione delle competenze non consente di identificare un autore del fatto o un nucleo di soggetti che in concorso abbiano perseguito l’effetto di quotare Saras a un prezzo sovrastimato”. Poi non se ne è più parlato.
Disgustevole, è proprio il caso di dirlo POVERA Sardegna!!!