di Roberto Scema
Monta nell’isola la protesta contro il Galsi.
Mobilitazioni in diverse parti dell’isola, manifestazioni, nascita di comitati e coordinamenti, reali e virtuali, per protestare contro il progetto del nuovo gasdotto, appunto il Galsi (acronimo di “Gasdotto Algeria – Sardegna Italia), per l’importazione di gas naturale dall’Algeria all’Italia, che attraverserà l’intera Sardegna e approderà a Piombino (in Toscana).
Semplice “sindrome nimby” (non si vuole nulla vicino a casa propria) o fondate preoccupazioni in merito alla sicurezza (in particolare vicino alle centrali), al sacrificio del suolo, alle conseguenze ambientali, alla scarsa utilità dell’opera?
Vediamo, se possibile, di capirci qualcosa di più, esaminando le informazioni fornite dalle schede di progetto.
La realizzazione del gasdotto è a cura di una omonima società, la cui proprietà è divisa tra la Sonatrach (la compagnia di Stato algerina per la ricerca, lo sfruttamento, il trasporto, la trasformazione e la commercializzazione di idrocarburi e derivati) che partecipa al capitale con il 41,6% delle azioni; Edison, con il 20,8%; Enel, con il 15, 6%; Hera, con il 10,4%; la Regione Sarda (attraverso la Sfirs), con l’11,6%.
Il tracciato del gasdotto è lungo complessivamente 837 chilometri: 285 chilometri nel tratto internazionale Algeria-Sardegna, con una condotta dal diametro di 26 pollici (66 cm) posata in mare a una profondità massima di 2824 metri; 272 chilometri nel tratto a terra sul territorio sardo da Porto Botte a Olbia, con una condotta di 48 pollici di diametro (120 cm); 280 chilometri, infine, nel tratto tirrenico tra Olbia e Piombino, con una condotta di 32 pollici (81 cm) a una profondità marina massima di 878 metri.
I Comuni sardi interessati dal passaggio della condotta, partendo da Sud, saranno San Giovanni Suergiu, Carbonia, Iglesias, Villamassargia, Domusnovas, Musei, Siliqua, Vallermosa, Villasor, Serramanna, Villacidro, San Gavino Monreale, Sardara, Pabillonis, Mogoro, Uras, Marrubiu, Santa Giusta, Palmas Arborea, Oristano, Simaxis, Ollastra Simaxis, Zerfaliu, Villanova Truschedu, Paulilatino, Abbasanta, Norbello, Borore, Macomer, Sindia, Bonorva, Torralba, Mores, Ozieri, Oschiri, Berchidda, Monti, Loiri e Olbia.
Il gasdotto Galsi terminerà in Toscana, nell’ultimo comune interessato, Piombino, dove il tubo si innesterà nella rete nazionale del gas.
Il Galsi garantirà il transito di 8 miliardi di metri cubi annui di gas naturale algerino verso il mercato italiano ed europeo, e oltre che garantire una fonte di approvvigionamento alternativo a quelle dell’est europeo, consentirà la metanizzazione della Sardegna, garantendo, nelle previsioni del progetto, rilevanti vantaggi economici ed ambientali per le famiglie e le aziende.
In mare aperto, il metanodotto sarà posato sul fondo attraverso l’utilizzo di navi posatubi, senza necessità di scavi o trincee. Nei tratti costieri, a partire dalla profondità di 40 m (circa 400 metri dalla riva) il tubo sarà invece interrato con copertura variabile da 1 a 3 metri per evitare interferenze con le attività dell’uomo.
A terra, il metanodotto sarà completamente interrato a una profondità di circa 1,5 metri e richiederà una fascia di rispetto di circa 40 metri (20 metri per parte a cavallo della condotta) che potrà essere utilizzata normalmente per l’agricoltura ma non sarà edificabile. Per la posa a terra, sarà scavata una trincea di 3 metri di profondità e di 2,5 metri di larghezza, che sarà riempita con lo stesso materiale di scavo. Si provvederà quindi al ripristino ambientale della superficie, riportandolo alle condizioni preesistenti.
Lungo il tracciato terrestre del Galsi in Sardegna sono previsti 38 punti di derivazione dai quali sarà possibile allacciare le condutture secondarie per portare il gas in tutte le aree da metanizzare.
Le stazioni di misura e riduzione del gas di Porto Botte e Piombino, misurano fiscalmente la portata del gas e ne regolano la pressione prima dell’ingresso nella rete di trasporto, mentre la centrale di compressione di Olbia, permetterà al gas di arrivare dall’altra parte del Tirreno.
Gli oppositori sostengono che il progetto Galsi sia oramai superato, che le tre centrali espongano i cittadini a rischio di esplosione, che i vincoli imposti ai terreni utilizzati siano molto maggiori delle servitù a non edificare, che l’isola ne avrà un vantaggio molto, molto limitato.
Infatti chi ne avrà un vantaggio subito sarà “il continente”, che avrà il gas algerino subito collegato in rete, mentre nell’isola devono ancora essere realizzate le reti di collegamento, alle quali vanno allacciate le reti comunali, alle quali infine dovranno allacciarsi i cittadini. Quanto tempo dovrà passare prima che tutto ciò si compia?
Pare difficile trovare una mediazione tra il progetto ed i suoi oppositori. Toccherà ora alle istituzioni interessate governare i processi, e fare le scelte giuste sulla base dell’unico parametro che deve essere, in questi casi, utilizzato: i benefici per la collettività. Sono reali come dicono quanti vogliono la realizzazione, o sono illusori, come dicono gli oppositori?