DALLA SABBIA RIEMERGE AMSICORA, IL PIU' ANTICO SCHELETRO UMANO CHE SIA MAI STATO RINVENUTO IN SARDEGNA


di Alessandra Sallemi – Nuova Sardegna

Sotto la pioggia e il vento Rita Melis e Margherita Mussi sono andate a fondo nella ricerca geoarcheologica cominciata a maggio con gli studenti della scuola di specializzazione in archeologia di Cagliari e lasciata in sospeso causa l’eterno problema dei soldi che non si trovano mai. La nuova campagna l’hanno fatta loro, col solo appoggio dell’ispettore della soprintendenza di Cagliari Massimo Casagrande e l’aiuto di qualche volontario della zona nonché dei Forestali perché attorno alla spiaggia nella Costa Verde, dove da 25 anni saltano fuori ossa umane e altri reperti di 8 mila anni fa, si è creato un cordone di solidarietà scientifica. Ed è arrivato il grande premio: Amsicora, scheletro umano intatto dalla vita in giù, adagiato di fianco, vicino al corredo di conchiglie rivenuto in primavera e a qualche metro da «Beniamino», i frammenti di un piede scoperti nel 2007 da una pattuglia condotta dalle due docenti. Rita Melis insegna geoarcheologia a Cagliari, dipartimento di Scienze della terra, Margherita Mussi paletnologia all’università La Sapienza di Roma. E’ dall’alba degli anni Duemila che le due studiose frequentano questa zona richiamate dal gruppo Neapolis, custode di alcuni reperti molto preziosi: le ossa umane coperte di ocra rossa trovate da ragazzini proprio in quella spiaggia nel 1985. Melis ha ottenuto una concessione di scavo dal ministero dei Beni culturali e appena mette assieme qualche finanziamento ci torna con la collega di tanti scavi. Ogni volta, un risultato, stavolta un risultato enorme. Melis si esprime con molta cautela («dobbiamo studiare, bisogna capire»), però non minimizza la portata del ritrovamento: è lo scheletro umano più antico mai ritrovato in Sardegna, ma è la sua posizione che lo rende straordinario per l’Europa intera perché si può affermare che sia ricollegabile a una sepoltura, situazione non frequente per quel periodo nell’archeologia del Vecchio Continente. Gli strati di terra parlano alla geoarcheologa: in quell’epoca che segna il trapasso dal mesolitico (gli uomini cacciavano e raccoglievano il cibo) al neolitico (gli uomini cominciavano a praticare l’agricoltura) la spiaggia era più lontana. Lo scheletro è stato trovato con uno scavo a gradoni dall’alto verso il basso, ma il luogo dov’era sdraiato risulta essere stato «un riparo sotto roccia nelle arenarie». Posizione, strati di rocce, frane, il corredo di conchiglie non in posizione casuale racconteranno molto una volta eseguiti tutti gli esami oggi possibili: paleodna e isotopi possono spiegare cosa mangiavano, com’era l’ambiente attorno, ma anche le ragioni degli spostamenti di popolazioni seminomadi. Amsicora, chiamato così su consiglio di un volontario che voleva un nome sardo per questo antenato destinato alla fama, è un uomo del mesolitico in un’isola del Mediterraneo non facile da raggiungere. Il femore non è troppo corto, segno che la statura non doveva essere modesta.  Melis spiega che i resti non sono stati portati via uno a uno, ma in blocco, con una spuma che si asciuga e trattiene tutto. Il futuro delle ricerche su Amsicora ancora una volta è legato ai finanziamenti. Una datazione costa 600 euro, la ricerca degli isotopi mille euro. I 25 anni trascorsi dalla prima scoperta non sono stati una scelta. La Provincia del Medio Campidano è stata benevola: nel 2007 aveva finanziamento le analisi sulle ossa di «Beniamino», a maggio il soggiorno degli specializzandi.
La spedizione ha potuto contare anche su un mecenate gradito: il proprietario del «Corsaro Nero» ha garantito i pasti, l’alloggio è stato nell’unica casa della zona. Ma gli scavi devono continuare: il ritrovamento di Amsicora non è casuale, bensì frutto dello studio sulle informazioni delle campagne precedenti. I cervi in libertà passeggiano su un vero giacimento geoarcheologico.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Un commento

  1. Rita Pitzalis (Milano)

    che bello leggere questi articoli
    sono sarda da più di trent’anni a milano,
    ma perchè non si chiede un contributo ai sardi e non,
    che sono sicura sarebbero orgogliosi di partecipare
    ad una raccolta fondi per continuare questi scavi, e non solo.
    per esempio chiedendo uno o due euro con un messaggino dal
    cellulare.
    bisogna fare qualcosa perchè conoscere le nostre origini è importante
    x tutti.
    cordiali saluti
    rita pitzalis

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *